In Italia si produce sempre meno e, di conseguenza, la cassa integrazione schizza a livelli senza precedenti. Il nostro Paese scivola velocemente nella classifica mondiale della produzione manufatturiera. Lo denuncia il Centro studi di Confindustria per il quale il Paese è sceso dalla quinta all’ottava posizione e la stretta dell’erogazione del credito da parte delle banche «fa mancare ossigeno all’industria». «Il baricentro della produzione manifatturiera mondiale – spiega il rapporto presentato ieri – si muove sempre più velocemente verso i Paesi emergenti. Tra il 2007 e il 2010 Cina, India, e Indonesia hanno conquistato 8,7 punti percentuali di quota. La Cina, con +7,7 punti al 21,7%, è in vetta alla classifica da un triennio, avendo scalzato gli Usa». Meno brillanti i Paesi emergenti europei: la Turchia perde una posizione, la Polonia rimane ventesima. L’Italia dal 4,5% è passata al 3,3%, un meno 1,2% molto superiore al Regno Unito (-0,9%) e Spagna (0,7%). Sulla situazione finanziaria delle imprese italiane grava anche l’ulteriore allungamento dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione: nel primo trimestre dell’anno l’attesa è salita a 180 giorni, dai 128 giorni del 2009. «In altre economie è avvenuto il contrario: i tempi di pagamento della Pa sono stati accorciati in Francia a 65 giorni e in Germania a 36 giorni». Per il Csc, inoltre, prosegua nei prossimi anni», nonostante «gli straordinari interventi attuati dalla Banca centrale europea». Tutto ciò, si spiega nel rapporto, «minaccia la stessa sopravvivenza di alcune parti importanti dell’industria italiana, proprio quando è accelerato lo spostamento di quote di produzione e di scambi globali verso i paesi emergenti». BOOMDELLACASSAINTEGRAZIONE Sempre ieri poi sono arrivati i dati sulle ore di cassa integrazione a maggio. Siamo davanti ad un vero boom, un picco che rappresenta il valore più alto da luglio 2010. Nel mese scorso infatti sono state autorizzate 105,5 milioni di ore di cassa. L’Inps sottolinea che nei primi cinque mesi dell’anno il numero delle ore autorizzate è sostanzialmente in linea con lo stesso periodo dell’anno scorso (428,3 milioni con un +0,64%) ma che questo dato è il risultato di andamenti diversi tra i comparti. Tra gennaio e maggio le ore richieste dalle aziende industriali (281,8 milioni) sono diminuite del 7,55% sullo stesso periodo del 2011 mentre quelle chieste da aziende dell’edilizia (45,9 milioni) sono aumentate del 19,8%. L’incremento più forte è stato registrato dal commercio (64 milioni di ore con un +33,7%) e dai “rami vari” (credito, enti pubblici e agricoltura) con 1,4 milioni di ore in cinque mesi e un +135,71%. Dati che preoccupano sempre di più i sindacati. In prima fila la Cgil che con le segretarie confederali Elena Lattuada e Serena Sorrentino, appena uscite dal secondo e ultimo giorno dell’assemblea delle donne Cgil, sottolineano come ci si trovi davanti ad «un aumento senza freni, che oramai prosegue da tempo, e che richiede una urgente presa di coscienza: serve una strategia di politica industriale per porre un argine di fronte al crollo della produzione industriale che ritarda ogni possibilità di ripresa. L’unico modo che si ha per fronteggiare questo autentico rischio di deindustrializzazione precoce del nostro sistema economico – attaccano le due segretarie confederali – è quello di ricorrere ad una strategia di politica industriale con al centro massicci investimenti in innovazione». La Cisl con il segretario generale aggiunto Giorgio Santini sottolinea come «l’incremento è particolarmente consistente per la Cassa ordinaria, che cresce tantissimo sia rispetto al mese precedente sia nel confronto con maggio dello scorso anno, prevalentemente nel settore industriale. Ciò testimonia in modo inequivocabile – osserva Santini – un pericoloso allargamento del perimetro delle aziende e dei settori coinvolti per effetto della recessione in atto, come confermato anche dalla crescita della disoccupazione ormai stabilmente attestata al di sopra del 10%, con punte di gravità impressionante per la disoccupazione giovanile». Per Guglielmo Loy della Uil «centinaia di migliaia di lavoratori in cassa integrazione vedono calare il proprio reddito di circa 400 euro al mese. Èevidente che è vitale una politica fiscale coraggiosa a favore di chi ha un reddito fisso».
l’Unità 07.06.12