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"Mi restano le parole" lettera aperta di una docente al Ministro Fornero

Cara Signora Fornero, prima di tutto voglio che sappia che io apprezzo e stimo la conoscenza e il sapere sopra ogni altra prerogativa umana quando siano associati a onestà e lealtà e che quindi, a priori lei aveva la mia stima, per quel che può contare e, del resto, se non avessi pensato che poteva capire quello che avrei scritto, non l’avrei scelta come interlocutrice.
Apprezzo anche lo stile sobrio suo e dei suoi colleghi di governo che si contrappone, per quanto mi riguarda felicemente, con le modalità volgari e sopra le righe dei suoi/ vostri predecessori.
Ma non basta. Non basta perché parole grandi e importanti come equità richiedono che ci sia dietro una conoscenza della realtà tale da affrontare i problemi e le questioni sapendo concretamente di cosa si parla e, per questo, non è sufficiente essere illuminati professori universitari, magari teoricamente utile se non necessario, ma certo non sufficiente.
E se con un poco di speranza ho inizialmente guardato a lei/voi come a qualcuno che avrebbe potuto aiutare gli italiani e il paese a ritrovare fiducia nel potere politico come emanazione di una volontà popolare volta a tutelare il bene comune, ho dovuto presto ricredermi: le parole usate dal professor Monti al momento dell’insediamento non hanno da subito trovato riscontro coerente con le cose che poi avete portato avanti.
Ho invece sempre di più l’impressione che sia/siate lontana/i anni luce da quello che la gente, gli italiani vivono e che neppure ve ne accorgiate abituati come siete a condurre la vostra vita al riparo da tutte quelle incombenze che complicano la vita ai più e che, anche senza l’attuale crisi, devono non solo fare i conti sul come arrivare a fine a mese, ma anche destreggiarsi per riuscire a fare tutto quello che una comune esistenza oggi richiede se non si hanno colf, portaborse, baby sitter e aiuti vari a disposizione.
Non c’è né astio né invidia nelle mie parole, ma fastidio sì. Sono infastidita e urtata dalle vostre belle parole sull’equità e sulla giustizia sociale quando poi non avete avuto il coraggio di introdurre una tassazione sui patrimoni e, cosa che avrei saputo fare anch’io che sono laureata in filosofia, avete continuato a prendere dove era sicuro che si poteva: dalle tasche dei lavoratori dipendenti, gli unici che certamente le tasse le pagano tutte.
Vi sembra giusto? Sinceramente, potete pensare che lo sia? Io sono insegnante di scuola media e sto insegnando ai miei ragazzi, sempre molto attenti alle preferenze e alle presunte ingiustizie,che non c’è cosa più iniqua che valutare tutti con lo stesso metro perché ciascuno deve essere valutato in relazione alle sue capacità e possibilità e lo capiscono. Perché voi agite come se tutti gli italiani fossero ricchi in uguale misura? Sapete che per un lavoratore dipendente che vive del suo stipendio (tra i più bassi d’Europa) è complicato condurre una vita dignitosa? E nella vita dignitosa ci metto anche il diritto a divertirsi e ad acculturarsi. Io credo che non lo sappiate, o meglio che non lo sappiate nel senso che, siccome per sapere bisogna provare, voi non avete idea di cosa voglia dire.
E allora ecco spiegata la distanza con cui parlate e pontificate, con cui decidete delle vite degli altri (sì cara signora Fornero, perché quello che lei ha fatto con la manovra sulle pensioni è stato proprio questo, della mia vita ha deciso: sono del 1952, appartengo al gruppo della cosiddetta quota 96, pensando ad una pensione imminente ho rinunciato a fare il concorso da preside, sapendo di avere ancora tanto tempo da passare nella scuola certo ci avrei provato!)
La distanza, la scarsa umanità e vicinanza ai problemi delle persone che vi caratterizza altro non è se non la chiara manifestazione della vostra appartenenza a un gruppo che non solo non sa, ma anche non sente per umana compassione (nel senso letterale del termine che significa capacità di sentire in modo condiviso) quello che altri simili, altri cittadini altrettanto degni di questo nome, sentono o provano.
Vede, vorrei vedere lei e i suoi colleghi vivere la vita di un operaio, di un impiegato, di un insegnante; dignitosa, seria e pagata poco da sempre e da ora precaria, incerta, con il timore di vedere i propri figli, non importa quanto meritevoli e pluri laureati, arrancare alla ricerca di un lavoro con la prospettiva di un futuro vago e indefinibile davanti a sé.
Dispiace vedere che ancora conta più di chi sei figlio che quello che sai fare, ho sbagliato, dovevo dire non “ancora”, ma “sempre di più” perché se fino ad oggi da una generazione all’altra è stato possibile progredire (mio padre e mia madre non avevano potuto studiare e noi figli sì) da ora in poi le classi sociali potrebbero trasformarsi in caste, ovvero classi sociali chiuse senza possibilità di cambiamento nello status sia economico che di istruzione e quindi con una possibilità sempre più ridotta di contare davvero nelle scelte decisionali.
Voi rappresentate sostanzialmente un governo di classe e sono convinta, tuttavia non senza stupore, che riteniate davvero di operare per il bene comune. Il bene di chi, vi chiedo, di quali cittadini? Ve lo domandate?
Inoltre: si dice che bisognava adeguarsi ai livelli europei per quanto riguarda pensioni e normativa sul lavoro, d’accordo, ma perché non bisogna adeguarsi invece all’Europa anche per quanto riguarda gli stipendi e l’insieme del welfare, di tutti quei servizi che restituiscono ai cittadini i loro sforzi e le loro fatiche sotto forma ad esempio, di prestiti da parte dello stato ai giovani che vogliono laurearsi (per di più in ottemperanza al dettato costituzionale) oppure di asili nido e scuole dell’infanzia in numero adeguato rispetto alle esigenze? Ritorniamo sempre al modo improprio con cui usate il concetto di equità, anche in questo caso il riferimento all’Europa va bene solo quando si tratta di prendere e non di dare! E poi, avete pensato che se le persone lavoreranno fino a 70 anni verrà a mancare un sostegno fondamentale per le famiglie giovani? I nonni non avranno infatti più il tempo per riempire quei “buchi” derivanti dai tempi diversi di ciascuna occupazione rispetto a quelli dei diversi ordini di scuola (e pensando a nidi e scuole dell’infanzia, poi, là dove esistono, perché la loro distribuzione non è di certo omogenea in ogni regione italiana!) Ma sicuramente ci avrete pensato e avrete un piano per rispondere a queste esigenze, perché solo pochi possono permettersi aiuti privati.
Voglio ancora soffermarmi sulla questione delle pensioni e mi scuso con tutti gli altri dipendenti se mi dedico al mio ambito lavorativo, ma è solo perché lo conosco meglio e spero invece che altri raccontino e parlino della situazione che riguarda loro e la categoria a cui appartengono perché si devono sapere le cose nella loro specificità e realtà.
Avete deciso unilateralmente di cambiare le carte in tavola non tenendo in alcun conto i diritti acquisiti dei lavoratori senza preoccuparvi di nulla, ma ci sono questioni che bisognerà approfondire: avete ad esempio pensato che sarebbe giusto restituire il denaro (con gli interessi maturati ad oggi) a tutti coloro che hanno riscattato gli anni di università per il raggiungimento delle cosiddette quote relative alle pensioni di anzianità? Io e come me altri miei colleghi abbiamo versato somme consistenti per questo riscatto che ora non ci servirà a nulla, poiché avete abolito “l’anomalia” delle pensioni di anzianità. Bisognava farlo? Forse, magari con una gradualità che non sconvolgesse le aspettative delle persone rispetto al futuro immediato! Ridateci almeno quel denaro inutilmente versato che diventa un regalo visto che ci avete cambiato la normativa in corso d’opera! Sarebbe equo e, se non ci avete pensato, fatelo.
Voglio citare un’altra ingiustizia che state commettendo pur conoscendo le cose visto che era stato proposto un emendamento in tal senso nel decreto mille proroghe. L’emendamento del PD che è stato cassato, prevedeva per gli insegnanti lo spostamento al 31 agosto della data di verifica del possesso dei requisiti per fruire del sistema pensionistico precedente alla riforma Fornero. La ragione è che per gli insegnanti esiste una sola finestra in uscita, al primo settembre di ogni anno, proprio per la caratteristica organizzativa dell’anno scolastico, che non coincide con l’anno solare e che non consente il pensionamento durante il percorso annuale. Proprio per questo le normative sul pensionamento avevano sempre fatto riferimento alla data del 1 settembre e mi chiedo se lei ha approfondito la questione, che già portava a qualche svantaggio rispetto agli altri dipendenti anche prima, o l’ha ritenuta irrilevante? Credo che sarebbe equo intervenire anche su questa vera disparità di trattamento .
Sinceramente non credo che mi prenderà in considerazione, ma mi restano le parole perché non c’è partito oggi in Italia da cui io mi senta rappresentata, esercito quindi un diritto in cui continuo a sperare e che appartiene al significato vero della politica che nulla ha ormai a che fare con i partiti.
Concludo la mia filippica con un invito che è volutamente una provocazione: venga signora Fornero a insegnare per un po’ di tempo alle scuole medie, mi dirà alla fine dell’esperienza se continuerà a pensare che se ne possa avere l’energia necessaria anche fino a 67 e più anni!
La saluto cordialmente
Professoressa Nadia Lusetti

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