La campagna è stata inaugurata dai ferrovieri: dal primo settembre in novantamila si ritroveranno con un nuovo contratto che, tra le altre cose, allunga la settimana di lavoro da 36 a 38 ore, mentre i cugini di città, gli autoferrotranvieri, non riescono ancora a riscrivere la loro parte del cosiddetto contratto unico della Mobilità. Da domani la stagione dei rinnovi dei contratti nazionali di categoria prende vita con uno dei confronti più aspri, quello dei circa due milioni di metalmeccanici. Per la prima volta, lamenta la Fiom, Federmeccanica si riunirà solo con Fim e Uilm per riscrivere le regole delle tute blu che scadono a dicembre. Fuori dalla sede di Confindustria, l’organizzazione guidata da Maurizio Landini terrà un presidio di protesta che si ripeterà davanti alle sedi locali degli Industriali. Per l’occasione i lavoratori incroceranno le braccia.
ACCORDO VIOLATO La Fiom punta il dito contro Federmeccanica, che ha invitato i metalmeccanici Cgil a un confronto separato. Invito respinto al mittente, con tanto di accusa di discriminazione: secondo le tute blu Cgil, gli industriali guidati da Pierluigi Ceccardi stanno violando l’accordo confederale del 28 giugno 2011. Ovvero l’intesa siglata da Cgil, Cisl e Uil e da Confindustria, che stabilisce la centralità del contratto nazionale e le regole della rappresentanza sindacale. Venirne meno, sostiene Landini «è un attacco alla democrazia che non ha precedenti nel nostro Paese. Siamo a rischio concreto che Federmeccanica faccia accordo con associazioni minoritarie per poi estenderlo a tutti». Per il sindacalista è la riproposizione del modello Marchionne: «La Fiat, pur uscendo da Confindustria, sta dettando la linea a Federmeccanica». Il problema è che le tute blu hanno attualmente in vigore due contratti: quello unitario del 2008, al quale fa riferimento la Fiom, e quello separato del 2009, firmato da Fim, Uilm e Federmeccanica, dopo la riforma del sistema contrattuale voluta tre anni fa da Confindustria, Cisl e Uil, e non accettata dalla Cgil. L’intesa del 28 giugno 2011 poteva rappresentare una spinta al superamento dello strappo del 2009. Ma non è andata così. Federmeccanica non ritiene di discriminare la Fiom: «Non esiste alcuna violazione dell’accordo interconfederale 28 giugno 2011». Gli industriali auspicano la «partecipazione al tavolo contrattuale anche della Fiom», ma prima chiedono a Landini di «condividere l’oggetto della trattativa, ovvero il rinnovo del contratto del 2009». Cosa che non succederà mai. In questa impasse pochi giorni fa si è inserita la Cgil. Corso Italia, come chiarisce la segretaria confederale Elena Lattuada, ha chiesto al presidente di Confindustria Giorgio Squinzi di intervenire su Federmeccanica e di far rispettare l’accordo interconfederale del 28 giugno, che impegna sindacati e Confindustria alla «certificazione degli iscritti delle singole organizzazioni e dei risultati delle elezioni delle rsu, individuando nel cinque per cento la soglia minima di legittimazione a negoziare». Sulla base di questi criteri, la Fiom ha diritto a sedere al tavolo. Insieme a quello delle tute blu, entro il prossimo dicembre sono 197 (su 262 complessivi) i contratti in scadenza e quindi da riscrivere. Interessano oltre 14 milioni di lavoratori, che sperano di ottenere maggiori tutele e un incremento delle buste paga che tamponi un po’ il caro-vita. Alle ultime tornate, nonostante la riforma contrattuale non firmata nel 2009 dalla Cgil, la maggior parte delle categorie è riuscita a superare le divergenze di Camusso, Bonanni e Angeletti. Tolte le tute blu e il commercio, che scadrà solo nel 2013 (l’ultimo rinnovo non è stato firmato dalla Filcams-Cgil), gli altri settori vengono tutti da accordi unitari. Così è stato per i quasi tre milioni di edili, i quasi due milioni di tessili e chimici e quelli dell’agroindustria. Dal conteggio resta fuori anche il pubblico impiego, dove il blocco del rinnovo dei contratti voluto dal tandem Brunetta-Tremonti è stato confermato da questo governo, che ha ulteriormente inasprito le condizioni di lavoro degli statali con le misure previste dalla spending review, la revisione della spesa.
SANITÀED ENTI LOCALI Accade per esempio ai circa 1,8 milioni di dipendenti della sanità e degli enti locali, due delle categorie degli statali più colpite dai tagli. «Con il blocco dei contratti ricorda Giovanni Torluccio, segretario generale Uil-Fpl il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici si è eroso del trenta per cento. Adesso la revisione della spesa pubblica peggiora la situazione, determinando oltretutto la riduzione del personale e quindi anche della qualità di alcuni servizi fondamentali per il cittadino. Come i pronto soccorso o le sale operatorie». Per questo martedì Cgil e Uil manifesteranno con l’Anci, mentre il giorno dopo saranno ricevute, insieme alla Cisl, dal ministro Patroni Griffi. È probabile che a settembre gli statali di Cgil e Uil indiranno lo sciopero del pubblico impiego. Anche loro avrebbero diritto al rinnovo dei contratti, che probabilmente non arriverà prima del 2014.
L’Unità 22.07.12