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"La lotta dei ricercatori: ci vogliono cancellare", di Maria Grazia Gerina

Stralciare dalla «revisione della spesa» pubblica almeno i tagli agli enti pubblici di ricerca. Il ministro Francesco Profumo, che ieri ha ricevuto i presidenti degli enti controllati dal Miur, assicura che proverà a correggere il tiro. Quei numeri, decisi a Palazzo Chigi, hanno fatto fare un salto anche a lui. «Ma sanno che la corrente che ci vogliono tagliare ci serve per gli acceleratori di particelle?», si inalbera Barbara, 42 anni, ricercatrice ex precaria dell’Infn, assunta da due anni. Una delle ultime “fortunate”. Si fa per dire. Se le cifre della spending review non saranno corrette, come dice il presidente dell’Istat, si fermerà tutto. E anche gli enti più “virtuosi” si trasformeranno in enti inutili, avvertono a voci alterne i presidenti, convocati dal ministro (già prima della spending review) per discutere come ristrutturare (altrimenti) la spesa, i sindacati, Flc Cgil, Cisl e Uil, che ieri sono stati ricevuti a viale Trastevere, e i ricercatori che fin dal mattino si sono dati appuntamento davanti al ministero. Sulla scalinata, sotto il sole abbacinante. Flavio e Roberto, precari dell’Infn (24 milioni di tagli su 241 di finanziamenti), non hanno ancora trent’anni. E sognano di poter fare per il resto della vita quello che fanno adesso: ricercare le prove della «particella di dio». Roberto ha partecipato a uno dei progetti che ha portato alla scoperta del «bosone di Higgs». Flavio studia gli effetti della nuova fisica attraverso i «decadimenti rari». Quando parlano dell’anno appena trascorso al Cern di Ginevra, grazie all’Infn, si illuminano. «Lì sono tutti giovani, l’età media dei ricercatori è più o meno la nostra». In Italia, invece, essere giovani è quasi una colpa. Il lavoro flessibile andrebbe pure bene. «Ma in Svizzera venivamo pagati 3 volte e mezzo di più». Qui, guadagnano 1400 euro al mese. Come assegnisti di ricerca. E rischiano tra qualche mese, di dover seguire i loro colleghi già fuggiti all’estero: «Che altro puoi fare quando sai che non entrerai mai, che non ci saranno più concorsi?». L’ultimo è stato due anni fa. Loro non avevano ancora i i titoli per partecipare. «Sono entrati in trenta, il più giovane aveva 34 anni». Raffaele, sismologo, all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ci è entrato 12 anni fa: adesso ne ha 41 ed è sempre precario. Uno dei 400 precari che reggono sulle spalle ricerca, rete di monitoraggio sismico, controllo dell’attività vulcanica. Invece di un allargamento della pianta organica, che ora è di 584 posti per 1000 dipendenti, come tutti gli enti di ricerca all’Ingv si ritrovano a fare i conti con il taglio del 10% e con un turn over, che non potrà superare il 20% per altri due anni. «Il Pdl ha persino fatto una interrogazione: a che servono tante persone se i terremoti non si possono prevedere?». Per i precari: tutti a casa? «Ma il ministro Profumo che rimprovera alla ricerca di non essere competitiva sui fondi europei lo sa che molti di noi hanno procacciato milioni di fondi Ue?». Qualche metro più in là, i ricercatori dell’Isfol (5 milioni di tagli su 35 di trasferimenti) discutono con il segretario del Pd di Roma, che si dice pronto a sostenerli: «Se non vi opporrete a questi numeri, nessuno vi voterà più», avvertono loro. «E poi basta con questa storia che siamo giovani», sbotta una senior del precariato: «Ho 40 anni, lavoro da più di dieci all’Isfol: per il mercato del lavoro se dovrò ricominciare da capo sono già vecchia».

L’Unità 13.07.12