Nove convinti applausi hanno sottolineato i punti salienti della lezione che il presidente della Repubblica ha tenuto a Torino, inaugurando la prima edizione di “Biennale Democrazia” voluta dal professor Gustavo Zagrebelsky che, introducendo l’oratore, ha parlato di un tempo, come quello che stiamo vivendo “in cui la politica e la cultura sono divise” mentre il binomio è vitale”. Il primo applauso è scattato quando il Capo dello Stato ha affermato che “il 25 aprile non è festa di una parte sola” tant’è che proprio nella Costituzione “furono tradotti principi e diritti condivisibili anche da quanti fossero rimasti estranei all’antifascismo e alla Resistenza”.
I giovani e il presidente
Alla platea gremita del Teatro Regio, politici, esponenti delle istituzioni e della cultura, ma anche tanti giovani, Napolitano ha espresso il suo pensiero sul dibattito, a volte strumentale che vorrebbe portare ad una revisione forzata della Costituzione che, il presidente l’ha ribadito con forza, “non è un residuato bellico come da qualche parte si vorrebbe talvolta fare intendere” vista anche “la leggerezza con cui si assumono oggi atteggiamenti dissacranti verso di essa”. Invece i limiti che impone “non possono essere ignorati nemmeno in forza dell’investitura popolare, diretta o indiretta, di chi governa”. Così come “rispettare la Costituzione significa anche riconoscere l’autorità delle istituzioni di garanzia che non dovrebbero mai essere oggetto di attacchi politici e giudizi sprezzanti”. Il destinatario appare, tra tutti, essere Silvio Berlusconi che spesso si è lamentato di avere scarsi o nulli poteri.
Può essere cambiata la Carta nella sua seconda parte, adeguata, e lo si è d’altronde già fatto. Questo Napolitano lo ha ripetuto. Ed ha indicato anche la via da percorrere che non è certo quella dei colpi di mano. Alle forze presenti in Parlamento, perché “è al Parlamento che spetta pronunciarsi” è così giunto l’invito “e questa è mia responsabilità, ad uno sforzo di realismo e di saggezza su essenziali proposte di riforma sulle quali sia possibile giungere alla più ampia condivisione. Non c’è da ripartire da zero, non c’è da arrendersi a resistenze conservatrici né, all’opposto, a tendere a conflittualità rischiose e improduttive”. Bisogna avviare “una nuova stagione costituente”.
Si superi il bicameralismo perfetto
Che superi “l’anacronistico bicameralismo perfetto” e il discorso sul federalismo è già avviato, che tenga in considerazione la richiesta di maggiori poteri a chi governa ma sulla base di motivazioni “trasparenti e convincenti” senza cadere “in enfasi polemiche infondate”, tanto più che “con il crescente ricorso alla decretazione d’urgenza e all’istituto del voto di fiducia e al rafforzarsi del vincolo tra governo e maggioranza parlamentare” le cose sono già cambiate tanto che Giuliano Amato ha potuto definire “obsoleta la tradizionale constatazione della debolezza del governo nel rapporto con il Parlamento”. Si può pensare a novità in questo campo ma senza dimenticare il monito di Norberto Bobbio che “la denuncia della ingovernabilità tende a suggerire soluzioni autoritarie. Non lo dimentichiamo mai”. In nome del dovere di governare non “si può ricorrere a semplificazioni di sistema e a restrizioni di diritti”.
Sull’altare della governabilità Napolitano, d’accordo ancora una volta con Bobbio, non è disposto a sacrificare la divisione dei poteri, la garanzia dei diritti di libertà, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze politiche, la rappresentatività del Parlamento, l’indipendenza della magistratura, il principio di legalità e il riconoscimento del Capo dello Stato come “potere neutro”. E sulla legge elettorale Napolitano parla del rischio di non rappresentatività l’andare al voto “in assenza di valide procedure di formazione delle candidature e di meccanismi atti ad ancorare gli eletti al rapporto con gli elettori e il territorio”. L’invito è al confronto. A superare le contrapposizioni con uno scatto come quello che il nostro Paese ha saputo avere nella vicenda tragica del terremoto.
«Riscrivere la norma sui manager»
Il presidente della Repubblica questa mattina incontrerà una delegazione dei familiari delle vittime della Thyssen con altri operai delle fabbriche torinesi. Ma ieri il Capo dello Stato, mentre visitava quella meraviglia che è la restaurata reggia di Venaria, ha fatto capire senza mezzi termini come la pensa a proposito della norma salva manager anche se il ministro Sacconi ne ha smentito la finalità..”Siamo in attesa di vederne la riscrittura. Conosco la questione e l’ho seguita. Anche prima c’era la preoccupazione per quella norma, l’avevamo espressa subito. In ogni caso, prendo atto che il ministro Sacconi si è dichiarato pronto a riscriverla per evitare interpretazioni che non sono state volute e che sarebbero pesanti anche agli effetti del processo Thyssen”.
Il presidente della Repubblica ieri ha sottolineato fortemente il valore della Costituzione. Ha chiesto rispetto. E ognuno dei suoi concetti sembrava rivolto al presidente del Consiglio. A partire dal 25 Aprile.
L’Unità, 23 aprile 2009
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