«Massima disponibilità» ma Bersani è fermo: la spesa sociale non si tocca. Incontri, al momento, non sono stati fissati: Pier Luigi Bersani non sa ancora se e quando vedrà il presidente del consiglio per discutere insieme a lui di spending review. Le cose di cui parlare ci sarebbero, perché il paletto fissato dal segretario dem (d’accordo sulla lotta agli sprechi, ma niente tagli alla spesa sociale) confligge oggettivamente con quello che si sa dell’impostazione del governo, ovvero i tagli alla spesa sanitaria e lo sfoltimento dei dipendenti pubblicità temi la cui portata sociale è evidente, tanto che un sindacato tradizionalmente radicato nel pubblico impiego come la Cisl ha già dato l’altolà al governo.Negli ambienti del segretario si parla di «massima disponibilità» di Bersani a discutere della razionalizzazione della spesa pubblica (ad esempio dando un giudizio positivo sull’obbligo di passare per la Consip per gli acquisti), ma il paletto sulla spesa sociale viene piantato con una certa fermezza. L’occasione per stabilire i limiti della disponibilità dei democrats a sostenere l’esecutivo anche su questa nuova operazione (Monti ha affermato che «non sarà una manovra»», ma l’entità e l’impatto rischiano di rendere la spending review qualcosa di molto simile al tipico strumento di correzione dei conti pubblici) è stato il “web talk” condotto dalla direttrice di Youdem Chiara Geloni: qualcosa di un po’ diverso rispetto alla classica conferenza stampa per la platea dei giornalisti invitati, che dovevano essere anche dei blogger. «Una bella esperienza », ha detto poi il segretario.Sulla tradizionalissima carta stampata il responsabile economia del partito, Stefano Fassina, si incaricava di proporre un’altra indicazione, più che altro di metodo: intanto lamentando l’assenza di «qualsiasi interlocuzione» preventiva sui provvedimenti da prendere; poi sullo strumento legislativo che, secondo Fassina, sarebbe stato meglio non fosse un decreto, magari accompagnato dall’«ennesima fiducia». Ci si muove dunque con decisione ma anche con molta attenzione, per tenere alta la guardia senza tuttavia chiudere la porta, dato che poi le norme proposte dal governo passano in parlamento con i voti del Pd. Di certo si tiene conto di posizioni come quella espressa da Carla Cantone, segretario dello Spi-Cgil, secondo la quale «con ulteriori tagli al welfare e alla sanità si andrebbe incontro alla “Caporetto” dello stato sociale del nostro paese, e un numero spropositato di anziani si ritroverebbe senza alcuna forma di assistenza socio-sanitaria».
I sindacati tengono ancora aperto uno spiraglio, dicendo di voler aspettare le decisioni di venerdì prima di proclamare lo sciopero, ma dalle prime dichiarazioni dei tre segretari traspare una certa irritazione. E un presidente di regione come Enrico Rossi parla di «mazzata inaccettabile » sui servizi sanitari. Sindacati, amministratori (durissimo anche il presidente dell’Anci Graziano Delrio): un quadro che i dem tengono in considerazione e corrobora i forti timori che, al di là della denominazione, si tratti di una manovra correttiva di quelle toste, difficile da far digerire dal proprio elettorato.
Anche l’esecutivo sembra rendersi conto che il percorso parlamentare potrebbe essere accidentato, visto che ieri sera ha incontrato i capigruppo di maggioranza.
da Europa Quotidiano 04.07.12