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“Il governo toglie ai poveri per dare ai terremotati”, di Bianca Di Giovanni

Chi paga la ricostruzione in Abruzzo? Il ministro Giulio Tremonti si è vantato di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. Come chiedeva Confindustria, nessuna nuova tassa: solo «risparmi» di spesa. Quale spesa? Naturalmente quella sociale, considerata dai liberisti (in incognito) un vero fardello per l’economia. Altro che risparmi: con la scusa di aiutare le vittime (del terremoto) si chiude l’ossigeno ad altre vittime, quelle dell’indigenza. Ben 300 milioni del «pacchetto» da un miliardo e mezzo per le spese immediate provengono infatti dal bonus famiglia. Se poi si aggiunge che è esattamente di 300 milioni il taglio al fondo sociale previsto dalla manovra, si comprende quanto i risparmi siano tutti orientati al basso.
C’è un altro combinato disposto, poi, che rischia di trasformare l’operazione Abruzzo in una vera manovra in favore dei «protetti». Presentando le misure (oggi ancora sotto la lente degli uffici del Quirinale, che stanno districando una matassa «complessa» rivelano indiscrezioni), infatti, Tremonti non ha escluso l’eventualità di un’altra sanatoria fiscale: quella sul rientro dei capitali illegalmente esportati. Risorse frutto di riciclaggio, di corruzione e di evasione, «ripulite» con un obolo alleggerito.
Il bonus famiglia
È destinato ai più bisognosi, ai nuclei in difficoltà, a chi ha un figlio handicappato a carico, o un anziano. Quello strumento (il primo a considerare il reddito familiare, e non del singolo, e per questo contrabbandato come inizio del quoziente familiare tanto caro alle formazioni cattoliche). Era pensato per una platea di 6,45 milioni di famiglie, che potevano aspirare a un contributo tra i 100 e i mille euro, per una spesa complessiva di quasi due miliardi. Come mai sono «avanzati» 300 milioni? Come mai è bastato un miliardo e 700 milioni invece dei due stimati? Ci sono meno poveri del previsto (anche in tempo di crisi) o hanno sbagliato i calcoli all’inizio? La verità, purtroppo, è un’altra, e somiglia molto alle vicende legate alla social card (ancora i poveri). Per ottenere quel bonus, infatti, è stato costruito un percorso con tali e tanti ostacoli, che ottenerlo equivale a vincere un terno al lotto. Nel sito www.nelmerito.it l’economista Franco Osculati lo definisce «lunare». Prima di tutto è a richiesta (non automatico). La domanda è a carico del datore di lavoro che «eroga il beneficio, secondo l’ordine di presentazione delle richieste nei limiti del monte ritenute e contributi nel mese di febbraio 2009. – spiega Osculati – Nel caso i sostituti d’imposta non provvedano, per insufficienza di tale “monte”, gli interessati potranno ripresentare istanza entro giugno all’agenzia delle entrate. In aggiunta, a cura dei sostituti, delle domande dovrà rimanere traccia nei modelli 770, dovrà essere data informazione, entro aprile, all’Agenzia delle entrate e dovrà essere conservata copia per tre anni». Una vera gimcana, che dovrebbe essere ancora in corso. ma siccome del bonus non parla più nessuno, si suppone che le richieste termineranno. Senza domande, scompaiono anche i poveri e le emergenze.
Una buona fetta delle risorse da utilizzare subito proviene dai giochi (6-700 milioni). Anche qui il rischio è che si sfruttino i poveri, di solito dipendenti dal vizio delle scommesse. Il ministero sta ancora valutando le iniziative da prendere: Gratta e vinci dedicati, estrazioni del Lotto più frequenti, con una limitazione sui premi pagati ai vincitori. Ma il grande affare arriverà con le nuove slot machines e con nuove possibilità di poker on line. L’introduzione di macchine di nuova generazione, con il collegamento diretto all’anagrafe, consentirà di incassare per ogni macchinario cambiato una una tantum di 15mila euro: pr attrarre più giocatori, potrebbe abbassarsi la giocata minima a 50 centesimi (oggi è 3 euro) e alzarsi la vincita massima da 10 a 50mila euro.

L’Unità, 28 aprile 2009

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