Dopo molti annunci, sta finalmente partendo la spending review. Ottimo se porterà a ridurre sprechi e a razionalizzare le spese. Se si passa dall´analisi della efficienza della spesa a quella delle priorità, tuttavia, le cose sono un po´ più complesse. L´individuazione di che cosa è necessario mantenere, che cosa rafforzare e che cosa si può tagliare, richiede una valutazione delle finalità della spesa stessa. Da questo punto di vista non può non destare preoccupazione il fatto che ancora una volta si guardi alla scuola, già sottoposta a successive, radicali, cure dimagranti, come ad un comparto ove si può ancora operare qualche sostanzioso risparmio. Sono certa che anche qui molte cose possono essere ulteriormente razionalizzate, in particolare per quanto riguarda gli acquisti di arredi e materiali di consumo. Anche se ormai le risorse per acquistare alcunché sono ridotte al lumicino e in molti casi i genitori si fanno carico anche della carta igienica. Forse, in alcuni distretti scolastici si può lavorare ulteriormente alla razionalizzazione della distribuzione degli insegnanti, anche se gli interventi degli anni scorsi hanno già portato in diverse classi ad un rapporto insegnante-allievi al limite della efficacia didattica. Ma ogni euro risparmiato con queste razionalizzazioni va re-investito per rendere le scuole italiane più sicure e più efficaci dal punto di vista didattico. La scuola italiana richiede più, non meno investimenti.
Non dimentichiamo che abbiamo un patrimonio edilizio tra i più fatiscenti e in molti casi pericolosi e al di fuori di ogni norma di sicurezza. Tutti i giorni migliaia di bambini e ragazzi entrano in edifici che mettono a rischio la loro incolumità. Mancano troppo spesso laboratori e aule informatiche. Le lingue straniere, soprattutto nelle scuole elementari (ma ahimè spesso anche alle medie) sono insegnate da docenti che non hanno mai ricevuto una preparazione specifica e spesso conoscono poco più di un imparaticcio della lingua che dovrebbero insegnare. Mancano insegnanti di sostegno per i ragazzini con difficoltà. Nonostante la crescente presenza di bambini e ragazzi stranieri non solo per cittadinanza, ma per lingua, mancano docenti specializzati in italiano come seconda lingua. Al Politecnico di Milano si pensa di abbandonare l´italiano per l´inglese (magari quello maccheronico dei docenti italiani). Ma in molte scuole di base l´apprendimento dell´italiano è una conquista faticosa e non sempre raggiungibile per chi, non solo straniero, non ha alle spalle dei genitori in grado sia di fornire le basi e competenze cognitive di partenza, sia di integrare ciò che la scuola da sola non può dare, stante lo scarto tra bisogni e risorse. Le scuole dei quartieri più poveri e degradati, specialmente nel Mezzogiorno, dove l´investimento di tempo, intelligenza, progettazione, cooperazione dovrebbe essere maggiore, sono lasciate troppo spesso alla disponibilità e iniziativa volontaria degli insegnanti, per altro lì come altrove pagati poco e spesso umiliati da un discorso pubblico che sembra considerarli puri parassiti. Si rafforzano così, invece di compensarle, le disuguaglianze di partenza.
Forse la sostituzione dei libri con l´iPad, cara al ministro Profumo, può attendere un po´ in un Paese in cui non solo in troppe case il libro è un oggetto estraneo, ma la scuola è sperimentata come un ambiente affollato e insicuro, non come un luogo attraente e stimolante. Ciò che non può attendere, perché siamo già troppo in ritardo, è una concezione di scuola non solo come spesa, ma come la prima forma di investimento nelle nuove generazioni e il primo diritto di cittadinanza cui queste hanno accesso: strumento essenziale perché sviluppino appieno le proprie competenze di essere umani e cittadini.
In una delle sue molte esternazioni la ministra Fornero ha rimproverato quei genitori che si preoccupano più di risparmiare per acquistare casa ai propri figli che di investire per farli studiare. Sarebbe opportuno che le condizioni in cui studiano le nuove generazioni, quindi la qualità della scuola, divenisse anche la priorità del governo e il criterio che guida la spending review.
da La Repubblica 30.4.12
******
“Secondo il MEF la scuola spende troppo”, di R.P.
Tra il 2009 e il 2011 le spese per beni e servizi nella PA sono diminuite di 3 miliardi, mentre nella scuola sono rimaste costanti. Il PD contrario a nuovi tagli alla scuola. Intervengono Puglisi e Letta. Vendola: “Se tagliano un solo euro alla scuola, è la rivolta”. Si parla di ridurre le spese per beni e servizi.
Mano a mano che passano le ore aumentano le indiscrezioni sulla manovra finanziaria. L’ultima novità relativa alla scuola è questa: taglio del 15% delle spese per beni e servizi sostenute dal Ministero dell’Istruzione. E siccome tali spese ammontano a un miliardo, il taglio dovrebbe essere appunto di 150milioni di euro, come già abbiamo anticipato. In effetti negli ultimi tre anni le spese per i consumi intermedi del Ministero dell’Istruzione sono rimaste costanti, mentre sono diminuiti di 3 miliardi nel complesso della Pubblica amministrazione.
2009 2010 2011
Consumi intermedi MIUR 1,166 0,913 1,113
Consumi intermedi Stato 15,445 12,177 12,477
Ma è anche altrettanto vero che la scuola è il settore della Pubblica amministrazione che più di tutti gli altri ha pagato il prezzo della legge finanziaria dell’estate 2008.
Come si può vedere mentre tra il 2009 e il 2011 la spesa per il personale del Miur è diminuita di più di un miliardo e mezzo, quella complessiva del personale statale e aumentata di 2miliardi e 100milioni: il che significa che negli altri ministeri la spesa è aumentata di poco meno di 4 miliardi.
2009 2010 2011
Personale MIUR 41,264 40,896 39,677
Personale Stato 90,993 90,798 93,117
La scuola, insomma, ha già dato e pensare di ridurre persino i trasferimenti alle scuole è davvero impensabile.
Intanto la responsabile scuola del PD Francesca Puglisi ha già fatto sapere la propria posizione sulle voci di tagli: “Nella scuola non c’e’ proprio nulla da tagliare. Chiediamo chiarezza al Governo sulle intenzioni e i contenuti della spending review. Se risparmi ci saranno nella riorganizzazione della spesa dello Stato, vengano piuttosto reinvestiti per restituire il tempo scuola sottratto dal Governo Berlusconi e per dare un posto nella scuola dell’infanzia alle migliaia di bambini in lista d’attesa in tutta Italia” . Posizione ribadita da Enrico Letta, vicesegretario nazionale del PD che ha già stoppato il Governo: “Va benissimo razionalizzare la spesa pubblica, ma ad una condizione: sulla scuola non si taglia, anzi bisogna investire”
Durissima la reazione di Nichi Vendola (SEL): “Se pensano ad ulteriori tagli sulle scuola pubblica anche solo di 1 euro, sappiano che è una provocazione bella e buona, che non potrà che provocare una sacrosanta ribellione”.
da La Tecnica della Scuola
******
“Scuola, risparmi in quattro mosse ma senza toccare gli insegnanti”, di Flavia Amabile
L’idea del ministro Profumo è quello di trasformare l’organizzazione interna creando un ministero meno autorizzativo e più cooperativo. Sforbiciata agli affitti: -75%. Segreterie e biblioteche saranno condivise tra gli istituti
Segreterie e biblioteche delle scuole in Comune, una riorganizzazione del personale del Miur, riduzione delle sedi: anche il ministero dell’Istruzione è al lavoro in queste ore per l’esame della spending review, la revisione mirata della spesa pubblica necessaria ad assicurare il raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio nel 2013 e impedire che i conti siano di nuovo in rosso.
Luigi Fiorentino, capo di gabinetto del Miur da pochi mesi, arrivato un mese dopo l’insediamento di Francesco Profumo alla guida del ministero, è alle prese con i conti ma sa che la scuola è già stata molto spremuta negli ultimi 10 anni e il suo pensiero va innanzitutto agli insegnanti: «Voglio che sappiano che ogni euro risparmiato andrà investito per loro».
Da qualche parte però bisognerà pur tagliare per allontanare lo spettro dei licenziamenti dei dipendenti pubblici sul modello greco. Il Miur agirà su quattro capitoli di spesa. Sulla scuola innanzitutto, perché si può ancora provare a realizzare delle economie di spesa, sostiene Fiorentino. Si può infatti rendere più efficiente la gestione delle supplenze e mettere in condivisione spazi come biblioteche e segreterie. Non si sa ancora quanto e come si ricaverà ma i risparmi saranno reinvestiti all’interno del sistema scolastico, promette il ministero.
Il secondo capitolo riguarda gli affitti. Saranno escluse le scuole che non verranno toccate da questa razionalizzazione. Le strutture dell’amministrazione centrale del ministero dell’istruzione, università e ricerca costano ogni anno 12 milioni di euro di canoni.
I dipendenti centrali sono suddivisi in due sedi: il palazzo storico del Ministero su viale Trastevere dove lavorano 900 dipendenti e piazzale Kennedy all’Eur sede degli uffici dedicati all’università ma non solo, e dove lavorano 400 dipendenti. A disposizione hanno 40mila metri quadri, in pratica 100mq per ogni dipendente della struttura. Un po’ sovradimensionata, insomma. Non strategici anche due depositi a Fiano Romano, un paese a nord di Roma, e villa Lucidi usata per ospitare il sistema informatico e un centro di corsi di Formazione. Verrà tutto dismesso entro fine 2013 concentrando tutte le attività tra la sede centrale di Trastevere e gli uffici di viale Carcani. Totale del risparmio circa 9 milioni di euro, il 75% dell’attuale spesa che calerà da 12 a 3 milioni.
Uno degli interventi più delicati sarà quello che toccherà la riorganizzazione degli uffici amministrativi. Si sta studiando una rivoluzione delle funzioni e degli uffici che seguirà la linea dettata dal ministro Profumo: di un ministero non più autorizzativo, ma cooperativo. E quindi molto accento sulle funzioni di indirizzo e coordinamento mentre saranno ridotte le strutture che finora hanno gestito i processi seguiti per raggiungere gli obiettivi. Anche in questo caso al Miur non si sbilanciano sulle cifre né sul programma di riorganizzazione che potrebbe prevedere tagli o spostamenti interni.
Un’ultima quota di risparmi arriverà dai beni e servizi. Quando si faranno le gare si cercherà di aumentare l’uso dell’e-procurement. Si ricorrerà cioè all’acquisto on-line, in genere meno costoso: il risparmio atteso è di circa 100 milioni, il 15% della spesa attuale.
da www.lastampa.it
3 Commenti