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"È ora per i riformisti di fare un vero partito europeo", di Francesco Verducci*

Il lascito di Berlusconi è impresso nelle cifre su disoccupazione diseguaglianze, deindustrializzazione, smantellamento del welfare, che si traducono nella durezza del vissuto quotidiano. Il fallimento della destra sta in questa voragine sociale, che rischia di inghiottire la nostra democrazia. Siamo un Paese a rischio, perché la speculazione attacca soprattutto dove la politica è miope e incapace. Imbelle alle pretese di mercati finanziari senza regole e controlli. A ben vedere, pur su piani diversi, nel voto di milioni di europei in Francia, Italia, Grecia, Germania emerge la richiesta di una politica incisiva, capace di dare indirizzo ed imprimere una svolta. Volontà di contare ed essere ascoltati, che si manifesta nel voto di protesta antisistema, ma indirizzata innanzitutto alle forze del riformismo democratico.
Oggi sono per prime le nuove generazioni a reclamare il cambiamento. Chiedono il futuro che gli spetta. Sta alla sinistra raccogliere queste istanze. In Francia è accaduto. Potrà avvenire nel resto d’Europa, se il Manifesto siglato in marzo a Parigi vivrà in una concreta iniziativa. È tempo per i riformisti di costruire un vero partito europeo, che ampli e innovi il Pse, capace di osmosi con forme non convenzionali di partecipazione che si manifestano in piazze, aule, fabbriche, web, a dimostrazione di quanto sia forte e diffuso il bisogno di buona politica. Il vulnus tra cittadini e ‘palazzo’ si colma con partiti rigenerati, che mostrino autonomia da lobby e potentati.
Nella combinazione incendiaria di recessione e disoccupazione, malessere democratico e malessere sociale sono facce della stessa medaglia. Questo è il nodo dirimente. Ma il governo Monti non pare averne piena consapevolezza. Mostra l’inadeguatezza di fondo di un’azione calata nei parametri che i vincoli dell’austerity e della Bce impongono.
Della responsabilità verso il Paese il Pd ha fatto invece la propria ragion d’essere: caricandosi il compito di presidiare il passaggio attuale e di indicare nel contempo l’alternativa politica che chiuda davvero il ciclo berlusconiano. Sanando il vuoto di rappresentanza con un inclusivo patto di cittadinanza imperniato su lavoro, produzione, conoscenza. Investendo su crescita e capitale umano, abbattimento delle diseguaglianze e reti sociali.
Ma la crisi del sistema politico riguarda anche il Pd. Tocca ai democratici lanciare una mobilitazione che riconquisti alla politica il terreno perduto, che poggi su inedite forme organizzative e parole adeguate in cui riconoscersi. Per dare al Paese un nuovo inizio. Perché anche qui “il cambiamento è adesso”.

*Dipartimento Pd cultura e informazione

l’Unità 20.05.12