La sconfitta di Lega e Pdl, abbondantemente prevista e preannunciata dagli stessi esponenti della destra di ogni ordine e grado, si è trasformata in una vera e propria «scomparsa» degli elettori cosiddetti moderati. In Lombardia è cappotto per il centrosinistra e per il Pd in particolare: si vince a Monza, la principale città della fu-Padania al voto in questo secondo turno di ballottaggio, si vince a Como e con percentuali altissime. Perché l’astensionismo ha colpito durissimo i candidati della destra.
Se a Monza e a Como è una vittoria dal significato locale, perché entrambe le città erano state pessimamente amministrate e Lega e Pdl si erano divisi al primo turno, colpisce la netta affermazione del centrosinistra in feudi storici della Lega, come Lissone, dove il centrosinistra civico raccoglie quasi il 70 per cento dei suffragi, e forse anche Meda (un voto di vantaggio, domattina si riconteggia), a segnare la fine di un’epoca. Così come a Legnano, città della battaglia, tanto per stare alla simbologia leghista, che oggi sembra davvero molto lontana nel tempo.
Per motivi che sembreranno paradossali, ciò comporterà un disperato rafforzamento della maggioranza che regge la Regione, perché andare a votare subito, per Formigoni e per i leghisti – cerchisti o maroniti poco importa – sarebbe un massacro.
Il Pd dove si apre alla partecipazione ed esprime un profilo di governo, serio e competente sotto il profilo amministrativo, in queste condizioni non ha rivali. Quando sa interloquire con il civismo e con la spinta che proviene dal basso, in questo momento, è letteralmente imbattibile.
Speriamo sappia far tesoro, però, di quella che è prima di tutto un’opportunità che si apre, non una partita che si chiude: perché il Nord è da ripensare, perché dopo vent’anni di propaganda non è sufficiente un’affermazione in campo amministrativo, ci vuole un investimento politico, che sappia individuare parole, argomenti, proposte e nuovi riferimenti all’interno della società del Nord.
Dopo le ampolle e la secessione, i ministri del Nord a Roma (erano quasi tutti lombardi, quei ministri) e i ministeri del Nord a Monza (l’assurdità più plateale, in questo senso, degli ultimi anni), ci vuole una politica più credibile.
Rinnovata e capace di parlare anche a chi è rimasto a casa. Che muova da questi risultati straordinari (stricto sensu) per rilanciare una sfida che è prima di tutto culturale e profondamente politica.
Le paure non sono scomparse, sono molto appannati gli attori che le hanno cavalcate. E non si sono invertiti i poli, come potrebbe sembrare: si è manifestata una grande disaffezione, da una parte, e una presenza politica, dall’altra. Che nonostante tutto e tutti, in uno schema politico tutto sommato tradizionale, di centrosinistra (senza alleanze ogm, per capirci), ha convinto il nostro elettorato a esserci e partecipare.
Non è poca cosa: per tradursi in una vittoria piena, però, bisogna guardarsi intorno, leggere i dati, prendere sul serio il messaggio di lontananza dalla politica che attraversa tutto lo stivale, cambiare passo su alcuni temi di ordine economico e sociale, e scegliere i propri rappresentanti come è avvenuto dove si è vinto: con le primarie, in uno schema unitario, in cui poi tutti hanno dato il loro contributo.
Se sapremo fare tutto questo, vinceremo anche nel 2013: la partita è appena iniziata. E diciamo che il primo gol, però, in Lombardia, e nel Nord che votava, l’abbiamo segnato noi. Attenti alle rimonte non impossibili da parte di chi ora non c’è, ma può ripensarsi e riorganizzarsi.
da Europa Quotidiano 22.05.12