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"Lavoro ed esodati Fornero accerchiata", di Massimo Franchi

Per Elsa Fornero quella di oggi sarà l’ennesima lunga giornata di fuoco. Al pomeriggio, alle 16,30, la ministra parlerà nell’aula del Senato cercando di chiarire la vicenda che più l’ha scottata, gli esodati. Ma non sarà meno facile l’appuntamento seguente: alla Camera con i partiti della maggioranza per trovare un accordo politico che sblocchi il via libera alla riforma del Lavoro. Nei giorni scorsi si è infatti dato troppo per scontato l’uso e l’efficacia della fiducia da parte del governo per arrivare ad una approvazione definitiva entro giovedì 28 giugno, come chiesto da Mario Monti per presentarsi più forte al Consiglio
europeo. Senza un accordo con Pd e Pdl (il Terzo Polo è favorevole a prescindere), anche una decisione unilaterale del
governo potrà essere fatta solo in Aula e per arrivarci prima del 28 giugno serve che la maggioranza sia compatta nel aggirare gli emendamenti, il cui termine per la presentazione è venerdì 22. Diversamente il testo approvato al Senato arriverà in Aula a inizio luglio e Mario Monti dovrà modificare i suoi piani.
Dunque Elsa Fornero dovrà scendere a patti. Ma non tutti i patti dipendono da lei. Perché molte, se non quasi tutte, le richieste dei partiti prevedono un dispendio non indifferente di risorse e
dunque il “via libera” della Ragioneria generale e del ministero dell’Economia, e quindi dello stesso Monti o del draconiano
(sui conti) Grilli. Di sicuro per il tema degli esodati queste risorse non sono ancora state individuate. E quindi oggi a palazzo Madama Elsa Fornero non potrà indicare una quota ulteriore di esodati da «salvaguardare» o «in via di salvaguardia» (come anticipato agli esodati ricevuti giovedì scorso) oltre quota 65mila (dal decreto ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). Si limiterà dunque a
quella che nel suo staff viene definita «un’operazione verità». Fornero, con la puntigliosità che le è tipica, ricostruirà «i fatti» accaduti dall’approvazione della riforma delle pensioni in poi. La famosa Relazione dell’Inps che lei chiese a gennaio e che misura in 390mila gli esodati verrà definita «un numero da universo statistico, perché tiene dentro tutti». Quel dato, per la ministra del Lavoro, va fortemente scremato, iniziando dalla categoria più cospicua: i prosecutori volontari. Nel computo di 180mila contenuto nella Relazione, secondo il ministero del Lavoro, ci sono infatti anche persone che hanno i requisiti per andare in pensione nei prossimi anni e persone “giovani” che andrebbero in pensione fra decine di anni.
Fornero dunque punterà a prendere un impegno generico, sottolineando come il decreto risolve già i problemi per i prossimi due anni, nonostante la mancata copertura, ad esempio, dei lavoratori di Termini Imerese e di tutti coloro che al 31 dicembre, pur avendo accordi firmati prima del 4, non erano ancora in mobilità. Molto improbabile che annunci un decreto risolutivo.
Dal discorso in Aula si aspettano dunque poco gli stessi partiti di maggioranza. Pd e Pdl invece avranno richieste molto precise e diversificate nell’incontro serale. Se l’idea iniziale era quella di trovare prima un accordo fra i partiti e poi, in un secondo tempo, con il governo, ieri si è capito che i tempi sono troppo stretti. Se nel Pd, come spedificato dal capogruppo Dario Franceschini, la questione esodati è considerata come discriminante per un accordo, il Pdl la ritiene molto meno importante. Per gli uomini di Angelino Alfano la vera priorità
è la richiesta di più flessibilità in entrata, partendo dalla cancellazione della norma sui 90 giorni fra i contratti. Pd e Pdl quindi si dicono disposti ad accelerare sulla riforma, ma in cambio chiedono di avere un impegno del governo per un percorso parallelo e sollecito che vada a coprire le richieste di modifica.
E se Giuliano Cazzola, relatore del Pdl, propone di far rientrare le modifiche sulla flessibilità in ingresso «nel decreto Sviluppo che tratta argomenti simili e fra poco arriverà alla Camera», Cesare Damiano, suo omologo per il Pd, continua «a ritenere indispensabile un impegno del governo per allargare gli ammortizzatori sociali, ridotti nella durata dall’introduzione dell’Aspi».
A rafforzare (timidamente) la posizione del governo arriva la presa d’atto di Confindustria. È lo stesso Giorgio Squinzi ad ammettere che il testo «non è quello che volevamo», ma il momento «è così difficile che ci allineiamo» alla fiducia. La situazione, a detta dello staff della ministra, è «delicata e i tempi sono strettissimi». Per risolverla serve una capacità politica di sintesi che finora Elsa Fornero non ha dimostrato. Starà a lei invertire la tendenza.

l’Unità 19.06.12

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“Altri cinquantamila esodati il governo rifà i conti. Servono nove miliardi” di Paolo Griseri

Il numero lo renderà noto oggi, rispondendo al Senato alle interrogazioni dei partiti. Elsa Fornero chiarirà così i motivi della clamorosa girandola di ipotesi su quanti siano davvero gli esodati, i lavoratori che rischiano di andare in pensione senza averne diritto e dunque senza poterla percepire per diversi anni. Un pasticcio che anche ieri ha attirato sul ministro del lavoro aspre critiche. L’audizione in Senato dovrebbe servire
dunque a sciogliere il mistero. Fornero parlerà a Palazzo Madama e successivamente incontrerà alla Camera i capigruppo di maggioranza per definire i tempi di discussione del disegno di legge sulla riforma del lavoro. Le due questioni, quella degli esodati e quella della riforma sono legate perché il Pd chiede che vengano risolte insieme. Secondo le indiscrezioni che circolavano ieri sera nelle segreterie dei partiti, il ministero del lavoro starebbe studiando l’ipotesi di aggiungere altri 50.000 prepensionati alla platea di coloro che dovrebbero essere salvaguardati dall’effetto della riforma delle pensioni.
Il nodo esodati è nella differenza tra le cifre del ministero e
quelle fornite dall’Inps. Semplicemente perché il ministero ha calcolato il numero di coloro che rischierebbero di perdere la pensione entro i prossimi due anni mentre l’Inps ha fornito la cifra di coloro che, anche solo teoricamente, potrebbero vedersi modificato il trattamento durante il periodo di transizione tra la vecchia e la nuova normativa, in pratica entro il 2017. Questo spiega la differenza tra il numero di 65.000 salvaguardati indicato nel decreto Fornero e i 389.000 esodati indicati dalle tabelle dell’Inps. Una differenza che avrebbe notevoli conseguenze sulle casse pubbliche: per garantire le condizioni della vecchia pensione ai 65.000 salvaguardati il governo spenderà
poco meno di 5 miliardi di euro in sei anni. Se si dovesse intervenire su tutta la platea dei 389 mila, nelle stesso periodo si spenderebbero non meno di 20 miliardi (perché non tutti gli esodati pesano allo stesso modo nel calcolo). Soprattutto, si osserva negli ambienti del ministero del lavoro, se si applicasse la tabella fornita dall’Inps si vanificherebbe della riforma delle pensioni approvata a tambur battente dal governo per fronteggiare la speculazione dei mercati sul debito italiano.
Ancora ieri dall’Inps si faceva notare che le scelte politiche le compie il governo mentre all’istituto di previdenza spetta solo il compito di fornire le cifre della platea teoricamente interessata.
Ma dal ministero del lavoro si faceva osservare che le cifre della platea, quelle che nei giorni scorsi hanno scatenato la polemica, il ministero le attendeva invano da mesi e che la tabella fornita dall’istituto guidato da Antonio Mastrapasqua «non serve a risolvere i problemi». Perché nel numero di 389.000 sono compresi 180.000 dipendenti che hanno lasciato il lavoro tra il 2009 e il 2011: nessuno sa dire quanti di loro hanno davvero contrattato un’uscita agevolata verso la pensione con le vecchie regole. In ogni caso, si fa notare al ministero, nessuno di loro rischia di rimanere senza pensione entro il 2014. Anche all’Inps si ammette comunque che dei 389.000 potenziali esodati almeno
60.000 dovrebbero aver già maturato oggi i requisiti per ottenere la pensione. Altri 65.000 sono quelli tutelati dal decreto Fornero. Dunque, al netto dei 180 mila incerti, rimarrebbero ancora da tutelare, nei sei anni, circa 80 mila lavoratori. E’ su questi che ieri e questa mattina si è concentrata la trattativa con i partiti della maggioranza. Non si tratta tanto di trovare una cifra, si ragiona nel Pd, quanto di individuare delle categorie e sapere che, comunque, sarà necessario nel medio periodo prevedere un’ulteriore
aggiustamento. Anche perché la stessa Elsa Fornero sottolineava ieri che «solo con pazienza e disponendo delle cifre necessarie è possibile capire la reale entità del problema». E quella dimensione si avrà solo «lavorando per aggiustamenti successivi», così come del resto è stato fatto per individuare il primo gruppo di 65.000 salvaguardati. Una soluzione in tempi successivi dunque avendo come orizzonte un primo gruppo di circa 50.000 salvaguardati da aggiungere ai 65.000 già salvaguardati. Se questa mediazione andrà in porto, si tratterà di spendere altri 4 miliardi nei prossimi sei anni. Oggi pomeriggio si capirà se questo sentiero stretto è percorribile.

La Repubblica 19.06.12

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