Nel 2001 è stata varata la riforma costituzionale che in materia di istruzione,oltre a riconoscere l’autonomia delle istituzioni scolastiche, implica una nuova ripartizione di competenze tra Stato e Regioni. A distanza di 11 anni, però, non è stata ancora approvata la necessaria intesa applicativa; cosí Stato e Regioni si combattono a suon di ricorsi alla Corte Costituzionale, e le sentenze colmano il perdurante vuoto politico. L’ultima di esse, giovedí scorso, riguarda il dimensionamento delle scuole del primo ciclo, ma interessa chiunque si trovi a decidere della rete scolastica sul territorio. Lo scorso luglio il governo Tremonti-Gelmini aveva previsto la costituzione di istituti comprensivi di mille alunni, con deroghe per zone di montagna e piccole isole. La Corte ha bocciato questo provvedimento, riportando i parametri ai precedenti limiti (inferiori), ma soprattutto ribadendo la competenza delle Regioni sulla programmazione del servizio. A questo punto anche le non poche Regioni che, obtorto collo, hanno già provveduto a ridefinire i piani, potranno rivederli con notevole disagio alla vigilia del nuovo anno scolastico, in particolare per l’assegnazione del personale, rimasta di competenza dello Stato. Dove i piani regionali già definiti si limitavano ad obbedire ai numeri, la sentenza consentirà una programmazione più flessibile; dove corrispondevano a parametri di efficienza territoriale, sarà sensato mantenerli. Un istituto comprensivo può nascere al solo scopo di risparmiare dirigente scolastico e direttore amministrativo e peggiorare l’offerta formativa, o invece migliorarla, rendendo effettiva la continuità didattica nella scuola dell’obbligo secondo l’originario disegno di Berlinguer; anche nel secondo ciclo, in opportune circostanze, gli “istituti superiori multi-indirizzo” possono dare stabilità all’offerta formativa e favorire occasioni di riorientamento per gli studenti. La sostanza costituzionale che questa sentenza ribadisce è comunque che allo Stato, sulla base delle compatibilità di finanza pubblica, compete la definizione dei parametri numerici delle scuole statali, che riguardano i valori medi; alle Regioni il potere di programmazione; all’intesa Stato-Regioni l’assegnazione e l’utilizzo del personale. È davvero incredibile che tale intesa, snobbata dalla Moratti e giunta quasi a compimento sotto Fioroni, sia ancora sul binario morto sul quale l’ha abbandonata la Gelmini. Sarebbe bene affrontarla al più presto, anche per evitare che ogni nuovo contenzioso metta a soqquadro la programmazione e l’organizzazione della scuola; la quale, invece, ha bisogno di tempi e risorse certe per un servizio partecipato e efficiente. A questo scopo, mentre in Parlamento si discute la riforma degli enti locali e in particolare l’unione dei comuni e la riorganizzazione delle province, sarebbe anche importante che i servizi formativi, riconosciuti “funzioni fondamentali”, rientrassero in questa complessiva azione di ristrutturazione.
l’Unità 13.06.12