Una grave crisi politica e sociale travolgerà i paesi dell´Euro se essi non decideranno di rafforzare la loro integrazione. La crisi della zona Euro non è iniziata con la crisi greca ma è esplosa molto prima, quando è stata creata un´unione monetaria senza unione economica e fiscale. e nel contesto di un settore finanziario drogato da debiti e speculazione. Certo, i debiti pubblici sono esplosi in questi ultimi trent´anni ma sono gli squilibri fra i paesi della zona Euro che hanno determinato la situazione attuale.
Da una parte, un insieme costituito dai paesi del Nord Europa con la Germania in testa ha costruito la sua economia sulla competitività e le esportazioni. D´altra parte, i paesi della periferia hanno utilizzato deboli tassi di interesse per alimentare la loro domanda interna e costruito la loro economia su settori di beni non esportabili o meno sottoposti alla concorrenza esterna, come il settore immobiliare.
L´esplosione della crisi greca ha messo in luce questi difetti strutturali, creando una crisi di fiducia nella sostenibilità dei debiti pubblici: i creditori hanno scoperto l´insostenibilità degli squilibri nella zona Euro (…).
La mancanza di coordinamento e i piani di salvataggio adottati volta per volta non permettono di rendere compatibili il rigore finanziario e la crescita economica. Peggio ancora i tagli alle spese, cercando di realizzare dei guadagni immediati, colpiscono soprattutto le spese sociali e gli investimenti, condizionando negativamente il futuro.
Questo clima di incertezza frena la domanda e le famiglie preferiscono risparmiare in previsione di future tasse. Contemporaneamente, le banche limitano i crediti al settore privato per risanare i loro bilanci. Cosicché il rilancio non può venire né dalla domanda né dagli investimenti privati né dagli appalti pubblici. (…) Se lo scenario attuale si perpetuerà nel tempo, l´Euro non potrà più disporre dei mezzi per resistere alle tendenze centrifughe ed alla crescita dei populismi. La fine dell´Euro sarà allora solo questione di tempo. L´Unione europea non potrà uscire da questa crisi senza un cambio di paradigma.
Un´altra via di uscita è possibile. Essa consiste nel correggere gli squilibri dell´Unione economica e monetaria superando le insufficienze del trattato di Lisbona per andare al di là del coordinamento fra Stati membri. Essa consiste nel denunciare, ridurre e progressivamente annullare i costi della non-Europa.
Per giungere a questi risultati occorre rilanciare la produttività attraverso riforme strutturali, in particolare nel settore dei servizi ed investimenti in progetti generatori di crescita. (…) Per questa ragione è urgente creare dei project bonds, cioè del debito buono, finanziando esclusivamente progetti generatori di futuri redditi. La Banca europea degli investimenti (Bei) si potrà senza difficoltà assumere a proprio carico questi progetti sulla base di proposte della Commissione europea.
Occorre circoscrivere poi i debiti del passato mutualizzandone una parte, come proposto dal Consiglio degli esperti tedeschi o dall´Istituto Bruegel. (…) All´interno di questa logica occorrerà rafforzare la cooperazione fra la Commissione e i ministeri del Tesoro nazionali nel quadro di un´autorità fiscale europea e nella prospettiva di creare un Tesoro europeo utilizzando il metodo applicato alla Bce che fu preceduta dall´Istituto monetario europeo. Si tratta di una nuova tappa verso la creazione di un governo dell´economia europea con un ministro federale delle finanze.
Ma gli investitori acquisteranno i project bonds solo se i mezzi per rimborsarli non proverranno dal contributo volontario dei paesi della zona Euro, perché aumenterebbe il loro debito. Soltanto un´imposta europea nel quadro di un bilancio federale potrà dare credibilità adeguata a questo strumento di crescita. Per finanziare il bilancio federale si può pensare a un punto in percentuale dell´Iva, a una carbon tax e a una tassa sulle transazioni finanziarie. (…)
Nessuna imposta potrà essere tuttavia decisa senza legittimità democratica e senza risolvere la crisi di fiducia fra l´Unione europea e i suoi cittadini (…). L´euro non potrà sopravvivere senza un progresso politico democratico decisivo. Noi chiediamo che i deputati europei della zona Euro si riuniscano immediatamente – aperti alla partecipazione di altri deputati europei che lo vorranno – per precisare il cammino che dovrà essere intrapreso da oggi alle elezioni europee nel 2014. Sulla base delle proposte che saranno elaborate, noi chiediamo ai deputati europei di promuovere l´organizzazione di assise interparlamentari sull´avvenire dell´Europa a partire dalla zona Euro, che accoglieranno delegazioni del Pe e dei parlamenti nazionali come era stato proposto da François Mitterrand davanti al Parlamento europeo alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. Questo federalismo di necessità darà vita ad una vera Europa politica e sociale, le cui istituzioni garantiranno un giusto equilibrio fra politiche monetarie e di bilancio, la stimolazione dell´attività economica, le riforme strutturali della competitività e la coesione sociale rafforzata. La sopravvivenza dell´Euro passa attraverso un governo economico europeo ed un bilancio europeo di crescita.
Solo il federalismo sarà capace di evitare il fallimento dell´Euro e le sue conseguenze disastrose sulla vita di tutta l´Unione europea. Esso aprirà agli europei la via verso un´Europa giusta, solidale e democratica in grado di garantire il suo spazio centrale nel mondo.
Hanno firmato, tra gli altri, Enrique Barón Crespo, Rocco Cangelosi, Jean-Marie Cavada, Fabien Chevalier, Daniel Cohn-Bendit, Stefan Collignon, Catherine Colonna, Pier Virgilio Dastoli, Monica Frassoni, Evelyne Gebhardt, Pauline Gessant, Sandro Gozi, Ulrike Guérot, Guillaume Klossa, Pascal Lamy, Philippe Laurette, Jo Leinen, Anne-Marie Lizin, Alberto Majocchi, Pasqual Maragall, Philippe Maystadt, Yves Mény, Haris Pamboukis, Alberto Quadrio Curzio, Barbara Spinelli, Francisca Sauquillo, Anna Terrón, Jacques Ziller
La Repubblica 09.05.12