Bersani: «Compreso dagli elettori il nostro sostegno all’esecutivo Noi siamo leali ma ora ci ascolti di più». Soddisfatti per il risultato ottenuto, infastiditi per le reazioni degli alleati, preoccupati per altri dati registrati in queste elezioni. Al quartier generale del partito i dirigenti Democratici seguono lo scrutinio del voto amministra-
tivo con un misto di stati d’animo. Il Pd si conferma prima forza politica nella maggior parte delle sfide elettorali, e se nei 26 comuni capoluogo si partiva da una situazione di 18 a 8 per il centrodestra, adesso si va ai ballottaggi con una situazione ribaltata. Tutt’altro che rassicurante è però il calo dell’affluenza, l’aumento del voto di protesta, il livello di frammentazione registrato e, benché la cosa possa sembrare al limite del paradossale, anche il tracollo del Pdl. «È un voto a metà strada tra la disperazione greca e la speranza francese», sintetizza non a caso Massimo D’Alema sottolineando che il centrosinistra emerge quasi ovunque «come unico polo politico di governo». Tutto bene? Sì, a patto di sapere che il Pd «si troverà ad essere l’unico partito nazionale, con responsabilità di governo molto accresciute e in una situazione molto difficile». E che, come dice Pier Luigi Bersani ragionando sulla «riflessione» annunciata da Angelino Alfano e sul rischio ripercussioni sulla tenuta del governo Monti, bisogna augurarsi che dal risultato negativo del Pdl «non derivi un danno per il Paese».
RAFFORZAMENTO PD, TSUNAMI PDL
Il segretario del Pd segue lo spoglio delle schede nel suo studio al Nazareno, tra telefonate dai rappresentanti di lista dalle sezioni sparse in tutte Italia e un occhio alla televisione. Dallo schermo parla il leader del Pdl Alfano, che dice «nessuno può festeggiare», quello di Sel Nichi Vendola, per il quale «il centrosinistra non viene percepito come alternativa», quello dell’Idv Antonio Di Pietro, pronto a sostenere che «il voto premia i partiti che hanno fatto veramente opposizione». Bersani scuote la testa, poi esce dalla sua stanza e va in sala stampa, dove ad attenderlo ci sono telecamere e giornalisti. «Si sentono in questi minuti dei commenti piuttosto singolari, ma se si guardano i dati si vede chiaramente il senso di queste elezioni. In una situazione molto difficile, emerge come primo elemento un nettissimo rafforzamento del Pd e del centrosinistra in tantissime città italiane. Secondo, uno tsunami del centrodestra e terzo un’avanzata di Grillo. Questi sono i dati della realtà, che non possono essere annegati in un indistinto in cui avrebbero perso tutti».
A Bersani non sfugge che dal voto emergono «elementi di disperazione» e anche di «frammentazione», ma in questo quadro a tinte fosche «c’è anche un presidio», rappresentato dal buon risultato ottenuto dal Pd. «Non c’è materia per dire che tutti perdono perché se così fosse allora non c’è una strada in questo Paese. Non è vero che tutti perdono e una strada c’è. Noi, con una posizione scomoda, ci siamo caricati di responsabilità non nostre dice riferendosi al sostegno garantito al governo ma dati alla mano sentiamo di essere
stati compresi dagli elettori».
LEALTÀ A MONTI, ORA PIÙ ASCOLTO
I dati dicono che il Pd è l’unico partito che appoggia Monti ad uscire rafforzato da questo voto, di contro a un tracollodelPdleaunTerzopoloalpalo.E dicono che ad avvantaggiarsi di questa situazione sono soprattutto le liste di Beppe Grillo. Bersani non sottovaluta l’exploit del Movimento 5 stelle, anche se si dice convinto che ai ballottaggi, quando «servono risposte di governo affidabili», ci potrebbe essere un «ripensamento» da parte di molti elettori. Ma comunque vada tra due settimane, al «disagio» emerso dal voto e confluito soprattutto nel voto grillino va data una risposta. E se i consensi dati al Pd sono uno «stimolo» a proseguire nel sostegno a Monti, al governo Bersani ribadisce un sostegno «leale», ma lancia anche un chiaro segnale. «Se dall’Imu al Salva-Italia agli esodati si fosse ascoltato un po’ di più il Pd, il disagio sarebbe stato minore».
La preoccupazione per il quadro generale c’è. Una piccola soddisfazione è per il risultato di Bettola, il Comune di cui è originario Bersani, strappato al Pdl (e al Nazareno leggono anche col sorriso sulle labbra il risultato di Cassano Magnago, il paese d’origine di Umberto Bossi, dove la Lega non è arrivata al ballottaggio).
l’Unità 08.05.12