Caro Serra, numerosi suoi lettori e nostri elettori, dopo aver letto sul Venerdì la lettera dell’insegnante precario di Milano Francesco Rossi e la sua risposta, mi hanno coperto di insulti, indignati con il mio partito. Anch’io, al loro posto, lo avrei fatto. Erano infatti convinti che il Pd, contribuendo all’approvazione della legge 953 alla Camera, avesse ridimensionato la scuola pubblica e favorito la scuola privata o confessionale.
Per fermare il diluvio di improperi vorrei, con il suo aiuto, segnalare al lettore milanese che non la legge 953 in discussione alla Camera, bensì leggi regionali della (oggi disastrata) giunta lombarda sostengono con il buono scuola le private o tendono a privatizzare le scuole statali proponendo forme di chiamata diretta dei docenti; e che il Pd è talmente in disaccordo da aver di recente, alla Camera, fatto un’interrogazione al ministro sulla costituzionalità di un simile reclutamento (il primo firmatario sono io).
Vorrei pure segnalare che le frasi e il titolo stesso della legge 953 citati nella sua risposta non si trovano (più) nel testo attualmente in discussione; anzi, se in commissione il Pd si appresta a votare a favore di questa legge, è proprio perché la versione attuale, frutto dell’unificazione di diverse proposte fra cui alcune del Pd, non riguarda (più) reclutamento e stato giuridico dei docenti, e tanto meno la trasformazione delle scuole in fondazioni, ma si limita a riformare autogoverno e rappresentanza delle scuole statali.
Nel farlo, il testo incorpora e sviluppa molte nostre idee, prima fra tutte quella di autonomia scolastica, introdotta in Italia dal ministro Berlinguer. Naturalmente anche su questo testo è opportuno discutere: sta per passare al Senato e lì potrà essere ulteriormente perfezionato. Per discuterne, però, sarebbe bene riferirsi alla versione attuale, non a quella di qualche mese fa, sulla quale anche noi del Pd, come il suo lettore e lei stesso, avremmo espresso voto contrario.
Giovanni Bachelet | Parlamentare,
membro della commissione Cultura
Ringrazio Giovanni Bachelet per la precisazione. L’argomento è rovente, e Repubblica ha nel mondo della scuola molti lettori. Il Pd, su questo e altri temi, viene spesso accusato di una sorta di “doppiezza culturale”. Di essere un partito bicefalo, laico e cattolico, dunque strutturalmente incapace di puntare lo sguardo in una direzione chiara e percepibile. Bachelet è un cattolico non confessionale (mi verrebbe da dire un cattolico laico, e non è un ossimoro), uno studioso autorevole e un uomo sereno: chiedo dunque anche ai lettori più animosi di ascoltarlo con rispetto, e di cercare di formarsi, sulla legge in discussione, un’opinione ponderata.
Cercando una difficile sintesi, mi sembra che il vero oggetto del contendere siano il concetto di “autonomia scolastica” e la sua interpretazione, più larga o più ristretta a seconda della minore o maggiore propensione a considerare l’istruzione competenza dello Stato, e in un certo senso “una e indivisibile”. Secondo i difensori più intransigenti del concetto di scuola pubblica, l’autonomia scolastica sarebbe una sorta di grimaldello grazie al quale, scuola per scuola, ognuno può costruirsi un’istruzione a misura delle proprie convinzioni politiche e religiose.
Tra i tanti che mi hanno scritto, è in particolare la lettrice Renza Bertuzzi a illustrare questa posizione: “Il pericolo non è tanto quello di sostenere con fondi pubblici le scuole private, quanto di privatizzare le scuole statali. Piano piano, con l’autonomia, si va verso la creazione di tante monadi, a omogeneità educativa interna…”. La lettrice Bertuzzi (la cui lettera, documentata e lunghissima, mi costringe a questi pochi stralci) fa risalire al governo Prodi e al ministro Berlinguer il concetto di “autonomia didattica”, la cui conseguenza a lungo termine sarebbe “il dissolvimento della scuola pubblica a favore di una scuola familiare”. Come si può capire, la questione è molto complessa, e le ragioni del contendere sono tante. Confesso di diffidare molto del concetto di “libertà educativa delle famiglie”, perché implica un pregiudizio anti-pubblico e anti-statale. Ma sono certo, anzi certissimo, che un cattolico democratico come Giovanni Bachelet non ha certo in mente l’indebolimento della scuola pubblica, o la sua consegna a lobby confessionali. Bisognerebbe che Bachelet e i lettori-elettori riuscissero a parlarsi, possibilmente a intendersi. Io ho cercato, nel poco spazio disponibile e con le mie poche competenze, di dare qualche elemento di riflessione.
da Il Venerdì di Repubblica 04.05.12
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