È vero, la Germania di Angela Merkel a volte fa pensare a Gulliver, l’eroe di Jonathan Swift che si scopre un gigante impigliato tra i minuti abitanti dell’isola di Lilliput. L’idea è disinvolta, il paragone azzardato, perché l’Europa non è abitata da lillipuziani che dilagano nelle ricche vallate della Repubblica federale condizionandone i movimenti. L’immagine rispecchia tuttavia parte della realtà. Non è del tutto abusiva.
La Germania–Gulliver troneggia al centro dell’eurozona, ma è al tempo stesso impacciata, se non proprio prigioniera: i vicini più deboli esplorano la sua pancia, si muovono nella sua capigliatura come in una foresta, scalano le pieghe del suo corpo sprizzante salute. L’economia tedesca è sostanzialmente sana rispetto a quella dei Paesi limitrofi; i suoi conti pubblici sono quasi esemplari; ma le sue banche e i suoi esportatori sono fragilizzati dalla crisi in cui versano le indisciplinate società del Sud. Le quali si muovono nell’economia e nella finanza tedesche come, appunto, i lillipuziani sul gigantesco corpo dell’eroe di Swift. Per cui si può capire la tentazione di scrollarsele di dosso.
La voglia non manca. La sindrome di Gulliver spinge anche menti sagge, e di solito razionali, come quelle della Frankfurter Allgemeine Zeitung, a lasciarsi andare. E a dare segni di un’impazienza vicina alla collera.
Il quotidiano di Francoforte ha accolto l’avvertimento di Moody’s, che non ha escluso nel futuro un’amputazione dell’AAA ottimale finora esibita con pieno, normale diritto dalla Germania, come un monito arrivato “al momento giusto”. Infatti, a suo parere, un ulteriore aiuto tedesco ai Paesi del Sud minerebbe le forze della Repubblica federale.
L’impennata del giornale, che non è da “boulevard”, cioè popolare, o sguaiato, come la Bild, è tutt’altro che esagerata. La tentazione che solletica Moody’s, e che fa saltare i nervi ai tedeschi più sensibili, si basa proprio sull’esposizione giudicata eccessiva, rischiosa, nell’azione di salvataggio delle economie più deboli. I responsabili politici, non tutti ma non pochi, e molti economisti hanno spiegato che la nota di Moody’s dovrebbe avere un effetto limitato; ma quella nota ha aumentato l’inquietudine di molti tedeschi. E penso abbia smorzato, almeno in parte, l’euforia di coloro che giudicavano lusinghiero il fatto che gli investitori pagassero per prestare il denaro a Berlino, mentre interessi dissanguanti si abbattevano e si abbattono sui Paesi del Sud.
Le varie indagini rivelano puntuali che un cospicuo numero di tedeschi è ostile a nuovi piani di salvataggio, al punto da auspicare l’uscita della Grecia dalla zona euro, e giudica un grave errore avervi ammesso la Spagna e l’Italia. L’avvertimento di Moody’s indebolisce la politica di Angela Merkel. La quale subisce la fronda euroscettica dei due partiti alleati: di quello liberale (Fdp) e di quello bavarese (Csu). Ed è richiamata all’ordine, o comunque rallentata nelle decisioni, dalla Corte costituzionale, pignola, puntigliosa fin che si vuole, ma la sola grande istituzione europea impegnata a valutare le implicazioni di una progressiva integrazione europea per i diritti sovrani della nazione. Le altre corti costituzionali dovrebbero prendere i giudici di Karlsruhe come esempio. Anche se essi pensano e giudicano in tempi troppo lunghi, quindi disastrosi, in una crisi economica in cui i mercati sono veloci come falchi e avvoltoi.
Ma Gulliver si muove piano a Lilliput. Ha i suoi ritmi, precisi, tanto lenti, timidi, quanto inarrestabili. Esasperanti. Angela Merkel è costretta a slalom politici acrobatici, perché al Bundestag le capita di dover ricorrere ai voti dell’opposizione socialdemocratica, venendole a mancare quelli degli alleati. In un’intervista al Passauer Neue Presse, Patrick Doering, segretario generale del partito liberale, ha spiegato che la Grecia potrebbe ritrovare una certa competitività fuori dall’euro. Dello stesso parere è un altro liberale, Philipp Roesier, vice cancelliere e ministro dell’economia. Alcuni esponenti della Csu (versione bavarese della Cdu di Angela Merkel) suggeriscono che i greci comincino già a pagare almeno in parte gli stipendi dei funzionari con le dracme rimaste nella Banca centrale. In sostanza a compiere un passo decisivo fuori dall’euro.
Ma cerchiamo di tradurre in qualche cifra significativa i lillipuziani insediatisi sul grande corpo del nostro Gulliver, al punto da ridurre la sua libertà di movimento. Sono cifre che spiegano perché Moody’s, giudicandole un rischio, minaccia di togliere alla Germania almeno una delle tre preziose “A” che distinguono i primi della classe, stando ai criteri dell’agenzia di rating americana. L’aiuto alla zona euro aumenterebbe il debito sovrano tedesco (oggi di 83,5% del Pil) di 12-14 punti. La Germania contribuisce per il 27,1 % ai meccanismi di solidarietà, vale a dire che è impegnata per circa 320 miliardi. E ancora le banche tedesche detengono più di 273 miliardi di euro in obbligazioni. Senza contare i crediti della Bundesbank, sempre con i Paesi membri dell’eurozona.
È una rapida contabilità che rivela come i lillipuziani siano invadenti. Ma se Gulliver tentasse di scrollarseli di dosso pagherebbe un prezzo molto più caro. Si calcola che il fallimento della zona euro costerebbe alla Germania almeno il 10% del suo Pil. Oltre all’incalcolabile prezzo politico e storico. Un grande dramma economico e finanziario è anche una tragedia umana non traducibile in cifre. Come del resto un approssimativo numero di miliardi non è convertibile in lillipuziani. Un vecchio cancelliere in pensione, Helmut Kohl, che una ventina d’anni fa scoprì sotto le macerie del comunismo Angela Merkel, continua a ripetere in questi giorni che ci vuole più coraggio e meno contabilità.
La Repubblica 26.07.12