Almeno 240 libri sottratti a una grande biblioteca storica, quella dei Girolamini a Napoli, sono stati ritrovati a Verona in un deposito collegabile a Marino Massimo De Caro, che ne è il direttore. Questa non è solo una devastante notizia di cronaca, ma il simbolo della colpevole incuria in cui giace il nostro patrimonio culturale. La biblioteca dei Girolamini è illustre. Non solo per la sua origine (dagli Oratoriani di San Filippo Neri) e perché vi studiò G. B. Vico, ma anche per l´imponente raccolta di manoscritti e volumi antichi. E´ famosa anche per essere stata depredata negli anni Sessanta, con uno strascico di processi in cui furono coinvolti alcuni Oratoriani. La biblioteca divenne statale sin dal 1866, ma con una struttura istituzionale assai fragile: conservatore dei Girolamini, con nomina ratificata dallo Stato, è un Oratoriano (oggi il p. Sandro Marsano), e a lui spetta nominare, col consenso del ministero, il direttore della biblioteca. Massimo titolo del De Caro al momento della nomina era la sua qualifica di consulente del ministro dei Beni Culturali «per le relazioni impresa-cultura, l´editoria e le energie rinnovabili». Nessuna laurea, nessun titolo specifico: se non quello di mercante di libri antichi (indagato in Italia, e sospettato in Argentina, per commercio di libri rubati) e amico di un famoso bibliofilo (il sen. Dell´Utri). Curriculum davvero brillante, quel che ci vuole per esser nominato consulente da due ministri: prima Galan, poi Ornaghi.
Lo stato di abbandono della biblioteca, anche prima che i sospetti di furti diventassero certezza, fu denunciato da due professori dell´università di Napoli e da un giornalista, Gian Antonio Stella (sul Corriere del 17 aprile). Ma né queste accuse né un appello con migliaia di firme hanno indotto Ornaghi a rimuovere De Caro dall´incarico, né a istituire una commissione d´inchiesta. Intanto la sen. De Feo (Pdl) si è affrettata a scrivere sul Corriere del Mezzogiorno (11 aprile) che De Caro tratta i libri dei Girolamini come «un medico che amorevolmente esamina i pazienti»; in un´interrogazione dei sen. Piscicelli e Palmizio (gruppo “buongoverno”) si chiedeva al ministro Profumo di indagare se i due professori di Napoli avessero il diritto di denunciare lo stato miserevole dei Girolamini. Altri invece (le onn. Bossa e Di Biasi, del Pd) chiesero a Ornaghi come intendesse reagire alle allarmanti notizie, ma il ministro rispose il 19 aprile lavandosi le mani, scaricando ogni responsabilità sugli Oratoriani e annunciando che il De Caro si era “autosospeso” da direttore della biblioteca. C´è voluto un blitz dei Carabinieri, che hanno messo i sigilli alla biblioteca, ci sono volute le indagini della magistratura per indurre l´indeciso Ornaghi a cancellare De Caro dalla lista dei propri consulenti, senza peraltro rimuoverlo dall´incarico.
Per evitare scandali di tal fatta, sarebbe necessario un forte intervento istituzionale di natura generale: si dovrebbe portare la biblioteca dei Girolamini sotto il pieno controllo dello Stato (come è per altre biblioteche di identica origine, fra cui la Vallicelliana a Roma). Si è provato a fare il contrario: il Regio Decreto del 1866 è stato incluso da Calderoli (2008) fra le leggi “inutili” da abrogare. Per fortuna l´ufficio legislativo dei Beni Culturali nel 2009 riuscì in extremis a salvare quella norma tutt´altro che inutile. La situazione attuale è intollerabile: la convenzione fra lo Stato e gli Oratoriani va rinnovata anno per anno (!), favorendo l´indecente scaricabarile a cui abbiamo assistito.
De Caro rivendica per sé stesso altri meriti: per esempio dice di essere il vero principe di Lampedusa (ma Gioacchino Lanza Tomasi, a cui spetta il titolo, ha smentito l´impostura); ha avuto onori e gloria da un´oscura università privata argentina, in cambio di quattro libri e un meteorite. Ma nel curriculum di questo non-laureato, non-principe e non-bibliotecario autosospeso da direttore dei Girolamini (ma non dimissionario né licenziato) brilla un´altra stella: egli è segretario organizzativo dell´associazione politica del “buongoverno”, che a sua volta è erede dei circoli del sen. Dell´Utri.
L´irresponsabile taglio al bilancio dei Beni Culturali operato da Tremonti nel 2008 col complice silenzio di Bondi è alla radice del precipitoso degrado del nostro patrimonio, affrettato dal progressivo estinguersi del personale per limiti di età e mancanza di turn over. Intanto, voci interessate o incompetenti ripetono che per tutelare bisogna mettere in soffitta l´art. 9 della Costituzione, che assegna questo compito allo Stato, e privatizzare a marce forzate. Per costoro, chi ruba i libri da una biblioteca sarà forse un eroe (o un martire?) della privatizzazione. Per chi ancora crede nella Costituzione e nella legalità diventa sempre più urgente capire quali mai siano in proposito le idee e i progetti del ministro Ornaghi, bravissimo a tacere. Intende assecondare l´agonia del suo ministero o proporre un piano di rilancio della tutela (e dunque anche delle assunzioni)?
Per tornare a Napoli: come mai il ministro non ha commissariato la biblioteca nonostante le indagini in corso? Il 13 aprile Ornaghi ha avviato le procedure di commissariamento del Maxxi di Roma, defenestrando di fatto un funzionario bravo e competente come Pio Baldi; il 19 aprile al Senato ha legittimato la nomina di un incompetente alla direzione dei Girolamini. E´ questo, ministro Ornaghi, quello che dobbiamo aspettarci da Lei? Il trionfo dell´incompetenza, un ministero dei Beni Culturali intento a delegittimare i propri migliori funzionari, cioè se stesso?
La Repubblica 23.05.12