Dove mai va a cacciarsi la filantropia, e il vagheggiato recupero degli erranti al vivere civile. Apprendo con divertito stupore che il governo brasiliano ha preso una singolare iniziativa a beneficio dei carcerati. Si chiama pomposamente «Redenzione attraverso la lettura» e appare così articolata: quattro penitenziari saranno dotati di mille libri ciascuno; ogni detenuto potrà prenderne in prestito uno al mese; sarà poi interpellato da una apposita commissione e, in caso di parere positivo, otterrà uno sconto di pena di quattro giorni, che diventeranno 48 in un anno. L’esperimento, promettono, potrebbe estendersi a tutte le carceri del Paese.
Scartiamo l’idea che il progetto possa servire allo sfoltimento dei detenuti o a qualche sostegno delle case editrici fornitrici della materia prima. Ma con quali criteri saranno scelti i libri da concedere in lettura? Si terrà conto del loro contenuto più o meno edificante e magari della loro taglia fisica? Applicarsi al Don Chisciotte conterà più, anche in termini di peso, che scorrere i salgariani Misteri della giungla nera? Altre tuttavia, e ben più severe, sono le obiezioni che si possono avanzare. Innanzitutto la discriminazione tra i carcerati che sanno leggere e gli analfabeti, compresi quelli di ritorno, che popolano presumibilmente in grande maggioranza gli istituti di pena.
Possibile che proprio il governo progressista di Dilma Rousseff si accolli questa macchia? Non sembra poi ragionevole assegnare al libro un carattere costrittivo (se leggi, ti premio) tale da compromettere l’eventuale riuscita pedagogica e il senso stesso dell’operazione. D’altra parte, la disposizione alla lettura non comporta di per sé redenzione. Esistono fior di lestofanti, e perfino criminali, che sanno leggere, e anche scrivere. Ne è buon esempio, e proprio nel Brasile che gli ha concesso asilo, il pluriomicida Cesare Battisti, autore, dicono, di apprezzabili romanzi polizieschi (che saranno offerti magari in lettura a malviventi di minor fortuna).
Questo non vuol dire che non sia auspicabile rifornire le prigioni di mille e mille volumi, offrendo una possibilità di svago e di crescita, intellettuale e morale. Per chi vuole approfittarne, senza che i libri siano ridotti a pretesto per una, comunque modesta, attenuazione della pena, a strumento di una indimostrabile espiazione. In fin dei conti, non solo le vie dell’inferno, ma anche quelle dell’improvvisazione volontaristica e ideologica, sono lastricate di buone intenzioni.
La Stampa 01.06.12