All’appello delle donne risponde il web compatto. E moltissimi uomini ai quali si chiede di non essere complici della mattanza. Aderiscono, tra gli altri, Camusso, Bersani, Finocchiaro, Saviano e il direttore dell’Unità Sardo. Telefono Rosa. «Il volontariato non può sostenere da solo questa battaglia». Cinquantaquattro con Vanessa dall’inizio dell’anno. Una media aberrante, tragica. Un mattatoio. Il mattatoio delle donne in Italia. Cinquantaquattro in quattro mesi. Massacrate, stuprate, violate, uccise. Uccise da uomini che conoscevano. L’Orco difficilmente è lo sconosciuto incontrato per strada o in Rete. E’ in casa l’Orco, il Barbablù, l’assassino. È l’ex che non ci sta, è il fidanzato geloso, è il marito violento.
Sempre lo stesso rituale. Sempre le stesse vittime. Cambiano nomi, luoghi, situazioni, ma le vittime sono sempre le stesse. Hanno gli occhi scuri di Vanessa, 21 anni di Enna, i capelli chiari di Edyta massacrata il giorno di San Valentino a Modena, il sorriso di Stefania ammazzata dal fidanzato che «l’ amava più della sua stessa vita».
Le donne hanno detto basta mille volte, un milione di volte. Sono scese in piazza, hanno trovato la chiave di lettura per il femminismo del terzo millennio grazie alle mobilitazioni di Se non ora quando, alla denuncia di Lorella Zanardo attraverso Il corpo delle donne, alle inchieste, alle manifestazioni. Eppure, eppure sembra non bastare mai. Per questo, dopo la morte assurda di Vanessa, parte un nuovo appello che chiede agli uomini di non essere complici di questa strage, e alle donne di tenere altissima l’attenzione. Serve, in questo nostro Paese, una rivoluzione che rimetta le donne al centro della comunità, restituendo loro rispetto e dignità.
Un appello lanciato da Snoq, Zanardo, Loredana Lipperini e che potete firmare anche sul nostro sito, unita.it. Hanno già aderito in migliaia. Dalla leader Cgil Susanna Camusso al segretario Pd Pier Luigi Bersani che su Twitter scrive: «Si uccidono le donne. Le uccidono i maschi. È ora di dirlo, di vergognarcene, di fare qualcosa per stroncare la barbarie». Migliaia di firme: da Roberto Saviano a Renata Polverini, da Beppe Vacca ad Anna Finocchiaro, da Vendola all’Idv, dal direttore dell’Unità Claudio Sardo al presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, che spiega: «Come uomo penso sia necessario impegnarmi affinché questa violenza persecutoria possa arrestarsi».
Una sequenza di nomi: lo stesso , lo stesso sgomento per commentare il femminicidio. Un neologismo, coniato nel 2009 per la condanna del Messico alla Corte interamericana dei diritti umani dopo morte di 500 donne e la scomparsa di altrettante a Ciudad Juarez. Dallo scorso otto marzo questa parola lugubre e drammatica è stata usata anche per il nostro Paese da Rashida Manjoo, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne. «È la prima causa di morte in Italia perledonnetrai16ei44anni».Il femminicidio indica «ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna in quanto donna». Psicologica, sociale, fisica, fino alla morte: una violenza continua che in Italia continua a mietere vittime per «fattori culturali», quando si considera la donna come un oggetto di proprietà e chiunque «padre, marito e figli» decidono della sua vita. «Con dati statistici che vanno dal 70% all’87% la violenza domestica risulta essere la forma di violenza più pervasiva che continua a colpire le donne italiane» ha detto Rashida Manjoo.
E intanto le donne continuano a morire. Solo il 10% ha la forza di denunciare molestie e abusi. Perché non è facile sfuggire allo stalking, alla violenza. Anzi, diventa un calvario se si hanno figli. Esistono, è vero, residenze protette ma sono poche, gestite con un residuo di fondi. Una piaga mostruosa lasciata in mano al volontariato, soprattutto. Per questo Maria Gabriella Moscatelli presidente di Telefono Rosa, la storica associazione contro la violenza sulle donne, ha scritto al premier «Chiediamo al governo di farsi carico di questa situazione intollerabile. Servono risorse economiche e una Commissione straordinaria per fronteggiare questa tragedia. Sono queste le due condizioni senza le quali nessuna azione può realmente portare a dei risultati». Per la presidente «è evidente che strumenti, risorse e azioni al momento in atto non siano sufficienti». Fondi, certo. E leggi. E impegno. Perché le donne non siano lasciate sole. Soprattutto serve una rivoluzione culturale. Ma bisogna fare in fretta. Subito.
L’Unità 29.04.12
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«Delitti terribili Mi vergogno di essere uomo» di Francesca De Sanctis
Mi vergogno di essere uomo… Certe notizie offendono tutto il genere maschile». In questi giorni Filippo Timi, attore cresciuto in teatro e divenuto noto al grande pubblico soprattutto grazie al cinema (tanti i film in cui ha recitato: da Saturno contro di Ozpetek a Signorina effe di Wilma Labate, da Come Dio comanda di Gabriele Salvatores all’ultimo Com’è bello far l’amore di Fausto Brizzi) è a Milano, dove nel giro di cinque giorni si sono verificate ben 3 aggressioni a donne. «Mi fa orrore… Discredita tutti gli uomini». Dopo questi episodi e alla luce degli ultimi dati diffusi (54 donne morte per mano di uomini in questi primi mesi del 2012),il Comitato«Senonoraquando», Lorella Zanardo e il «Corpo delle donne»e moltissime altre -donne e uomini – chiedono un intervento forte per fermare questa barbarie e lo chiedono prima di tutto agli uomini. Te la senti di sottoscrivere il loro appello? «Certo. Possono considerarmi il primo firmatario. È fondamentale che gli uomini prendano coscienza e scendano in campo al loro fianco».
In questo appello i firmatari chiedono anche una legge parlamentare contro i femminicidi, perché è di questo che parliamo…
«Mi sorprende pensare di dover arrivare a chiedere una legge per difendere dei diritti che dovrebbero essere acquisiti già da tempo. Ma se si arriva a tanto significa che ce n’è bisogno. Questi episodi di violenza sono delle forme di razzismo. Le donne dovrebbero essere trattate alla pari, persistono invece ancora tante, troppe forme di pregiudizio. Difficile provare a individuare le cause che possono esserci dietro. Immagino che
un balordo scelga di approfittarsi di una donna anziché di un uomo perché pensa sia più facile farlo».
Come si può combattere questa escalation di violenza? Educando i giovani?
«Più se ne parla in casa e meglio è, su questo non ci sono dubbi. Io sono cresciuto con un nonno che prendeva le decisioni e una nonna sottomessa. In realtà poi ho capito che era lei a decidere… Tutto questo mi ha educato alla parità fra i sessi. Allo stesso modo credo che se i modelli proposti alle giovani generazioni sono dei modelli sani è chiaro che certi problemi forse non si presentano».
La televisione non contribuisce secondo te a creare certe immagini stereotipate della donna?
«Secondo me esiste la tv buona e quella cattiva. È vero che ci sono
tanti programmi diseducativi,ma è anche vero che ci sono tante giovani ragazze disposte a spogliarsi pur di avere successo. Credo sia un problema di testa. Bisognerebbe educare i giovani a sviluppare il loro senso critico».
Quale ruolo può giocare invece il cinema o il teatro in questa battaglia?
«Parlare di certi argomenti al cinemao al teatro può aiutare a sensibilizzare le persone sull’argomento. Ma credo anche che ci sia un altro tipo di violenza da combattere: le registe e le attrici sono discrimante. Quante sono le donne che curano una regia in teatro? Quante sono le donne protagoniste di un film? Anche questa è una forma di razzismo».
L’Unità 29.04.12