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"Dalla spending review nuovi tagli alla scuola", di Francesca Puglisi

Nella presentazione della “spending review”, il Ministro Giarda aveva detto che la scuola è il comparto dello Stato che ha dato di più per il risanamento nell’ultimo triennio e, quindi, il Governo non vi avrebbe messo mano. Invece, nel provvedimento in discussione al Senato, troviamo una nuova sottrazione di 15.000 contratti a termine ai danni dei precari della scuola e soprattutto l’inedita affermazione di un principio assai grave che non può passare inosservato. I 10.000 insegnanti di ruolo che hanno perso il posto a causa dei tagli del duo Tremonti Gemini, potranno andare ad insegnare qualsiasi materia in qualsiasi ordine di scuola, purché abbiano un titolo di studio valido, a prescindere dalla classe di concorso per cui sono abilitati. Così accadrà che un insegnante di economia aziendale potrà insegnare geografia alle medie anche se non possiede l’abilitazione per quella materia, un professore di storia e filosofia, potrà insegnare latino e così via. Il risultato sarà che il docente precario, in possesso della corretta specializzazione, perderà il lavoro, e al suo posto ci sarà un insegnante che di quella materia potrebbe non saperne molto. È come affermare che d’ora in poi medici ortopedici potranno operare al cuore, tanto sono laureati in medicina! Perché nella scuola pubblica italiana, tutto è permesso? Perché la si ritiene un posto così residuale da poter commettere uno scempio come questo? Quale «riconoscimento del merito» intende promuovere un Ministro con un provvedimento simile? E soprattutto come si farà a non arrossire di vergogna quando invocheremo la necessità di alzare la qualità della scuola e i livelli di apprendimento degli studenti, per renderli almeno raffrontabili al resto d’Europa? Alcuni rilevano che per i «supplenti» spesso è andata così. Male! Anzi, malissimo! Se è stato permesso in passato, non dovrebbe accadere mai più! Non c’è edificio pubblico o palazzo municipale che sia trascurato come le scuole, non c’è professione più bistrattata di quella dell’insegnante. Perché? Non è forse nella scarsa considerazione di cui gode la scuola pubblica -a cui la Costituzione, considerandola la più alta istituzione democratica del Paese, affida il «compito» di tradurre in realtà l’art. 3, che ci rende liberi, uguali e capaci di prender parte alla vita politica, economica e sociale non è lì, la plastica rappresentazione dell’orlo del baratro in cui rischia di sprofondare l’Italia intera? Anche il Governatore della Banca d’Italia Visco, ha affermato che oggi la scuola ha bisogno di nuovi investimenti nonostante la crisi, se non vogliamo pregiudicare il futuro del Paese. E l’Italia ha bisogno di una scuola pubblica di qualità per tornare a crescere. Noi proponiamo che quelle risorse professionali in esubero dopo i tagli del Governo della destra, siano utilizzate per rendere effettivo l’organico funzionale delle scuole, previsto dal «decreto semplificazioni», così da poter intervenire nella lotta alla dispersione scolastica e riaprire i troppi laboratori chiusi dalla Gelmini. Un altro comma della spending review interviene sui 3.565 insegnanti inidonei per malattia. Spesso si tratta di persone con sofferenze psichiatriche o che seguono trattamenti chemioterapici e che oggi continuano a dare il proprio contributo di lavoro tenendo vive le biblioteche scolastiche. Per loro la spending review prevede il collocamento nelle segreterie scolastiche e il cosiddetto «risparmio» per lo Stato consisterà nella cancellazione dei contratti degli Ata precari. Infine sul rimpatrio di 400 docenti all’estero, vogliamo ricordare che il totale degli insegnanti di ruolo e del personale Ata in servizio all’estero ammonta a 1.053 unità e per il prossimo anno scolastico è prevista una riduzione di 59 unità. La Francia invia all’estero 6.500 insegnanti di ruolo, la Germania 1.992. Questi numeri dovrebbero far riflettere sull’importanza di mantenere una presenza qualificata per la promozione della lingua e della cultura italiana all’estero. Il Pd propone di risparmiare, per esempio, su quei dirigenti scolastici all’estero che non hanno insegnanti italiani da dirigere (mentre in Italia abbiamo troppe reggenze) e di tagliare del 10% le indennità di tutto il personale all’estero, nonché di porre tetti di spesa per traslochi e altro ancora. Da un provvedimento di revisione della spesa pubblica, ci saremmo aspettati un’azione davvero riformista, di tagli a spese davvero inutili per gli armamenti, di accorpamento di enti e istituti. Un paio di casi riguardano proprio il Miur: Ansas e Indire furono accorpati dal Ministro Fioroni, ma poi divisi nuovamente dalla Gelmini; gli uffici scolastici provinciali e regionali, in attesa del passaggio di competenze alle Regioni, avrebbero potuto certamente essere accorpati in uffici periferici unici dello Stato. Il Partito Democratico su questi temi ha presentato i propri emendamenti. Chiediamo al governo Monti di farli propri, poiché se davvero vogliamo far uscire dalla palude il nostro Paese, solo investendo nella scuola, potremo assicurare a noi e ai nostri figli, la speranza di un futuro migliore.

L’Unità 20.07.12