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"Scrutini, bocciare non serve", di Alessandra Ricciardi

La classe come comunità resta. Ma può essere superata durante l’anno attraverso percorsi trasversali, finalizzati ad aiutare i ragazzi in difficoltà e anche quelli che hanno invece livelli di apprendimento più alti. La ricetta, già in uso presso alcuni istituti, «dovrebbe essere portata a sistema, per mettere a frutto le competenze e le potenzialità di tutti», dice Elena Ugolini, sottosegretario all’istruzione. E per evitare di dover bocciare, «perché bocciare molto spesso non serve». A pochi giorni dalla rilevazione sugli scrutini di fine anno, la Ugolini ammette che l’aumento percentuale del numero dei promossi, dello 0,4% alle medie e dell1,2% alle superiori, non è statisticamente rilevante.

Domanda. Aumentano i promossi. C’è chi parla di una scuola tornata ad essere più lassista.

Risposta. Non possiamo mettere in dubbio che gli scrutini siano veritieri, significherebbe dire che i docenti hanno smesso di essere tali. E poi le percentuali di aumento non sono statisticamente rilevanti, è un aumento minimo che non segnala un cambiamento di tendenza significativo.

R. Eppure, lo stato risparmia centinaia di milioni…

D. Non credo che i docenti nel decidere se promuovere o no abbiano in mente che così lo stato risparmia. Molti ragazzi piuttosto devono recuperare dei debiti, e stanno seguendo i corsi attivati dalle scuole.

D. Ma bocciare serve?

R. É dimostrato che non serve a nulla, lo testimoniano le ricerche dell’Invalsi condotte dal 2008 in poi, se con cambia l’offerta della scuola e di conseguenza l’interesse del ragazzo: lo stesso anno, ripetuto uguale a se stesso, non dà nulla in più, è l’anticamera dei neet, i ragazzi che non studiano più e non lavorano. É utile invece se non si ripetono gli stessi errori, da parte degli alunni, ma anche di genitori e insegnanti .

D. Spaventa il gap che esiste tra medie e superiori. Che succede?

R. Alle superiori vengono fuori i problemi accumulati nel primo ciclo. E c’è un approccio dei prof che a volte disorienta i ragazzi. Noi stiamo rivendendo le indicazioni del primo ciclo, e lo scopo è proprio quello di individuare i traguardi essenziali che occorre raggiungere alla fine della scuola primaria e secondaria di primo grado. E intendiamo poi rafforzare la formazione dei docenti, perché sappiano intercettare i bisogni dei ragazzi sulle discipline fondamentali.

D. Tutti parlano dell’importanza della formazione in servizio, salvo poi ridurre i fondi.

R. Le risorse ci sono, non vanno disperse. Dobbiamo utilizzarle in modo preciso, per priorità.

D. Le bocciature colpiscono soprattutto i primi due anni delle superiori, e questo è un trend consolidato.

R. É necessario agire con prontezza, individuando già nel primo mese le difficoltà e i bisogni dei ragazzi. E poi ragionare attraverso moduli flessibili di insegnamento.

D. Che significa, abbandonare la classe?

R. No la tradizione del gruppo-classe come gruppo comunità va mantenuta, aiuta a crescere grazie alla ricchezza delle differenze. Ma si possono avere interventi personalizzati trasversali, attraverso lo strumento della flessibilità e dell’autonomia didattica, che già oggi molti utilizzano. Va portato a sistema. Così da creare all’interno di più classi gruppi differenziati per livello di apprendimento. Un po’ come avviene nei corsi di lingue E lo si può fare utilizzando gli stessi docenti su livelli diversi, incrociando così le classi.

D. I livelli di bocciatura più alti sono registrati nei tecnici e nei professionali. Restano una formazione di serie B?

R. Sono fondamentali per la ripresa economica, ma vanno rimessi in sesto. Stiamo lavorando a nuove linee guida che rendano omogenei i livelli della formazione sul territorio attraverso la sinergia tra imprese, scuola e università.

D. Le linee guida non sono ancora passate al vaglio della conferenza stato-regioni. Ce la farete per il prossimo anno?

R. Spero che vadano in conferenza per agosto, ma comunque noi già ci muoviamo in piccolo. Siamo riusciti per esempio a trovare, attraverso la camera di commercio, le attrezzature necessarie per il laboratorio di moda dell’istituto Falcone-Borsellino di Brindisi. Certo, il tempo è quello che è.

da ItaliaOggi 17.07.12