Sono passati tre mesi dalle scosse che hanno piegato la Bassa e non sono passati invano. Persino un freddo comunicato di Palazzo Chigi certifica ufficialmente che “l’analisi sull’attuazione delle misure a sostegno delle popolazioni terremotate ha confermato una ripresa graduale del circuito economico locale e della vita delle famiglie”: è la frase che accompagna la proroga (sofferta più del lecito, parziale molto più del necessario) almeno fino a novembre della sospensione degli adempimenti fiscali per chi ha subito danni. Ma è anche il riconoscimento, senza enfasi e senza accaparrarsi meriti particolari, che l’Emilia ferita ha risposto nei fatti e in prima persona all’accanirsi del destino e della natura. E anche al timore che una delle zone storicamente simbolo di sviluppo, coesione ed efficienza si trasformasse in un’altra area cronicamente assistita o da assistere. A tre mesi da un disastro di queste dimensioni, di questa persistenza, nessuno in Italia è mai arrivato così avanti nel percorso di ritorno alla normalità: possiamo dirlo, consapevoli che difficoltà, contraddizioni, incongruenze, incertezze sono ancora tante e tante saranno; ma convinti anche che il senso civico, il perseguimento del bene comune, lo spirito di comunità hanno trovato qui un modo di esprimersi costruttivo e appassionato, la vera risorsa da investire per un futuro migliore e diverso. Perché dopo quelle scosse qui nessuno è più com’era prima: “la terra che fa le onde”, come dice il titolo della mostra sul terremoto cuore il della festa provinciale Pd, ci cambia e ci spinge a una navigazione in un altro mare, più che in alto mare. Di cui l’approdo non dovrà essere il solo ristabilimento dello status quo ante, ma la costruzione dell’Emilia in cui vogliamo vivere, che vogliamo affidare ai nostri figli. Ed è ora il momento, curate le ferite più urgenti, di progettarla: pensando ai bisogni che avremo e non solo a quelli che abbiamo sempre avuto, agli obiettivi che ci sentiamo di perseguire e non solo alle perdite di cui vogliamo essere risarciti: da soli non ce la faremo, ma chi ci darà aiuto saprà di potersi fidare. Se il nostro sguardo sarà rivolto al nuovo e non a un passato che è radice ma non catena. Quel coraggio, l’Italia lo ha imparato, ce l’abbiamo.
La Gazzetta di Modena 26.08.12