La Germania potrebbe forse salvare l´Europa ma non ne ha voglia. La Grecia non può salvare se stessa, ma forse salverà l´Europa. Il tempo è scaduto per i sondaggi greci. L´ultimo, dell´autorevole quotidiano conservatore Kathimerini, aveva dato Syriza, la coalizione di sinistra, in vantaggio di 5 punti. Alexis Tsipras è solo di fronte all´Europa ufficiale, e anche all´intera gamma di giornali e tv greche, e in questo è la sua forza. Il 7 giugno lo aspetta un faccia a faccia col leader di Nuova Democrazia, Antonis Samaras.
Samaras ci arriva dopo aver firmato a occhi chiusi il Memorandum e provocato la caduta del governo Papandreu col miraggio di prendere la maggioranza assoluta, per uscirne con un infimo 18,9 per cento. Penso che l´alleanza introvabile di gruppettari vincerà le elezioni del 17 giugno, e che questo risultato peserà sull´Europa almeno quanto l´esito delle presidenziali francesi. Ne parlo con Vassilis Moulopoulos, portavoce di Syriza, che ha 65 anni, e fu giovane studente e militante in Italia. C´è uno che ha l´acqua alla gola. Sta affogando. “Sto affogando”, grida. Poco più su c´è un altro, l´acqua gli arriva alla vita, si volta indietro e grida: “Io non sono mica come lui”. Dietro ce n´è un altro, ha già i piedi nell´acqua che monta ma sembra non accorgersene, guarda avanti, scuote la testa e dice: “Secondo me affogheranno tutti e due”. Parecchio più dietro, all´asciutto, anzi su una veranda panoramica, un martini in mano, c´è un altro che prende il sole e non sente il chiasso di sotto: forse si è addormentato. A guardare meglio, dal primo all´ultimo, da quello con l´acqua alla gola a quello del martini, sono legati insieme: all´inizio è una catena, poi diventa una fune, poi una cordicella. Il secondo no, ma il terzo è convinto di farcela a tagliare la corda, il quarto non se ne dà pensiero, può strappare il filo e lasciare che la marea se li porti. Mettiamo che questa sia l´Europa, dal suo nord continentale alle sue pendici mediterranee. Che quel filo che finisce in una catena arrugginita sia l´Unione europea. Che quello con l´acqua alla cintura sia l´Italia, che si lascia andare un po´ per scaramanzia, un po´ per disonore, al proclama: “L´Italia non è la Grecia!” Che la signora Christine Lagarde, nata Lallouette, già ministro dell´Economia francese, coi piedi a mollo, faccia sapere di essere più commossa dai bambini del Niger, come se avesse impiegato la sua vita e il suo patrimonio a soccorrere i bambini del Niger, piuttosto che i pensionati del Pireo. Ammetterete che equivoci ce ne sono stati parecchi, da quando la marea ha cominciato a salire. Il più grosso forse è stato questo: che il soccorso dovesse venire dal signore del martini, dalla sua veranda rialzata. Ma quando solo un dio può salvarvi, cercatelo in Grecia. Che sia un dio dell´espediente: si annega tutti nella stessa acqua, dirà, ma guarderà la cosa dall´altro capo. È in quello che affoga, quello con l´acqua alla gola, la salvezza. All´improvviso, dopo aver gridato: Aiuto! e avvisato che la marea monta, quello con l´acqua alla gola si mette a battere le mani e i piedi, “Eureka”, dice, sto galleggiando, e spiega agli altri come si fa. Così, la Grecia di questo giugno, forse porta tutti a fondo, forse inventa il nuoto, e gli altri dietro.
Se ne sono sentite, sulla Grecia. Che il governo finlandese volesse pignorare il Partenone. (Che quello inglese lo restituisca, spero che Syriza non smetta di chiederlo). Non c´è edificio di Atene sul quale non campeggi la scritta: Enoikiazetai – si affitta. Più raramente: Si vende nessuno ci spera più. Cambiare vita così di colpo, succede con le guerre, o con le catastrofi naturali. Però “cambiare vita” è esattamente quello che predichiamo necessario per scampare al vicolo cieco della storia da cui veniamo e che ci affanniamo a continuare: la metànoia, per dirla col greco dei vangeli. La conversione ecologica, e di un´ecologia mentale e morale, anche. La lezione è la stessa per le persone come per le comunità: niente cambia finché non ti cade addosso la disgrazia, e puoi esserne travolto, o provare a farne virtù. L´illusione, l´esorcismo, è che si tratti della sola Grecia, o delle sole Grecia Irlanda e Portogallo, o delle sole Grecia Irlanda Portogallo Spagna e Italia, e così via. Una periferizzazione del continente (e del mondo) risale verso il centro e lo accerchia. È amaro ammettere che i passi verso il cambiamento necessario siano stati fatti più dal centro che da quella periferia, che così si è tirata addosso il disprezzo dei forti. La Germania lascia il nucleare e moltiplica le sue reti elettriche alimentate dal vento del nord. Ma la salvezza della periferia sta nel ripensarsi secondo quella conversione necessaria: i miracoli economici tengono dietro alla guerra, e qui c´è una crisi che vuole somigliarle. Gli avversari di Syriza, i partiti obbedienti cui l´Europa delle banche confida la stabilità, sono quelli che hanno portato a questo punto, e i loro cittadini li disprezzano. Se voteranno Syriza, non sarà solo per maledire le circolari europee, ma per la speranza di ricominciare da una strada nuova. Fanno impressione, i greci. Sono poveri, davvero. Quelli che guadagnavano poco, e ora pochissimo: pensioni dimezzate a 400, 300 euro, da tagli capricciosi. E quelli che guadagnavano molto, e avevano contratto mutui da generose banche europee, e ora non possono pagarli. Intanto i greci continuano a uscire, a stare al bar col frappé di cappuccino a un euro e venti. Cicale fino all´ultimo, agli occhi delle formiche ispettive (la signora Lagarde e i suoi ormai famosi 400mila euro esentasse). Come i cavalli dell´antica Sibari, che si misero a danzare sul campo di battaglia e la città fu cancellata. Ma la dolce vita di Atene è coraggiosa. Le prenotazioni turistiche dimezzate sono una penosa assurdità: il mare ha sempre il suo colore, gli oleandri fioriscono come se niente fosse, il sole ride calando di fronte al Capo Sunio, a prezzi stracciati. Nel programma di Syriza le tasse si pagano, armatori compresi. Può darsi che, così improvvisamente gonfiata, Syriza scoppi come la rana di Fedro. Ma può darsi il contrario. Ammesso che vinca, e arrivi a formare un governo con i partiti minori di sinistra, ciascuna delle sue fazioni avrà portato in parlamento i suoi maoisti e luxemburghisti e trotzkisti, ma un paio di milioni di elettori non avranno avuto niente a che fare con quelle categorie. Siamo già oltre, dice Moulopoulos. Non c´è più chi rivendichi l´uscita dall´Unione europea o il ritorno alla dracma. Cohn-Bendit se l´è presa con la rivendicazione del salario minimo a 1300 euro: ma quella stava nel programma del 2010, quando il governo negava la crisi e falsificava i bilanci, e nel programma del Pasok figuravano rivendicazioni più massimaliste. Noi chiediamo di riportare gli stipendi base dei dipendenti pubblici a 718 euro lordi! Chiediamo meno di quello che ebbe la Germania di Adenauer nel 1953, quando l´accordo di Londra (firmataria anche la Grecia) le concesse un taglio del 50 per cento sul debito (e del 70 sulle scadenze ravvicinate) e una moratoria di 5 anni. In quel dopoguerra, dico, c´era la ricostruzione, oggi c´è la retrocessione dell´Europa e dell´Occidente e la crisi finanziaria. A maggior ragione, dice. Ho sentito persone indipendenti dell´establishment, dico, convinte che gli americani (in nessun Paese l´antiamericanismo è stato accanito come in Grecia) non vedano di cattivo occhio la vostra vittoria, che segnerebbe uno scacco clamoroso per l´oltranzismo della signora Merkel. Se vinceste, come potreste arrivare a una maggioranza sufficiente a governare? Ci sono altre formazioni, come la Sinistra democratica di Kouvellis, che uscì da Syriza imputandole un antieuropeismo, e può sostenerla, ma potrebbe anche unirsi al Pasok di Venizelos, ormai irrilevante. Quanto ai comunisti del Kke, ottusamente ortodossi ma ancora forti fra gli operai, è probabile che la crisi metta in causa linea e dirigenza: è l´unico partito retto da una donna, Aleka Papariga, da più di ventun anni. (In Syriza si rispettano le quote rosa nella formazione delle liste, ma il risultato delle elette è lontano dalla decenza). Quanto all´Europa, il cambiamento di Syriza dovrà tradurre la formula dell´”Europa dei popoli” nelle istituzioni di un federalismo europeo democratico.
Un manifesto di intellettuali europei ha messo in guardia nei giorni scorsi dall´offensiva neonazista: “Siamo tutti ebrei greci”. I neonazisti di “Alba dorata” sono antisemiti e negazionisti, ma quella parola d´ordine non è inappropriata a una situazione in cui il bersaglio sono gli immigrati? Infatti – dice – a parte certi incidenti verbali, cercano di attutire l´antisemitismo, e compiono vere brutali cacce allo straniero. Chiedono di minare la frontiera con la Turchia, che il governo si accontentava di murare. Il problema degli stranieri ha un peso, anche elettorale, paragonabile a quello della crisi economica, cui è del resto legato, perché la destra fa dei migranti i capri espiatori. Otto su 10 ingressi “clandestini” in Europa, secondo l´Ue, avvengono alla frontiera greco turca: pakistani, afgani, iracheni, iraniani, africani. Il trattato di Dublino obbliga la Grecia a non dare visti di transito agli stranieri che entrano per raggiungere l´Italia o l´Austria e la Germania, e intanto, quando non sono espulsi a casaccio, restano nel Paese senza alcuna identità né protezione. “La prima cosa da fare è restituire loro un´esistenza legale. Non è questa la più elementare caratteristica della sinistra?”.
La Repubblica 05.06.12