Dobbiamo cambiare prospettiva: è dalle fasce sociali più basse, i poveri, che bisogna partire. Questo è un Paese dove la povertà assoluta è in aumento, quindi primadi aiutare gli italiani con i redditi più bassi dobbiamo aiutare quelli che i redditi non li hanno affatto». E sulla spending review avverte: scuola e spesa sociale non possono subire ulteriori tagli. «Questo è il momento di fare delle scelte», aggiunge. Franceschini, mentre parliamo il ministro Giarda sta per illustrare la spending review per evitare l’aumento dell’Iva. Secondo alcuni è un pannicello caldo.
«È giusto che il governo affronti questo problema. Noi abbiamo sempre contrastrato la linea dei tagli lineari di Berlusconi e Tremonti che colpiva indiscriminatamente cose utili e cose inutili. Quella è stata una fase di sconfitta della politica perché in alcuni momenti c’è bisogno di scegliere, di dire “qui si taglia, qui non si tocca un euro”». Eppure Tremonti è tornato a difendere i tagli lineari. Dice anche che i veri risultati si ottengon otagliand ostipendi, salari, diritti dei cittadini…
«Vuole drammatizzare la situazione. È evidente che in Italia ci sono degli sprechi,ma non si può tagliare sulla scuola, dove invece si deve investire. Né si può pensare, in un momento come questo, di tagliare la spesa sociale. Noi preferiamo aspettare di vedere nel dettaglio la spending review e poi avanzare le nostre proposte anziché fare critiche a priori».
L’obiettivo è quello di “sterilizzare” l’aumento di due punti di Iva per contrastare la recessione. Sarà sufficiente?
«È un primo passo importante ma adesso è il momento di stabilire delle gerarchie dei bisogni e dei problemi, questo è il compito della politica. Per uscire dalla crisi intanto bisogna ripartire dall’edilizia che ha sempre creato posti di lavoro. Da tempo diciamo al governo che è fondamentale estinguere il debito dello Stato verso le imprese: è immorale questo blocco dei pagamenti verso chi ha fornito servizi e opere allo Stato.
Inoltre va allentato, almeno in parte, il Patto di stabilità che impedisce ai Comuni, pur avendo i soldi in cassa, di avviare tutta una serie di opere in grado di rimettere in moto il mercato del lavoro e quindi anche l’economia. Altro dato: l’aumento degli introiti derivanti dalla lotta all’evasione. È un fatto molto positivo, meritorio e progressista del governo Monti, ma quei soldi vanno destinati a chi è senza reddito prima di ridurre l’aliquota dei redditi bassi. Si devono prevedere ammortizzatori sociali, per i disoccupati senza cassa integrazione e sostegni per
quei quasi 4 milioni di italiani che vivono nella povertà assoluta. Oltretutto quei soldi non andrebbero a finire in banca ma in consumi e quindi rientrerebbero in parte il giorno dopo in termini di Iva». Intanto il consenso verso il governo cala e c’è chi parla di elezioni anticipate, anche se tutti smentiscono di volerle. Il Pdl dice che siete voi del Pd a volere andare alle urne.
«Il Pd non ha alcuna intenzione di andare al voto prima del 2013.
Non so il Pdl cosa voglia fare davvero, ma il mandato che il Parlamento ha affidato a Monti èdi arrivare a fine legislatura».
Pd e Pdl vivono un periodo di “tregua” ma i sospetti reciproci restano. Lei ha detto: se entro maggio non si va alla prima lettura delle riforme costituzionali non se ne farà nulla.Teme che il Pdl voglia prendere tempo?
«La mia è una constatazione: per fare una riforma costituzionale ci
sono tempi precisi, quindi o la si approva in prima lettura a maggio oppure salta. Adesso aspetto di vedere cosa succede, è una corsa contro il tempo,ma continuo a temere che il percorso che vuole il Pdl porti a non fare le riforme costituzionale e neanche la legge elettorale. Non ce lo possiamo permettere e vorrei evitare il rischio che qualcuno cerchi di far saltare tutto e poi dire che è colpa di tutti».
Tutto sommato a Berlusconi converrebbe votare con il Porcellum.
«È quello che temo. Mi rendo conto che per il Pdl sarebbe conveniente, potrebbero nominare i parlamentari e la Lega sarebbe obbligata ad allearsi con loro. Ma sarebbe un enorme errore che gli elettori farebbero pagare caro. Noi dobbiamo renderci conto che il problema oggi non è il calo del consenso a Monti perché girando per il Paese quello che viene fuori è che le persone si rendono conto della grave crisi economica e della necessità di interventi anche pesanti. Il vero problema è che gli italiani non si fidano più dei dirigenti politici: non fare le riforme, da quella dei partiti a quelle istituzionali, vuol dire alimentare la sfiducia».
Un primo segnale arriverà dalle elezioni della prossima settimana. Qui, per le amministrative e in Europa, con le elezioni francesi. Segneranno un cambio di passo?
«Il vero cambio di passo dell’Europa cambierà la nostra vita quotidiana. Se vince Hollande può cambiare la politica europea che non è detto debba essere soltanto di austerità e rigore. Ma se nel 2013 vinciamo noi in Italia allora sì che può formarsi un asse tra i progressisti per invertire la rotta».
Eppure come provate a parlare di alleanze c’è un pezzo di Pd che minaccia di andarsene. Gli elettori prima o poi vorranno sapere con quale alleanza volete governare. Secondo lei?
«Dobbiamo prima fare la legge elettorale e poi, anche sulla base di quella, decidere le alleanze per vincere e riuscire a governare».
l’Unità 01.05.12