Il Pd è stato di parola ed è riuscito a superare la prova della pluralità e della laicità sulla difficile frontiera dei diritti. Nel comitato presieduto da Rosy Bindi si è fatto un cammino straordinario di elaborazione culturale con l’ascolto e il rispetto reciproco, grazie al prezioso contributo di personalità esterne al partito. Abbiamo sperimentato cosa significa essere un partito che non vive la propria identità all’insegna dell’autosufficienza, ma che anzi avverte come indispensabile l’apertura alla ricchezza del mondo della cultura e della ricerca.
Il documento che il professor Michele Nicoletti ha redatto e che giovedì scorso, al termine dei nostri lavori, è stato consegnato al segretario Bersani è un tassello molto importante di quella nuova cultura politica necessaria a consolidare il ruolo politico e di governo dei democratici. Un tassello che è stato ampiamente condiviso, nella sua impostazione generale e nelle sue linee fondamentali. La condivisione credo sia un valore ben superiore all’unanimismo, è comune assunzione di responsabilità senza che vengano meno le distinzioni, che pure si sono registrate e che tuttavia non hanno determinato alcuna paralisi.
La nostra condivisione è infatti frutto di una innovazione e di un avanzamento della nostra riflessione sul rapporto tra individuo e stato, tra persona e comunità. Credo che questa condivisione vada valorizzata e messa a frutto nei passaggi successivi. Il documento si offre, infatti, come la cornice etico politica della successiva elaborazione programmatica e legislativa affidata ai gruppi parlamentari del Pd. La profondità del documento rischia di essere immiserita dal tentativo di declinarne le applicazioni e tuttavia sottolineo alcuni assi della elaborazione che aiuteranno i democratici ad affrontare le novità che una società multiculturale presenta, nonché i difficili problemi legati al fine vita e alle straordinarie innovazioni nel campo della ricerca sulle cellule staminali. E si potranno individuare vie equilibrate per risolvere annose questioni legate alla violenza, alla omofobia e al riconoscimento dei diritti delle persone anche dello stesso sesso che convivono, senza ledere i diritti della famiglia tutelata dall’articolo 29 della Costituzione.
Innanzitutto, sottolineo il radicamento costituzionale. Veniamo da una lunga stagione in cui le politiche del centrodestra hanno fortemente intaccato e reso più labile il nesso tra diritti civili e diritti sociali; hanno manomesso il principio di laicità dello stato e il senso della legalità. Un rinnovato ancoraggio alla Costituzione significa ripartire dalla centralità della dignità di ogni essere umano e declinare i diritti di libertà e di uguaglianza in modo sostanziale, in un’Italia multiculturale e pluralista.
Per i democratici questo significa coltivare il valore delle differenze ed esercitare la politica con senso del limite e con mitezza, nel rispetto integrale della persona, delle sue idee e delle sue aspirazioni. È un secondo aspetto importante di condivisione. Significa esercizio di laicità permanente, nella distinzione tra il piano dei valori etici e quello delle decisioni politiche.
Significa consapevolezza che sui temi eticamente sensibili, occorre rispettare i diffusi bilanciamenti che la Costituzione ci consegna, fra diritti della persona e benessere della società. È una prospettiva che supera un’idea statica dell’esercizio dei diritti per aprirsi alla consapevolezza della provvisorietà delle soluzioni raggiunte che per quanto inclusive sono sempre perfettibili.
Penso, ad esempio al rapporto tra libertà di coscienza e diritto all’autodeterminazione nella relazione di cura ed alle difficoltà che sorgono anche in alcune aree del nostro paese per effetto della obiezione di coscienza del 100 per cento dei medici che rischiano di impedire la interruzione di gravidanza. È un documento che consentirà le ulteriori elaborazioni per mettere il Pd in sintonia con larga parte del paese che ritengo non sopporti più di essere strattonato fra opposte tifoserie ma cerchi un partito accogliente e dialogante. Insomma un nuovo inizio.
da Europa Quotidiano 16.06.12
******
“Ma ci vuole più coraggio”, di Anna Paola Concia
Terminato il lavoro della commissione presieduta da Rosy Bindi sui diritti civili, ora si apre un confronto dentro tutto il Pd su un documento complesso che affronta questioni importanti per milioni di persone. È stato un lavoro in cui si sono confrontate culture, sensibilità, approcci diversi. Un lavoro ambizioso: il Pd deve essere un partito ambizioso.
È questo il punto, il documento non è ambizioso. Sintetizzando il giudizio sul corposo scritto, mi viene da dire che oltre a essere insufficiente e non chiaro, sembra elaborato con il timore di non suscitare troppi conflitti politici, più che riferirsi alla concreta realtà delle persone.
È evidente per esempio che sui diritti di uguaglianza e la presa d’atto di una società cui convivono pluralità e differenze, la sintesi sia vissuta con sofferenza, e sia poco convincente, mentre su questo le altre formazioni democratiche e socialiste mondiali hanno osato di più. Sulla parte dedicata al riconoscimento degli amori omosessuali e più in generale della regolamentazione delle famiglie omosessuali le affermazioni chiare si diluiscono, al punto di essere eteree.
Sostengo da sempre il matrimonio omosessuale e comunque l’uguaglianza dei diritti tra etero e omo. A Francoforte con Ricarda, infatti, abbiamo utilizzato l’istituto previsto dalla legislazione tedesca, che è dedicato alle coppie gay, un istituto matrimoniale al punto che la precisa funzionaria del comune non ha usato formule astruse, ma direttamente ci ha chiesto «vuoi tu sposare». Per questo ho apprezzato la nettezza delle parole di Bersani, che riferendosi direttamente a questo tipo di soluzione, ha detto che bisogna fare una legge per riconoscere giuridicamente e socialmente le coppie omosessuali.
Dentro la commissione il confronto è stato schietto a volte duro, ma per questo positivo e costruttivo. Ora consegna a tutto il partito il compito di affrontare la materia dei diritti civili seriamente, con la cura necessaria di quando si è consapevoli che queste politiche riguardano tante persone. In commissione è stato chiaro a tutti che soluzioni come i Dico sono superate e dobbiamo trovare soluzioni legislative molto più avanzate, e che bisogna chiaramente imboccare la strada giuridica del riconoscimento delle coppie gay in quanto tali.
Parità, uguaglianza, medesime opportunità per tutte e per tutti devono essere il faro per un partito che intende, essere riformista e porsi l’obiettivo di un vero cambiamento. Il documento è una carta d’intenti, traccia una strada, non ci sono proposte legislative, enuncia principi. Il paese attende da noi un passo indietro rispetto alle divisioni interne per componenti e convinzioni non discutibili, affinché sia possibile proporre leggi comprensibili, che siano sostenute da un impianto giuridico solido, dove dignità, diritti e doveri, siano limpidamente previsti. Sono certa che il mio partito comprenda la responsabilità che deve assumersi, rispondendo da una parte a pezzi vivi della società italiana che attendono trepidanti una nostra buona proposta e dall’altra contribuendo a un quadro generale di riforme umane e civili che aiuteranno il nostro paese a fuoriuscire anche dalla crisi, perché i diritti, come è noto, fanno bene all’economia.
da Europa Quotidiano 16.06.12
******
«Diritti civili, il Pd ha trovato un terreno comune», di Maria Zegarelli
«Lo definisce un «lavoro importante, un significativo passo in avanti». Michele Nicoletti, segretario Pd di Trento, ordinario di Filosofia politica nella stessa città è tra gli estensori del documento sui diritti civili varato dall’omonima Commissione presieduta da Rosy Bindi. Ma sul documento, arrivato sul tavolo del segretario Pier Luigi Bersani e destinato all’Assemblea nazionale di luglio per una discussione aperta, non c’è affatto «piena condivisione». Professore, un anno di lavoro non è bastato per trovare una posizione comune. «Cercherei di vedere in positivo il cammino che abbiamo fatto. Abbiamo scelto una strada diversa rispetto a quella di chi chiedeva un documento con una presa di posizione politica, un sì e un no, sui temi presi in esame. Abbiamo preferito la via dei principi fondamentali che devono essere terreno comune del Pd rispetto al tema dei diritti. A me sembra che, pur nella pluralità delle posizioni e delle culture, alla fine abbiamo quel terreno sia stato trovato. La discussione si è animata sulle concrete scelte legislative per tutelare alcuni di questi diritti, ma ciò che ci trova d’accordo è che il Pd è il partito dei diritti civili strettamente legati a quelli sociali».
Non le sembra un po’ poco per un partito che si definisce democratico?
«Questa è solo una tappa, non il punto di arrivo finale. Un contributo che offriamo al partito e ai circoli come piattaforma di discussione. Nessuno ha mai pensato che questo documento esaurisse il tema dei diritti. Siamo partiti da una situazione in cui nell’Assemblea nazionale si erano votati documenti che riguardavano la scuola, la sanità, il lavoro ma non questo su questi temi. Ora c’è una riflessione che si sforza di inserire i diversi problemi all’interno di un quadro complessivo e non credo che questo lavoro vada banalizzato. Abbiamo costruito un orizzonte condiviso sui principi di fondo, affrontando la violenza sul corpo, la libertà di coscienza, il riconoscimento dei diritti sulle coppie di fatto…».
Sulle unioni civili in Commissione c’è chi ha osservato che la lettera di Bersani al gay pride fosse più avanzata rispetto al contenuto del vostro documento. C’è ancora una grande timidezza per dire dei sì e dei no netti?
«Non mi sembra che ci siano timidezze. Sia la Corte costituzionale sia la Cassazione hanno escluso il riconoscimento del matrimonio, così come previsto dalla nostra Costituzione, alle coppie omosessuali. Hanno invece sancito il tema del riconoscimento delle unioni anche omosessuali e della loro tutela che spetta al legislatore. Questo il solco entro cui ci siamo mossi e a me sembra che il nostro documento sia in piena sintonia anche con quanto dichiarato dal segretario. Capisco che chi aveva posizioni diverse non si possa ritrovare nel nostro documento ma la strada che noi abbiamo scelto è stata quella di privilegiare il quadro dato dall’ordinamento costituzionale frutto dell’incontro tra culture diverse».
Quindi sono critiche ingenerose?
«Vorrei distinguere. Su questo tema è giusto che noi tutti ci incalziamo a vicenda a fare di più e meglio, ma dobbiamo darci reciprocamente atto della ricchezza dell’esperienza e la presidente Bindi ha fatto un ottimo lavoro di costruzione di un luogo di scambio e di intreccio. Non abbiamo proceduto a maggioranza ma secondo una logica di inclusione, per questo mi spiace che si dia importanza soltanto alle parti su cui possiamo avere dei punti di distanza. Ognuno di noi può avere visioni di verse ma credo sia importanti che si trovino degli orizzonti comuni».
Crede che durante la prossima legislatura riuscirete davvero a legiferare su questi temi o la crisi economica li metterà ancora una volta in secondo piano? «Penso che stavolta sia possibile farcela perché c’è una complessiva maturazione nel nostro Paese e c’è una larga condivisione del fatto che ci sia bisogno di una maggiore tutela dei diritti di ogni persona in ogni momento della sua vita. Dalla lotta alla violenza sessuale, all’omofobia, ad una piena libertà religiosa, al testamento biologico, c’è bisogno di intervenire e sarà possibile farlo anche grazie al Pd. Per questo non si deve avere solo la preoccupazione dei sì e dei no ma anche della necessità di spiegare le ragioni per costruire il consenso».
Non le sembra che il consenso fatichino a trovarlo le forze politiche al loro interno, rispetto alla maggioranza della società civile che su coppie di fatto e testamento biologico ha le idee chiare?
«È vero, ma su altri temi, dal diritto di cittadinanza, ai diritti nelle carceri, la libertà religiosa, non darei per scontato il fatto che siano dati per acquisiti tra l’opinione pubblica. Non è detto che la politica sia perennemente in ritardo, anche se abbiamo avuto una politica di destra che ha fortemente penalizzato il tema dei diritti».
Veramente neanche il centrosinistra quando è andato al governo ha legiferato su questo.
«Il Pd non è mai andato al governo, sono sicuro che quando vincerà le elezioni riuscirà laddove si è fallito nel passato».
L’Unità 16.06.12
******
Il Pd, i diritti civili e la necessità di mediare. Discutere di temi «sensibili» può essere il primo passo per una campagna elettorale più serena”, di Pierluigi Battista
Per alcuni anni i temi «eticamente sensibili» sono stati sepolti nello sgabuzzino delle cianfrusaglie irrilevanti. Bisognava neutralizzarli: erano troppo «sensibili», troppo «divisivi», troppo incandescenti. Oggi il Pd sta cominciando a liberarsi dall’autocensura.
I democratici non riusciranno a dare risposte appaganti per tutti. Ma almeno hanno il coraggio di affrontare argomenti importanti, anche se politicamente scabrosi. La politica vuole riprendersi i suoi spazi? Esca allo scoperto, dimostri che si è ancora capaci di discutere, proporre, e anche dividersi, se necessario.
Il documento del Pd sul riconoscimento delle coppie di fatto, partorito da una commissione diretta dalla cattolica Bindi, cerca di mediare tra anime culturali diverse in un partito in cui convivono cattolici e laici. Sulle coppie dello stesso sesso, il documento appare più prudente e frenato da cautele di quanto non siano state le dichiarazioni del segretario Bersani. Ma non è neanche prigioniero della «scomunica» preventiva di Beppe Fioroni, che sulla questione delle unioni tra gay ha disseppellito l’ascia di guerra (ideologica) contro il segretario del partito. Ha un senso riesumare il tema del riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso? Certo che lo ha. In tutto il mondo delle democrazie liberali questo tema è all’ordine del giorno, scavalcando schieramenti e collocazioni politiche. In Germania la «democristiana» Merkel non ha mai avuto in programma lo smantellamento delle leggi che riconoscono la convivenza tra le coppie gay. Malgrado le furiose battaglie del passato, persino nella Spagna dei Popolari non si intende provvedere alla demolizione dello zapaterismo, variante oltranzista ed estremista nella promozione dei diritti civili. In America i repubblicani non scatenano una guerra di religione contro Obama che si dice favorevole ai matrimoni gay. In Gran Bretagna è il conservatore Cameron a dirsi favorevole al riconoscimento dello Stato delle unioni omosessuali. In Italia, dopo l’incendio dei Dico, una coltre di silenzio imbarazzato è calata su questo tema, lasciandolo appannaggio di minoranze importanti ma senza la forza necessaria a imporlo nell’agenda pubblica. Oggi il Pd, e bisogna rendergliene merito, ha strappato questo velo omertoso e reticente.
Può darsi che il Pd appaia troppo timido, come pure dicono le componenti più marcatamente «laiciste» del partito. Ma un partito variegato e culturalmente ibrido, come del resto lo sono tutti i partiti di grandi dimensioni in Europa e negli Stati Uniti, non può che attestarsi su una ragionevole, dignitosa e responsabile mediazione. L’analogia può sembrare una forzatura, e in parte lo è: ma anche la legge che istituì il divorzio all’inizio degli anni Settanta fu timida e frutto di inevitabili «mediazioni», eppure per la prima volta l’Italia conobbe qualcosa di sconvolgente e rivoluzionario come il divorzio. Oggi il riconoscimento delle coppie gay può avere lo stesso valore dirompente. Il meglio è nemico del bene. Per avere la perfezione si rischia di non ottenere nulla. Una mediazione sorretta da una consapevole dignità culturale può strappare risultati decisivi anche se la lettera della proposta può lasciare perplessi e insoddisfatti.
E così anche per il tema del testamento biologico. La nettezza del «no all’eutanasia» che viene ribadita nel documento del Partito democratico può disinnescare paure e sospetti che non sono solo il frutto di pregiudizi, ma la conseguenza del potere immenso che la tecnoscienza ha conquistato sulle nostre vite e sulla stessa nostra morte. Ma una proposta ragionevole e coraggiosa che consenta ai cittadini di dire nel corso della loro vita cosciente cosa «non» vorrebbero che si facesse quando la loro vita sarà entrata nel buio dell’incoscienza senza speranza, questa proposta sarebbe una risposta giusta al totale e autoritario rifiuto della libera scelta contenuta nelle proposte avanzate in questa legislatura dalla maggioranza di centrodestra sul testamento biologico. No all’eutanasia, ma sì alla libera scelta di come vivere, di come essere curati e di come morire quando la prosecuzione delle cure sarebbe solo accanimento: anche questa mediazione permette di uscire dall’immobilismo, dalle guerre di religione, dagli oltranzismi contrapposti. Poi certo verrà il tempo della discussione, dei cambiamenti, delle rettifiche. Ma intanto il grande silenzio si è infranto. L’allargamento dei diritti civili si riprende il centro della scena. Ci sono poche speranze che la prossima campagna elettorale assuma toni civili. Ricominciare a discutere sui temi rimossi e «sensibili» può essere un primo passo.
Il Corriere della Sera 16.06.12
1 Commento