Un blitz tentato nel nome del «merito». Anche se non sarà facile per il ministro dell’Istruzione Profumo argomentare «necessità e urgenza» di un provvedimento scritto per introdurre nella scuola italiana novità come lo «studente dell’anno» o la carta «IoMerito». Certo, l’ex rettore del Politecnico di Torino ci tiene molto. Tanto da tentare, in una giornata come quella di ieri, l’accelerazione finale. L’intenzione – ha spiegato Profumo ieri pomeriggio convocando d’urgenza una riunione con i responsabili Scuola e Università dei partiti di maggioranza – è di portare già oggi in Consiglio dei ministri un decreto legge (e non più un disegno di legge come ipotizzato nelle settimane scorse) che raccolga tutti i provvedimenti messi a punto a viale Trastevere in questi mesi per introdurre nella scuola, nell’università e nella ricerca incentivi e meccanismi per premiare il merito. Obiettivo già impugnato come una bandiera dal precedente governo, all’epoca della riforma Gelmini sull’università. Eppure, a ben vedere, è proprio quella riforma che il decreto che Profumo si accinge a portare in Consiglio dei ministri va a correggere. Specie nell’ultima versione che cancella, in sostanza, all’articolo 9, l’abilitazione nazionale, cuore della riforma Gelmini, che sembra non averla presa troppo bene. Al posto dell’abilitazione da lei prospettata, da qui al 2015 verrà sperimentata un’altra forma di reclutamento dei docenti. Saranno i singoli atenei a bandire i concorsi per associato e saranno commissioni composte prevalentemente da esterni a valutare, concorso per concorso, se il candidato ha i requisiti definiti dall’Anvur. Una rivoluzione copernicana. Che riporta il reclutamento all’interno dei singoli atenei ma contemporaneamente lo consegna nelle mani di commissioni composte da due ordinari interni, due esterni sorteggiati da una lista di eccellenze, e un terzo chiamato da una università di un paese Ocse. Il fatto stesso che Profumo abbia deciso di intervenire su questo punto «certifica il fallimento della riforma Gelmini, che sta bloccando da quasi quattro anni l’università», fa osservare Marco Meloni, responsabile Università del Pd. Altro elemento di novità rispetto alla prima versione anticipata dieci giorni fa dall’Unità riguarda i ricercatori precari. Qualora ottengano un assegno di ricerca potranno svolgere anche attività didattica. «Cosa che non apprezziamo affatto, perché gli assegni di ricerca dovrebbero essere superati e sostituiti da un contratto unico a tempo determinato », spiega ancora Meloni. L’altra metà delle novità riguarda la scuola e va dalle olimpiadi di matematica, fisica, filosofia, italiano, etc., al «borsellino elettronico» da consegnare allo «studente dell’anno», un solo studente per scuola, il più meritevole, scelto tra quanti prenderanno alla maturità il massimo dei voti, al Portfolio degli studenti, che le aziende potranno sfogliare per proporre eventuali stage. Rispetto a una prima versione, sono stati introdotti alcuni correttivi. Si parla per esempio di scuola «competitiva» e non di scuola «selettiva», spiega Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd, che però ha abbandonato la riunione di maggioranza. «È l’impianto che non condividiamo», spiega Puglisi, richiamando l’articolo 34 della Costituzione che riguarda sì i meritevoli ma «privi di mezzi». «Crediamo – osserva Puglisi – che in questo momento le priorità siano altre: le scuole terremote, la lotta alla dispersione scolastica, il tempo pieno, la scuola dell’infanzia. Se si hanno delle risorse, anche poche, è su queste cose che bisogna investire». E sul diritto allo studio. Concetto che diventa antagonista del merito premiato con le risorse sottratte a chi ha meno. Il Pd è stato piuttosto chiaro nel manifestare le sue contrarietà. L’ex ministro Gelmini anche. Tanto che ieri sera nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri non c’era traccia del decreto per il merito. Resta solo da vedere se all’ultimo Profumo riuscirà a inserirlo «fuori sacco».Anche se la giornata convulsa e il terremoto in Emilia suggerirebbero che altre sono le «necessità» e le «urgenze».
l’Unità 30.05.12
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