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"Coppie gay, in cosa consiste il «modello tedesco»", di Andrea Carugati

Dopo tanto rumore, tensioni, liti, contestazioni, rivalità (anche in seno alla comunità omosessuale dentro il Pd), dunque i democratici si avviano verso il modello tedesco per le unioni gay. Guardandoci dentro si capisce che, pur non essendo un matrimonio, si tratta di uno dei modelli più avanzati in Europa. Non a caso Paola Concia, una delle deputate Pd più attive sulla questione, si è “sposata” la scorsa estate in Germania con Riccarda usufruendo di questo istituto, che ha consentito alla compagna di prendere il cognome Concia e di vederselo registrato anche sul passaporto. Dopo aver partecipato a una cerimonia davanti a un pubblico ufficiale, con amici e parenti, in cui le due partner hanno pronunciato il fatidico “sì”.
Bersani ha annunciato questa posizione mercoledì scorso alla festa dell’Unità di Roma, e subito sono seguite prese di posizioni favorevoli da tutte le anime del Pd, dalla Concia a Beppe Fioroni. «Credo che il sistema tedesco possa aiutarci a trovare una soluzione condivisa, perché circoscrive i soggetti a cui fa riferimento e, soprattutto, in undici anni ha avuto vari step evolutivi che possono offrirci una pluralità di approdi», ha spiegato l’ex ministro.

In Germania quell’istituto si chiama «Eingetragene Lebenspartnerschaft», è in vigore dall’agosto 2001, e si riferisce solo alle coppie omosessuali. Non equipara a tutti gli effetti la convivenza al matrimonio, ma applica ai conviventi disposizioni analoghe a quelle contenute nel codice civile tedesco per la disciplina del matrimonio.

I due soggetti coinvolti devono dichiarare reciprocamente, personalmente e in contemporanea, d’innanzi all’autorità competente, di voler condurre una convivenza a vita e hanno obbligo di assistenza e sostegno reciproco che persiste anche dopo eventuale separazione. La legge, inoltre, assicura pieno riconoscimento alla coppia dal punto di vista contributivo ed assistenziale, e conferisce gli stessi diritti del matrimonio in materia di cittadinanza. Inoltre, in caso di morte di uno dei partner, al convivente sono attribuiti i diritti successori, come la pensione di reversibilità, il diritto a subentrare nell’affitto e l’obbligo di soddisfare i debiti contratti dalla coppia. La legge tedesca (e anche su questo c’è una convergenza con il documento sui diritti votato sabato scorso dall’assemblea Pd) non riconosce ai conviventi il diritto di adozione congiunta. In una prima fase (fino al 2004) non permetteva neppure l’adozione dei figli del convivente. Una normativa, dunque, molto lontana dai Dico, la legge sui diritti conviventi (intesi come persone e non come coppia) su cui avevano lavorato le ministre Bindi e Pollastrini nel 2007 e che non ha mai visto la luce.

Perchè allora tanta tensione tra i democratici, con le tessere degli attivisti gay restituite nell’infuocata assemblea di sabato e le successive contestazioni a Rosy Bindi alla festa dell’Unità di Roma? Qui le ricostruzioni divergono. C’è chi accusa i militanti gay (e anche l’ala più laica del partito) di aver voluto strumentalizzare alla ricerca di visibilità. E chi, dal fronte opposto, accusa la presidente Bindi di aver gestito l’assemblea in modo «burocratico» e di aver voluto «forzare la mano» impedendo il voto sulle nozze gay. Bindi sostiene che il documento sui diritti partorito della commissione da lei presieduta «ha aperto la strada alla soluzione “alla tedesca” enunciata da Bersani». Dall’altro fronte Concia replica che invece l’uscita del segretario è servita a «rendere più chiara e più avanzata la proposta del partito, come avevano chiesto oltre 200 delegati con il documento Cuperlo, superando le ambiguità del testo Bindi». Vero è che nessuno dei documenti si avventurava sul terreno dei modelli legislativi. E che il Pd, con quella bagarre di sabato, «non ha saputo valorizzare, anche all’esterno, il grande passo avanti culturale che abbiamo fatto tutti insieme decidendo di dare riconoscimento a tutte le coppie», come dice Ivan Scalfarotto, che ritiene «eccellente» la soluzione alla tedesca e difende il lavoro del comitato: «Io combatterò sempre per le nozze, ma in quella sede abbiamo fatto un grande lavoro, il Pd ha saputo evolvere».

Ora sarà la direzione, convocata ad hoc per settembre, a ratificare la posizione definitiva. «Il sistema tedesco va studiato per bene, e adeguato alla nostra Costituzione», dice Bindi. «Per me resta un paletto: non si tratta di matrimonio». E la Concia sorride: «Se vogliono un ripasso su quel sistema mia moglie Riccarda è disponibile…».

l’Unità 22.07.12