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"Gli angeli del Parmigiano dalle Dolomiti alpini e vigili per salvare le forme cadute", di Jenner Meletti

Sono arrivati dalle Dolomiti per soccorrere il parmigiano. I vigili del fuoco volontari del Trentino, assieme agli alpini, aiutano le forme cadute nei magazzini come fossero dei feriti finiti in un canalone. «È come intervenire in una frana — racconta Niko Posenato, ispettore distrettuale dei vigili di Riva del Garda — solo che qui a creare pericolo non sono sassi e fango ma questi formaggi da 40 chilogrammi ». Poche parole, occhi sempre attenti: nessuno degli uomini deve farsi male. «La tecnica è quasi la stessa. Quando abbiamo
iniziato il lavoro, ci siamo imbragati e ci siamo fatti alzare da un sollevatore telescopico. Così appesi potevamo liberare le scalere più alte, senza paura di finirci sotto, in caso di crollo per collasso delle scalere stesse o per una nuova scossa. La nostra filosofia, qui nel caseificio o sulle nostre montagne, è sempre la stessa: fare presto e bene, stando attenti alla vita di tutti, la nostra compresa».
Cooperativa Le Tullie di Rolo, trentamila forme in due magazzini che il terremoto ha aperto come una scatola di sardine. Un fianco, quello che dà sulla strada, non c’è più. Quando fuori ci sono 35 gradi, dentro la temperatura arriva a più di trenta. Le grandi forme diventano unte come anguille e quelle crepate o spezzate, per il caldo, si coprono di muffa blu. Fa impressione, vedere al lavoro questi vigili arrivati dalle Alpi. Il rumore è quello di una scossa di terremoto. Una «scalera » — è lo scaffale del parmigiano durante la stagionatura — è stata messa a 45 gradi, come fosse uno scivolo per i bambini. Da
dieci metri d’altezza le forme fanno rimbombare il capannone. E così sembra di sentire anche le vibrazioni di un sisma «Non si preoccupi — dice Niko Posenato — tutto è sotto controllo. Certo, con questo rumore è difficile capire quando arriva la scossa. Ma abbiamo inventato un sistema di allarme».
L’allarme è un ragazzo che ha in mano una trombetta a gas, come quelle usate dai tifosi delle curve. E infatti c’è scritto: «Divertente per il tuo tifo allo stadio». «Io sto fermo qui — dice Luca Lodovisi — e guardo fisso le scalere. Appena vedo che vibrano o si muovono, suono la tromba e
scappiamo tutti. Per fortuna il turno di guardia dura solo mezz’ora: è noiosissimo». Fuori, sul cancello della cooperativa, ci sono due cartelli. Uno è stato scritto dai 25 soci che portano qui 150.000 quintali di latte all’anno. «Grazie ai nostri angeli», e non c’è bisogno di dire chi siano. L’altro annuncia che «Non si vende parmigiano. Non possiamo ancora recuperarlo in sicurezza ».
I vigili trentini sono un centinaio ogni turno e lavorano qui e in altri due caseifici, il Venera Vecchia di Gonzaga e il Tricolore di Reggio Emilia. Assieme a loro anche i Nuvola, Nucleo volontari
alpini, che hanno allestito mensa e alloggi. «Siamo qui da una settimana — dice l’ispettore distrettuale — e abbiamo recuperato circa il 30% delle centomila forme dei tre caseifici. Ma il lavoro è difficile. Non possiamo essere più numerosi, dentro un magazzino, perché la sicurezza non sarebbe assicurata. Per tagliare le scalere svuotate usiamo le pinze idrauliche». «Noi siamo partiti per i caseifici — dice Luisa Zoppini, dirigente della centrale unica di emergenza della Provincia di Trento — appena ci hanno chiamato. Abbiamo anche un campo soccorso a San Felice, 500 posti, e quello era pronto già il 21
maggio».
Uno strano aggeggio toglie le forme dalle scalere collassate le une sulle altre. «La macchina è. quella che si usa per spostare i tronchi di pini e abeti. Un artigiano, alle due ganasce, ha aggiunto due mezzelune che abbracciano e stringono la forma e permettono di spostarla». Per caricare i muletti si usa un’altra macchina che con una ventosa solleva e poi lascia i 40 chili di parmigiano.
«Con la prima scossa — dice Valerio Gatti, il casaro — non abbiamo avuto guai seri. Pensavamo di rafforzare il magazzino ma prima che arrivassero l’ingegnere e il fabbro, è arrivata la scossa
del 29 maggio che ha fatto cadere tutto. Questi ragazzi sono splendidi, lavorano senza sosta, e sono tutti volontari. Il caseificio funziona e noi continuiamo a lavorare 80 forme al giorno. Poi le portiamo in un magazzino che abbiamo affittato a Parma, con alti costi sia per l’affitto che per i trasporti. Ma le mucche debbono mangiare e devono essere munte tutti i giorni».
Per l’agricoltura il terremoto è stato un vero disastro. Solo a pochi chilometri da qui, al caseificio Razionale di Novi, ci sono 84.000 forme in parte cadute e ancora nessuno è entrato perché manca l’autorizzazione. Secondo i conti fatti dalla Coldiretti il parmigiano (633.700 forme colpite) ha avuto danni per 150 milioni, il grana padano (360.000 forme) per 70 milioni. Per fortuna c’è la corsa all’acquisto solidale ma i magazzini sono ancora pieni. Bisogna fare presto prima che il caldo e la muffa rovinino gran parte del prodotto. Il re dei formaggi non andrebbe bene nemmeno per le sottilette.

La Repubblica 13.06.12