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"La destra in trincea", di Giovanni Valentini

Sono persone prive di scrupoli, affaristi spregiudicati. La mossa ampiamente annunciata con cui il centrodestra ha fatto mancare ieri il numero legale, nella seduta della Commissione di Vigilanza che avrebbe dovuto nominare i nuovi consiglieri di amministrazione della Rai, è uno schiaffo al governo Monti che ha già designato il presidente e il direttore generale. Ma è soprattutto un’offesa alla tv di Stato, al pluralismo e alla libertà d’informazione. E anche l’ennesima, spettacolare, indecente rappresentazione di quel conflitto di interessi che spinge tuttora Silvio Berlusconi ad anteporre la sua azienda al Paese, gli affari privati agli obblighi e ai doveri pubblici.
Per fare qualche esempio facilmente comprensibile, è come se il proprietario della Coca-Cola impedisse di rinnovare il board della Pepsi-Cola. Come se il presidente della Bmw bloccasse il ricambio al vertice della Mercedes. O ancora, per usare all’inverso un paradosso di casa nostra, è come se Montezemolo e Della Valle paralizzassero le Ferrovie dello Stato per favorire i collegamenti del loro treno Italo.
È improbabile che Berlusconi voglia tirare la corda fino a tirare il collo al governo Monti, a provocare cioè una crisi per andare alle elezioni anticipate. Ma, in questa situazione, nessuno può onestamente escluderlo. Più verosimilmente, il centrodestra punta all’obiettivo minimo di prorogare il consiglio di amministrazione uscente per congelare la Rai e anestetizzare così l’informazione pubblica.
Evidentemente, un’operazione del genere non è politicamente neutra. Oltre a danneggiare il servizio pubblico – cioè il concorrente diretto di Mediaset – e quindi tutti i cittadini e i telespettatori, la
prorogatioserve
a mantenere il controllo diretto della tv (e della radio) di Stato, fino alla prossima scadenza elettorale. Prima o poi, arriverà anche per il centrodestra il momento della verità e ora per allora può far comodo intanto mettere il bavaglio ai giornalisti scomodi o magari metterli direttamente alla porta.
L’informazione, del resto, non fa rima con l’indipendenza. E allora, perché sostituire una “signora di latta” come la direttrice generale in carica, Lorenza Lei, con una “signora di ferro” come la presidente designata Anna Maria Tarantola? Proprio a lei dovrebbero essere conferiti, infatti, i poteri straordinari per risanare il carrozzone di Stato, nominare nuovi direttori di rete e di testata, riportare magari in Rai Roberto Saviano o Michele Santoro.
Altrimenti, al professor Monti non resta che la strada obbligata del commissariamento. Non più di fatto, ma di legge. Senza neppure disturbare qualche docente della Bocconi. Forse basterebbe affidare a un collegio di revisori esterni un controllo contabile sull’ultimo bilancio della Rai, per trarne – come si suol dire – tutte le debite conseguenze.

La Repubblica 27.06.12