Accelerare l’iter per l’adesione dell’Italia alla Convenzione europea sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e ripristinare la dotazione del Fondo nazionale per i progetti di prevenzione e repressione del fenomeno. Sono questi i principali impegni che abbiamo chiesto al governo con una risoluzione, approvata all’unanimità dalla Commissione Affari sociali della Camera. Una risoluzione unitaria, partita dalla volontà delle deputate del Pd, e costruita con lo sforzo di tutte le forze politiche, per lanciare un messaggio chiaro al governo: su questo tema è ora di aprire una fase nuova, di reale attenzione e di efficace contrasto.
L’ultima indagine Istat, risalente all’ormai lontano 2006, ha dimostrato che le donne italiane tra i 16 e i 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita sono stimate in 6.743.000. Circa un milione di donne ha subito stupri o tentati stupri e che il 14,3% delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner. Nella quasi totalità dei casi, le violenze non sono denunciate: il 96% delle donne non parla con nessuno delle violenze subite. Numeri allarmanti che chiedono risposte precise e veloci.
Nel marzo 2010 il Parlamento europeo ha approvato una relazione sulla violenza contro le donne in Europa che indica l’aspetto più critico del fenomeno: la violenza avviene spesso tra le mura domestiche, in famiglia, e quasi mai la vittima ha la forza di denunciare; solo quando la violenza arriva ai figli, generalmente, il muro d’omertà si rompe. Ma il danno indiretto recato ai bambini, nell’arco dei primi 15 anni di vita, è tale da indurre i figli a negare il desiderio di formare una famiglia e di avere una relazione sana di coppia. Una vera e propria reazione a catena che diventa emergenza sociale.
Il nostro Paese deve dare piena e concreta attuazione al Piano nazionale antiviolenza. Occorre un approccio che non si limiti solo e soltanto all’aspetto repressivo, anche se l’inasprimento delle pene e la certezza della loro applicazione sono necessari. Bisogna fare un lavoro culturale sul rispetto della persona e dei diritti umani inviolabili; scomporre l’idea, purtroppo diffusa, del corpo femminile come un oggetto in vendita; costruire politiche fondate sulla prevenzione, protezione e rieducazione e quindi proposte immediate, quali ad esempio l’inquadramento giuridico e il potenziamento dei centri antiviolenza, il ruolo centrale della Medicina di base e dei presidi sanitari, sentinelle irrinunciabili, con personale formato e strutture adeguate, per proteggere la vittima di violenza che abbia avuto la forza di rivolgersi ad una struttura ospedaliera. In questo specifico campo, particolare rilevanza assume l’esperienza dei codici rosa nei Pronti soccorsi, già operativa in alcune Asl, da estendere a tutto il servizio sanitario.
Con la risoluzione abbiamo inoltre segnalato la necessità che governo e parlamento uniscano sforzi ed intenti per predisporre rapidamente una legge organica sul tema della violenza contro le donne nella quale si definisca la violenza di genere e violenza assistita (in presenza di minori) conformemente agli standard internazionali, che contempli e coordini sia interventi di tipo penale e repressivo, sia azioni integrate volte alla prevenzione culturale e sociale del fenomeno. Per fare tutto questo si rende indispensabile tornare a dotare di finanziamenti adeguati il Fondo contro la violenza alle donne, in modo da dare copertura continuativa ai servizi, oggi aperti spesso solo grazie ai sacrifici delle associazioni.
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