I diritti civili e di libertà sono secondari rispetto a quelli sociali ed anche alla sola, certo importantissima, sicurezza economica? Solo chi è sicuro di arrivare a fine mese può permettersi il lusso di rivendicare il diritto al riconoscimento dei propri diritti di libertà? Le argomentazioni di Fioroni contro l’impegno di Bersani a fare della questione del riconoscimento delle coppie omosessuali un tema della agenda politica del Pd sembravano suggerire proprio questo. «Le persone che incontro non mi chiedono di coppie gay e di testamento biologico… Vogliono sapere di fisco e di esodati, di occupazione e di misure per la crescita », aveva dichiarato, infatti, Fioroni, collocandosi in un’ultra-secolare tradizione di politici di ogni colore e orientamento che, di fronte alle rivendicazioni di diritti e di riconoscimento da parte di gruppi discriminati, hanno opposto questioni di priorità. Di volta in volta si tratta della priorità della questione operaia rispetto alla parità tra uomini e donne, della priorità dello sviluppo rispetto alla riduzione delle disuguaglianze, della coesione sociale, familiare, di gruppo etnico o religioso rispetto alla libertà degli individui che ne fanno parte. E l’elenco può continuare.
Occuparsi in primo luogo dei bisogni materiali delle persone può sembrare un atteggiamento ragionevole. Ma stabilire una graduatoria tra diritti di libertà e bisogni di sussistenza rischia di ridurre i primi ad un lusso di cui si può fare a meno. Non solo, comunica l’idea che i diritti civili, propri, ma soprattutto degli altri, siano materia secondaria, comprimibile a piacere, secondo le proprie priorità e non il fondamento essenziale di ogni altro diritto. È altamente probabile che gli individui e le famiglie non si interroghino ogni giorno sulle questioni dei diritti degli omosessuali, o sul diritto ad essere lasciati morire con decenza e in pace, o al ricorso alla riproduzione assistita, o a tempi di ottenimento del divorzio decenti. La sicurezza e l’insicurezza economica, come offrire ai propri figli un futuro non troppo incerto, come affrontare la fragilità della vecchiaia sono certamente temi più quotidiani. È giusto che costituiscano una parte consistente dell’agenda politica. Ma questo non significa che debbano prevalere su, o siano in alternativa alle questioni di libertà personale e civile. Un’agenda politica deve essere capace di integrare entrambe le dimensioni, soprattutto in periodi in cui l’insicurezza economica rischia di far cancellare molte altre questioni, a partire da quelle della democrazia, dei rapporti tra poteri più o meno forti e tra politici e cittadini per finire a quelle della intolleranza, della mancanza di rispetto per gli altri da sé.
Il documento sui diritti preparato da una apposita commissione del Pd sembra andare proprio in questa direzione. Esordisce, infatti, dichiarando che: «Un partito democratico non può non riaffermare che tra i diritti cosiddetti civili e quelli cosiddetti sociali e del lavoro c’è un rapporto di mutua implicazione: la natura a un tempo singolare e relazionale di ogni persona fa sì che la tutela dei primi non possa prescindere dai secondi, e viceversa». Non solo, si parla di coscienza del limite, di diritto mite, di pluralismo delle visioni etiche. La posizione di Fioroni sembra quindi isolata. Ma è proprio vero? Temo di no. Il documento, chiaramente frutto di molte mediazioni, non è stato votato dalla commissione che lo ha redatto, a motivo di forti dissensi su punti cruciali, sul modo di affrontare proprio quei diritti che Fioroni ritiene secondari, in particolare il diritto delle persone omosessuali a veder socialmente e legalmente riconosciuto il proprio diritto a fare famiglia e il diritto a rifiutare non solo le cure, ma anche l’idratazione e l’alimentazione forzata. Su questi due punti il documento, o glissa, o si avvita in una serie di dinieghi e limitazioni che riducono fortemente ogni possibilità di effettivo riconoscimento.
Dopo aver proclamato enfaticamente per diverse pagine la necessità del dialogo e del pubblico dibattito, su questi specifici punti, quelli che appunto richiedono maggiore coerenza tra proclamazione del rispetto per la persona, la sua libertà, integrità e valore, la commissione non è stata in grado di raggiungere un consenso. La decisione circa le ulteriori mediazioni e compromessi da fare è stata affidata a Bersani, o forse a qualche procedura di votazione a maggioranza. Un segno della persistente difficoltà del partito ad affrontare laicamente i diritti di libertà, non appena si esca dal sentiero stretto di quanto è acquisito tradizionalmente.
La Repubblica 19.06.12