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Le donne nella crisi

Il racconto del seminario delle Donne democratiche con Linda Laura Sabbadini , Direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali Istat e Magda Bianco , Servizio Studi di struttura economica e finanziaria Banca d’Italia. “Non si esce dalla crisi con le politiche finora adottate. E’ unanime il consenso nelle sedi istituzionali sulla necessità di una vera partecipazione delle donne alla sfera pubblica, politica, amministrativa, eppure questo stesso consenso viene a mancare in fase decisionale” così Roberta Agostini introduce il seminario che ci porta a guardare dentro questa crisi, a vedere come le donne la stanno attraversando.

Il rapporto annuale dell’ Istat , illustrato da Linda Laura Sabbadini che ne dirige il Dipartimento statistiche sociali e ambientali, analizza la situazione partendo dalla crescita dell’ occupazione femminile registrata dagli anni 90 al 2008, crescita concentrata però al Centro Nord, situazione che si modifica e si aggrava con la crisi del 2009, che vede aumentare la disoccupazione quanto la qualità del lavoro femminile, mentre si registra un alto dato di inattività soprattutto al Sud, che allarga il divario sul territorio . Mentre diminuisce l’occupazione femminile qualificata, cresce il part-time , principalmente involontario, aumentano i fenomeni di segregazione orizzontale e verticale e il sottoutilizzo del capitale umano. Non va meglio per le straniere , soggetto più vulnerabile, sebbene il tasso di occupazione sia più alto delle italiane, è diminuito maggiormente con la crisi, e la qualità del lavoro svolto è peggiore.

Non sorprende la conferma di una situazione asimmetrica all’interno della coppia per quanto concerne il lavoro di cura e la partecipazione al reddito , e le differenze di genere su tutte le fasce per i redditi da lavoro. In un paese come il nostro, a mobilità sociale bloccata, le donne investendo sull’istruzione riescono meglio degli uomini a infrangere le barriere di classe, ma se arrivano a laurearsi più e meglio dei colleghi maschi, vedono svanire i frutti del loro impegno all’ingresso nel mondo del lavoro.

La Sabbadini individua in questa situazione una grossa criticità che definisce ormai strutturale, in un sistema come il nostro il cui welfare poggia esclusivamente sulle donne. Il sovraccarico lavorativo cui le donne sono sottoposte, l’aumento dell’età pensionabile, la mancata conciliazione, in una prospettiva che è già attuale e che non dà risposte ai soggetti che si avvalgono della cura delle donne e di servizi sociali che inesorabilmente al Sud sono già diminuiti, disegnano un panorama nel quale il contributo informale delle donne non potrà più essere garantito.

Il rapporto della Banca d’Italia “Diseguaglianze di genere in Italia: evidenze, ragioni, politiche” presentato da Magda Bianco , che lo firma insieme a Francesca Lotti e Roberta Zizza , aggiunge altri e complementari dati, dal divario retributivo a parità di requisiti che si fa ancora più evidente nelle posizioni di vertice, alla maggiore difficoltà di accesso al credito per le imprese femminili. Si ipotizza che il raggiungimento dell’obiettivo di Lisbona, il raggiungimento del 60% di lavoro femminile porterebbe a un aumento del PIL del 7% , mentre la presenza di donne nei consigli comunali – secondo un “esperimento” di Bankitalia – porta a una modifica della spesa pubblica e abbassa la corruzione.

Lo studio prende in esame le cause che determinano questa situazione, dalle differenze nel campo dell’ istruzione (le donne continuano a prediligere studi umanistici) ai fattori culturali che agiscono negativamente nell’accesso al mondo del lavoro (viene subordinato il lavoro femminile a quello maschile, ricade sulla donna il lavoro di cura), alle difficoltà di conciliazione all’interno della coppia e della famiglia.
Da non sottovalutare il peso che la discriminazione implicita produce su test o prove in sede di avanzamento di carriera, o semplicemente di assunzione, dall’orientamento fortemente competitivo, sfavorevole per le donne, o da altri fattori. L’audizione al buio per un’orchestra ha portato all’aumento del 30% di donne.

In ambito territoriale si registrano politiche molto differenziate, con il Sud che fatica ad applicare piani nazionali e persino a utilizzare le risorse dell’Unione europea, e alcune regioni del centro-Nord (Umbria, Emilia Romagna) che raggiungono risultati di chiusura del divario totali.

In campo fiscale , sembra evidente che le detrazioni per familiari a carico scoraggino le donne con bassa professionalità e le famiglie a basso reddito, mentre un eventuale credito d’imposta per le famiglie in cui entrambi lavorano potrebbe servire da sprone per l’occupazione. In conclusione, l’esigenza che si evince è di costruire politiche complementari, coerenti e strutturate, evitando il rischio di singole azioni che potrebbero persino rivelarsi dannose.

Vittoria Franco richiama l’attenzione sull’importanza delle discriminazione legate al pregiudizio, come succede nell’accesso al credito, e ricorda l’attività che le democratiche portano avanti in Senato per il lavoro femminile, e la conciliazione, che non deve servire a sostenere doppio carico, ma a dividere il lavoro di cura, mentre Rita Ghedini esorta a ricordare come la partecipazione delle donne alla vita pubblica, sociale e lavorativa non deve essere una delle politiche, ma la politica, la chiave di volta per la definizione di un nuovo modello di sviluppo, che sappia usare le politiche fiscali come strumento di cambiamento non solo economico ma anche sociale.

Cecilia Carmassi ricorda la centralità del problema del welfare , la situazione dei comuni che si sobbarcano grandi spese sociali in una situazione di tagli dei trasferimenti che al Sud diventa insostenibile. In quest’ottica la conciliazione deve diventare tema centrale, così come il cambio di prospettiva per una crescita che non sia solo produttivistica ma includa il potenziamento dei servizi sociali come opportunità di sviluppo. Per Stella Bianchi il percorso che porta all’uscita dalla crisi deve mettere al centro le donne come protagoniste di uno sviluppo innovativo e sostenibile , soggetti attivi di politiche industriali che investano su riconversione e sviluppo sostenibile, partendo dalla valorizzazione di risorse e competenze umane già in campo.

In chiusura Magda Bianco ritorna all’importanza della leva fiscale come dell’organizzazione del lavoro, che includa meccanismi di flessibilità inesplorati finora, e della questione culturale , ricordando la necessità dell’introduzione di programmi di genere nei programmi scolastici, mentre Linda Laura Sabbadini esorta a inventare strade nuove perché non sempre quelle battute hanno dato buoni frutti, “trasformare la crisi in opportunità significa abbandonare le soluzioni simboliche e adottare interventi efficienti quanto oculati in termini di ritorno, come sugli aspetti culturali, che sono a costo zero”.

“La ripresa sarà segnata da come verranno affrontate le diseguaglianze descritte nei due rapporti. Ripartire dalla domanda di servizi per ridisegnare un nuovo modello di società e di sviluppo; allentare il patto di stabilità per edilizia scolastica, ospedali, beni comuni ; esplorare un nuovo patto fiscale ; affrontare l’enorme problema culturale , includendo il lavoro , argomento tradizionalmente escluso dalle riflessioni delle donne, e infine fare rete per sostenere più e meglio le donne che lavorano nelle istituzioni”. Così Roberta Agostini chiude questa giornata di lavoro ricordando che il Partito democratico sta avviando un percorso di ascolto che andrà avanti nei prossimi mesi e che porterà il punto di vista delle donne italiane sulla società per stabilire un nuovo patto di relazione fra i generi di cui c’è urgente bisogno.

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