In attesa di affrontare la vera partita della crescita sull´unico campo che conta, l´Europa, Mario Monti ha deciso di non stare comunque fermo sulla panchina domestica. I provvedimenti decisi ieri dal Consiglio dei ministri non daranno una scossa decisiva alla languente economia interna, ma sono un preciso segnale del possibile che è opportuno e necessario fare da subito in casa nostra. Tecnicamente sono una chiara anticipazione di quella ristrutturazione della spesa che va sotto il nome esotico di «spending review» e che non può esaurirsi soltanto nell´uso della forbice. I 2,3 miliardi messi a disposizione per interventi a favore del Mezzogiorno non sono, infatti, risorse aggiuntive rispetto alle uscite già previste in bilancio. Sono frutto, però, di una diversa articolazione dei finanziamenti mirata a renderli più efficaci. Troppo spesso in passato somme importanti tratte dagli aiuti europei sono finite nel nulla per ignavia o incapacità progettuale delle istituzioni nazionali.
Con questa mossa il governo Monti corregge un´inveterata stortura nella gestione della cosa pubblica e, al tempo stesso, lo fa venendo incontro alle situazioni di disagio sociale più profondo nella parte più debole del paese, il Mezzogiorno cui originariamente questi fondi erano stati comunque destinati. Sul piano politico ne esce così un chiaro messaggio ispirato a quei due obiettivi del programma di governo – l´equità e la crescita – che finora avevano ceduto il passo alle esigenze immediate del rigore finanziario. Oltre metà della manovra risulta, infatti, concentrata su misure destinate a rendere meno pesante la condizione di vita dei soggetti più esposti: anziani, disabili, giovani scolari o studenti. Il resto è mirato a promuovere un recupero di competitività delle imprese meridionali, spesso le più arretrate sul terreno dell´innovazione tecnologica. Dopo l´allarme sulla grave sofferenza sociale, lanciato niente meno che dal ministro di uno sviluppo finora mai visto, si tratta di un passo obbligato che è arrivato quanto meno puntuale.
Ora, però, è evidente che ci si deve attendere molto di più.
Imboccata la strada giusta, il governo deve procedere con determinazione per non dare l´impressione, che sarebbe pessima, di aver distribuito brioches a un paese in diffusa e disperante carenza di pane e lavoro. La prima occasione a portata di mano – lo si accennava all´inizio – è quella della revisione della spesa pubblica. Con la quale ci si può muovere congiuntamente in due direzioni.
La prima, certo più importante ma non di rapidissima esecuzione, è quella dei tagli di capitoli dove si annidano sprechi, privilegi inconcepibili, vera e propria corruzione: come dimostrano in termini scandalosi i raffronti sui costi dei medesimi servizi sanitari da una regione all´altra. È opera di lunga lena dalla quale, tuttavia, possono venire risorse utili a finanziare nuovi investimenti e non solo a scongiurare nuovi aggravi d´imposta come il temibile aumento dell´Iva in autunno. La seconda direzione è quella inaugurata con le misure di ieri e che consiste nella volontà di affermare una gestione più efficiente delle risorse disponibili per incanalarle in modi più certi e trasparenti verso le situazioni sociali di maggiore bisogno. Un´opera che in un paese normale sarebbe banalmente qualificata di buona e ordinaria amministrazione.
Quanto al nodo cruciale di una ripresa economica che spinga davvero il paese fuori dalla spirale recessiva nella quale è caduto ben prima dei recenti provvedimenti di austerità fiscale, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che l´ipotesi della crescita in un paese solo è fuori dalla storia e dal mondo.
Cominciano a non crederci più, anche se faticano ad ammetterlo, neppure quelli che stanno meglio in Europa come i tedeschi, le cui esportazioni stanno subendo i primi contraccolpi di una strategia del rigore che sta falciando domanda e consumi in quasi tutta l´Europa. È questa sicuramente la partita più difficile per Mario Monti anche se la cedibilità internazionale che egli ha saputo recuperare all´Italia lo manda oggi in campo con maggiori speranze di successo. In più il nostro premier potrà ora fare un migliore gioco di squadra con il nuovo presidente che si sta installando all´Eliseo all´insegna di una svolta europea in direzione, appunto, della crescita.
Il tempo, tuttavia, sarà il fattore decisivo di questa sfida. Una cieca politica del rigore, come quella che la grande Germania ha voluto imporre alla piccola Grecia, ha finito per aggravare la situazione fino a un punto che oggi appare drammaticamente di non ritorno. Continuare su questa strada in tutto il resto d´Europa sarebbe un crimine politico e non più soltanto un grossolano errore economico. La campana di Atene sta suonando per tutti. Non c´è più tempo da perdere in schermaglie diplomatiche.
La Repubblica 12.05.12