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“Se ai giovani chiediamo le risposte alla crisi”, di Francesco Piccolo

È molto interessante la scelta delle tracce dell’esame di maturità di quest’anno. In pratica, vengono coinvolti direttamente i maturandi. Si parla di loro, e del loro futuro. E il tema sulla crisi economica, incentrato sulle conseguenze cadute sul lavoro, è stato scelto dalla larga maggioranza degli studenti. Vuol dire sia che l’interesse per l’argomento è molto vivo (e ci mancherebbe) sia che probabilmente tra le esercitazioni preparatorie era senz’altro affiorato. Affrontare il tema della crisi significa mettere in campo varie possibilità: autobiografiche, generazionali, stereotipate oppure originali — e le differenze avranno caratterizzato le singole scelte. Ma la caratteristica complessiva delle tracce di quest’anno è stata quella di mettere gli scriventi direttamente di fronte ai loro problemi, sia esistenziali (la frase famosa di Nizan che spazzò via per sempre l’idea di un’età superficiale e allegra) sia socio-economici. Metterli di fronte a quello che si prospetta all’uscita dalla carriera scolastica. Un bel coraggio, un segno forte — ma ambiguo, perché è allo stesso tempo una sorta di resa davanti ai numeri, e una spinta propulsiva alle soluzioni alternative.
Il tema sui giovani e la crisi ha richiesto ha ottenuto un gran numero di preoccupazioni: prima di tutto ha informato i maturandi, cioè coloro che stanno per affacciarsi alla vita lavorativa, che lavoro ce n’è pochissimo, e lo ha fatto in modo frontale; probabilmente lo sapevano già, ma il brano tratto da un articolo di Sensini sul Corriere e i dati di Istat e Censis hanno sancito lo stato delle cose in modo pressoché definitivo. In più, ha informato gli studenti che scegliere l’università, e cioè una specializzazione alta, non salvaguarderà il futuro: si avverte che sarà difficile una coerenza tra il titolo posseduto e il lavoro svolto; ha detto loro che, almeno in questo caso, la parità tra uomini e donne e tra Nord e Sud è totale, nel senso che sono tutti svantaggiati. Fin qui l’elenco delle difficoltà. L’ultimo brano, una descrizione rapidissima della vita di Steve Jobs e una sua frase, ha suggerito infine che la soluzione vera è chiudersi in un garage e uscirne con l’invenzione del secolo, che risolverebbe il problema personale in modo definitivo — e in misura maggiore della vincita al superenalotto, perché se qualcuno dei maturandi italiani diventasse Steve Jobs, aprirebbe automaticamente le porte a centinaia di migliaia di assunzioni per i coetanei. Soluzione allo stesso tempo troppo difficile, e troppo facile.
In questo, l’elenco complessivo delle citazioni è chiaro: si lamenta la mancanza di imprenditorialità giovanile e si spinge con decisione verso l’invenzione autonoma. Quindi, le voci di prima mattina, quando si sussurrava che il ministero attraverso la traccia sulla crisi avrebbe chiesto una soluzione ai diciottenni, in qualche modo aveva una sua verità, anche se soltanto implicita. D’altra parte, la composizione dei brani ha davvero un sapore rivoluzionario, perché si conclude con le parole ormai famose di Steve Jobs: «Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno già cosa voi volete davvero diventare. Tutto il resto è secondario». E qui c’è davvero il senso del cambiamento (già avvenuto da tempo, ma sancito al cospetto della generazione futura) del costume italico. Se fino a poche generazioni fa c’era la lotta tra i percorsi classici tracciati dalla famiglia, e le scelte istintive e un po’ folli dei figli — scontri epocali, finiti con sconfitte (o vittorie) in un campo e nell’altro — adesso il tema della maturità sancisce il «liberi tutti»: in una società dove il lavoro non si trova più facilmente, e soprattutto dove la sicurezza del lavoro è diventata più che labile, affiora la parità tra il consueto e l’inconsueto. Insomma, se un tempo si diceva meglio il posto fisso che fare, per esempio, il musicista, adesso si dice: le probabilità sono le stesse, e a questo punto fate quello che vi piace di più. È quello che sostiene Steve Jobs.
Fate quello che vi piace di più, almeno a livello teorico, è la conseguenza migliore della crisi. Ma un Paese che arriva a sperare nell’eccezionalità, è un Paese in crisi senza più dubbi. E infatti ha la firma di un ministero di fronte agli studenti di tutto il Paese. Si vuole che un diciottenne «maturo» sia consapevole del periodo che stiamo vivendo. Affinché la frase di Nizan, «avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita», diventi una sorta di motto dell’Unione Europea in tempo di crisi.

Il Corriere della Sera 21.06.12