Il conto alla rovescia per il riordino delle Province è cominciato. Già entro la prossima settimana, secondo lo stringente cronoprogramma fissato dal decreto legge sulla spending review (il Dl 95, convertito a inizio agosto dalla legge 135), dovrebbe essere sistemato il primo mattone di questa nuova costruzione istituzionale, che sarà pronta – come è stato ricordato anche dal consiglio dei ministri di venerdì – entro fine anno e promette di essere assai più leggera ed economica dell’attuale sistema. Entro il 5 settembre dovrebbe, infatti, vedere la luce il decreto del Governo che individua le funzioni di competenza statale che ora sono svolte dalle Province e che, nel futuro assetto, saranno trasferite ai Comuni.
Il cantiere ferve, però, anche a livello locale, dove le amministrazioni destinate a scomparire si ingegnano per trovare la quadra della nuova geografia, con accorpamenti di territori che consentano di rientrare nei parametri indicati dal Governo: almeno 350mila abitanti e 2.500 chilometri quadrati di superficie. Per ora si tratta solo di ipotesi, più o meno realizzabili. Non sarà comunque facile, come spiega il responsabile della Provincia di Sondrio, Massimo Sertori, che giovedì ha coordinato, in qualità di presidente dell’Unione delle Province lombarde, il primo incontro con gli altri suoi colleghi. «Non siamo contrari alla riorganizzazione – afferma il leghista Sertori – ma questo programma con questi parametri è irrealizzabile. Non si tiene conto delle specificità di ciascun territorio e del fatto che la Regione Lombardia ha conferito alle Province oltre 150 funzioni».
Non sarà per niente semplice anche perché il calendario è incalzante: entro il 15 ottobre (al massimo entro il 24 dello stesso mese nei casi in cui le Regioni non hanno avanzato alcuna proposta di “rimpasto”) il Governo dovrà tirare le fila e disegnare la nuova mappa. Ma non è solo la ristrettezza dei tempi a destare perplessità – dopo che di interventi sulle Province, dall’abolizione totale alla risistemazione, si parla da tempo – quanto anche il susseguirsi delle scadenze. Con la stranezza (sicuramente un lapsus del legislatore) che le regioni possono inviare le loro proposte di riordino anche dopo il 15 ottobre, ovvero dopo il termine entro cui il Governo deve chiudere la partita.
Eppure questa volta pare sia la volta buona. Ne è convinto Piero Antonelli, direttore generale dell’Upi, l’Unione delle Province: «Magari non nei tempi fissati dalla legge, ma entro l’anno la riforma arriverà. La volontà delle Province c’è tutta e già ci si sta muovendo. Ora si è nella fase di organizzazione del lavoro, che entrerà nel vivo la prossima settimana. Abbiamo già fissato per il 12 settembre un incontro a Roma con i presidenti provinciali dell’Upi in cui faremo un primo punto».
C’è poi il fatto che alla riorganizzazione delle Province è legata un’altra serie di interventi, a iniziare da quelli sugli uffici territoriali del Governo, prefetture in testa. A tenere insieme il tutto è poi l’attesa dei risparmi, che solo per le Province sono stati stimati in poco più di 2 miliardi di euro.
Più difficile è, invece, dire che cosa succederà una volta varato il riordino: le nuove amministrazioni diventeranno subito operative? Questo, però, vorrebbe dire mandare a casa prima del tempo gli attuali presidenti. Con non pochi dubbi di legittimità costituzionale su una simile manovra. Anche perché si creerebbe una situazione di disparità nei confronti sia dei presidenti delle Province non soggette al riordino (che non avrebbero alcun motivo di lasciare l’incarico) sia di quelli delle Regioni a statuto speciale, dove di riorganizzazione si inizierà a parlare nel nuovo anno. Nel timing manca, dunque, una data: quella di effettivo debutto del futuro assetto.
Il Sole 24 Ore 27.08.12