«L’acquisto di bond a 3 anni non è aiuto di stato». Oggi Hollande da Monti. Nelle stesse ore in cui il debito federale americano si avvicina a grandi passi a quota record di 16mila miliardi di dollari, il presidente della Bce Mario Draghi sgombra il campo dalle speculazioni dell’ultimo mese. L’acquisto di bond fino a tre anni da parte dell’Eurotower non costituisce finanziamento monetario agli stati dell’eurozona, non ci sarà violazione dei trattati da parte della Bce e, soprattutto, Draghi & Co. restano più che mai contrari alla concessione di una licenza bancaria al fondo permanente salva-stati Esm. In avvio di una settimana decisiva per Eurolandia e impegnativa per la Bce, chiamata giovedì nel direttivo a svelare l’armageddon contro il rischio di contagio della crisi, Mario Draghi anticipa la propria strategia a Bruxelles in un’audizione a porte chiuse all’europarlamento. Forte di una larga maggioranza nel board della Bce e dell’assenso del governo tedesco, il banchiere centrale tira dritto sull’acquisto dei titoli di stato a breve. In attesa di contare i voti nel direttivo di giovedì, quando si esprimeranno i 17 governatori delle banche centrali e i 6 banchieri del board, Draghi spiega che l’intervento della Bce a sostegno dei paesi sotto attacco speculativo volto a ridurre lo spread sarà in ogni caso condizionato. Condizioni che giustificherebbero acquisti sul mercato secondario di bond a breve scadenza che per la Bce non si configurano come creazione di moneta e non possono essere condiserate come aiuto agli stati. Nessuna violazione dei trattati, spiega Draghi ai deputati tedeschi della Cdu, anche se sulle condizioni la partita è ancora aperta. Per Italia e Spagna le condizioni dovrebbero essere quelle a cui questi paesi sono già sottoposti. Diviso invece il fronte dei rigoristi: per la Finlandia dovrebbero essere chieste garanzie reali, per altri i vincoli dovrebbero essere simili a quelli imposti ai greci. «Quanto più forte sarà il fronte del no tedesco – spiega Natale D’Amico, magistrato della Corte dei conti – tanto più stringenti saranno le condizioni di accesso al programma di acquisto titoli della Bce da parte degli stati che ne farebbero richiesta».
A questo punto, dunque, la partita si sposta a Francoforte dove la potente Bundesbank resta un osso duro per il presidente della Bce, ma non un ostacolo insormontabile. È possibile che Draghi possa ancora contare su un voto disgiunto dei due rappresentanti tedeschi nel direttivo, ma a sostegno del presidente della Bundesbank Weidmann potrebbero accorrere altri banchieri. Tuttavia il no della Bundesbank potrebbe non essere un niet così come le ventilate dimissioni di Weidmann, da cui la Merkel non uscirebbe indenne, potrebbero rientrare in una trattativa più ampia. A cominciare da quell’unione bancaria, voluta fortemente da Draghi, che comporterebbe una revisione della sorveglianza bancaria in Eurolandia. Una sorveglianza che incontra più di una resistenza nella Germania dove le Casse di risparmio, fortemente politicizzate, rappresentano una spina nel fianco, anche se si starebbe profilando una possibile mediazione con l’analisi e le proposte ancora facoltà delle vigilanze nazionali e il board chiamato a prendere le decisioni.
Sul fronte politico la settimana sarà fitta di bilaterali: oggi il presidente francese Hollande, che domani incontrerà van Rompuy e giovedì il premier inglese Cameron, sarà ricevuto dal premier Monti, che in settimana incontrerà il presidente Barroso e lo stesso van Rompuy. Si è alla stretta finale e il ministro tedesco Schaeuble lascia ben sperare dicendosi sicuro che la corte costituzionale tedesca non bloccherà il fiscal compact e l’Esm.
da Europa Quotidiano 04.09.12