Gentile Signor Ministro Francesco Profumo,
dal prossimo primo settembre circa tremila dipendenti del Suo Ministero (fra docenti e Ata) si ritroveranno, loro malgrado, ‘sequestrati al lavoro’, forzosamente costretti a rimanere in servizio nonostante siano in possesso dei requisiti (la ‘quota’ 96 o i quarant’anni di contributi) per accedere alla pensione di anzianità secondo le regole previgenti alla cosiddetta riforma Fornero (articolo 24 della legge 22 dicembre 2011, n. 214).
Un simile stato di ‘illegale detenzione’ si è determinato a causa di una difettosa formulazione della ‘norma di salvaguardia’, contenuta nel comma terzo della riforma anzidetta. Fissando al 31.12.2011, per tutti i lavoratori, il termine ultimo per la maturazione dei requisiti utili ad ottenere il pensionamento con le regole precedenti, questa norma ha ‘dimenticato’ che i lavoratori della scuola rimangono sottoposti, in materia pensionistica, al regime speciale stabilito da Leggi tuttora in vigore e non abrogate dalla ‘riforma Fornero’. Citiamo l’Art. 1 del D.P.R. 351/1998, che vincola la cessazione dal servizio nel comparto Scuola «all’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata», e l’articolo 59 della Legge 449/1997, che recita testualmente: «Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno».
La data del 31.12.2011 va infatti a confliggere con questo regime speciale negando, per la prima e unica volta nella storia dei pensionamenti scolastici, a lavoratori obbligati a rimanere comunque in servizio fino al 31.8.2012 il diritto di poter far valere i requisiti maturati fino a quella data. In altri termini, in virtù del vincolo a loro, e non ad altri imposto, una volta iniziato il servizio dell’anno scolastico 2011/12 (il 1° settembre 2011, cioè quattro mesi prima del 31.12.2011), i dipendenti che nel corso dello stesso (e comunque entro il 31.12.2012) maturavano i requisiti richiesti dalle norme previgenti, avevano già acquisito il diritto alla pensione, salvo il fatto che avrebbero poi potuto concretamente esercitarlo a partire dal 1° settembre 2012. Non a caso la legge 449/1997 sanciva che «la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico», nel presupposto che una cosa è il momento di maturazione del diritto a pensione, il momento, cioè, in cui viene integrata la fattispecie costitutiva del diritto, che si compie con l’ultimo anno scolastico di lavoro, e altra cosa è il momento della decorrenza (fine anno scolastico), ossia della scadenza del termine per poter concretamente astenersi dal lavoro e godere del beneficio maturato.
La circolare MIUR 2012 sulle pensioni, non tenendo minimamente conto di questo oggettivo conflitto e rinunciando a declinare la norma generale stabilita dalla ‘riforma Fornero’ secondo la peculiarità del ‘comparto scuola’, ha prodotto un effetto paradossale, reso immediatamente visibile dal confronto con la corrispondente circolare sulle pensioni 2011, appresso citata:
CIRCOLARE PENSIONI 2011 (n. 100 del 29.12.2010): «Si ricorda preliminarmente che, per il 2011, in virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 6, lettera c), della legge n. 243/2004, come novellato dalla legge n. 247/2007, per il personale della scuola i requisiti necessari per l’accesso al trattamento di pensione di anzianità sono 60 anni di età e 36 di contribuzione o 61 anni di età e 35 di contribuzione, ancorché maturati entro il 31 dicembre [2011]».
CIRCOLARE PENSIONI 2012 (n. 23 del 12 marzo 2012): «Si ricorda pertanto che, in virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 6, lettera c), della legge n. 243/2004, come novellato dalla legge n. 247/2007, i requisiti necessari per l’accesso al trattamento di pensione di anzianità sono di 60 anni di età e 36 di contribuzione o 61 anni di età e 35 di contribuzione, purché maturati entro il 31 dicembre 2011».
Il paradosso, come ben evidenzia il nostro neretto, consiste nel fatto che la circolare del 2012 non fa altro che ‘fotocopiare’ i requisiti richiesti per l’anno precedente come se, nel frattempo, un altro anno scolastico non fosse trascorso, cancellando irragionevolmente i requisiti maturati dell’anno scolastico 2011/2012; quando la logica più elementare, e persino il semplice buon senso, avrebbero suggerito di spostare il termine esattamente di un anno, vale a dire al 31.12.2012.
In conseguenza di questo paradosso circa tremila Suoi dipendenti (stima del MIUR) si sono trovati intrappolati, come dicevamo, in una riforma che non doveva riguardarli e, a metà di quello che avevano ragione di considerare il loro ultimo anno di lavoro, in virtù di un provvedimento oggettivamente retroattivo, si sono visti differire il pensionamento di vari anni (fino a un massimo di sei).
Una parte consistente di essi (circa settecento) si è legalmente costituita in Comitato Civico «Quota 96», con l’obiettivo di segnalare a tutte le sedi competenti e all’opinione pubblica quello che considerano un vero e proprio eccesso di potere oltre che una violazione delle leggi sopra citate – come ha evidenziato il giudice del lavoro di Oristano – e di promuovere azioni volte a una equilibrata soluzione del problema.
La questione che ci riguarda, anche in seguito alle nostre segnalazioni, è approdata nelle aule parlamentari, con due emendamenti, uno al ‘Milleproroghe’, l’altro alla ‘Spending review’, che si proponevano di risolverla, spostando ragionevolmente al 31.8.2012 il termine per la maturazione dei requisiti secondo le norme previgenti, termine che deve tuttavia intendersi, stando alle leggi che regolamentano da sempre il ‘comparto scuola’, al 31.12.2012. In entrambi i casi, il Governo di cui Lei è parte ha tenuto un comportamento sconcertante: con una mano ha infatti riconosciuto la fondatezza degli emendamenti (si vedano, ad esempio, le dichiarazioni del sottosegretario Polillo), con l’altra vi si è opposto adducendo la mancanza delle risorse necessarie. Nel secondo caso (‘Spending review’) ha poi, per soprammercato, prodotto un autentico pasticcio perché, in luogo dell’emendamento bocciato ne ha fatto approvare un altro in cui, da un lato si riconosce, senza peraltro motivarne l’origine, la data del 31.8.2012, dall’altro, se ne limita l’applicazione ai soli docenti in esubero escludendo i docenti non in esubero e tutti i non docenti (pure in possesso degli stessi, identici requisiti dei primi). Mi permetta di dire che il Governo si è così assunto la grave responsabilità di avallare una vergognosa lotteria; si è tenuto come quel proverbiale contribuente che, dinanzi alle legittime richieste del Fisco risponde: «Mi dispiace. Non ho denaro. Siete pregati di ripassare quando ne avrò. E anche allora, faccio presente che pagherò quanto riterrò opportuno».
I lavoratori coinvolti, posti dinanzi a questa incresciosa situazione, si son visti costretti, per salvaguardare il loro sacrosanto diritto, a ricorrere anche alle vie legali. Alcuni Giudici del Lavoro italiani, come quelli preposti ai Tribunali di Oristano, di Torino e di Venezia, per esempio, ravvisando nella ‘riforma Fornero’ un abuso di potere e una violazione delle leggi che disciplinano la materia previdenziale del ‘comparto scuola’, leggi sopra citate, hanno già emanato provvedimenti d’urgenza che ingiungono al MIUR di mandare in pensione, al 1° settembre 2012, i rispettivi ricorrenti. Si doveva aspettare l’iniziativa delle vittime anziché sanare, motu proprio, un diritto calpestato? Sappiamo che le strade giudiziarie sono lunghe e tortuose; sappiamo che passi successivi potrebbero sovvertire questi primi provvedimenti. Sappiamo queste e altre cose, egregio Ministro Profumo. Tuttavia non è difficile prevedere che, alla fine di questo itinerario, ci ritroveremo dentro una ulteriore roulette di casuali ‘salvati’ e di casuali ‘sommersi’, che violerebbe peraltro l’articolo 3 della nostra Costituzione.
Insieme a questo calvario, che da mesi li tiene ‘sull’orlo di una crisi di nervi’ (con preoccupanti ricadute sulla qualità delle loro prestazioni), i dipendenti del Suo Ministero, prof. Profumo, hanno dovuto accusare il Suo silenzio. Lei non ha finora mai speso una sola parola, sia essa di solidarietà o di comprensione, che fosse una ferma e chiara presa di posizione o un semplice parere, sul merito della questione che Le abbiamo prospettato. Noi credevamo – e crediamo – che fra i compiti di un Ministro ci fosse anche quello di prendersi cura delle problematiche dei suoi dipendenti; specie quando, come nel nostro caso, esse abbiano una dimensione non meramente individuale ma ampiamente collettiva. Avendo, da educatori, piena fiducia nelle nostre istituzioni democratiche, confidiamo che possa e voglia darci la risposta precisa e netta (non importa se positiva o negativa) che fino ad ora non ci è arrivata e che, anche in virtù del delicatissimo ruolo di cui siamo investiti, crediamo di meritare. Per questo Le chiediamo formalmente di ricevere, nei modi e nei tempi che riterrà più opportuni, una nostra delegazione, che tornerebbe ad illustrarLe il problema sopra esposto, con la richiesta di un provvedimento urgente del MIUR che sani, in via definitiva ed erga omnes, questa dolorosa ferita.
* Segretario del Comitato Civico «Quota 96».
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