Un esercito di poveri. È ciò che sono diventati i pensionati nel nostro Paese. Sette milioni e 600mila sono quelli che ricevono un importo medio mensile inferiore ai 1.000 euro. Due milioni e 400mila, invece, quelli che non arrivano nemmeno a 500 euro. Ieri è stata l’Istat a rilanciare questi dati. Lo Spi-Cgil, però, questi dati li conosce bene e li denuncia da molto tempo. Anzi, secondo noi sono molti di più: quattro milioni quelli che vivono con meno di 500 euro al mese e sei milioni quelli che non arrivano ad 800 euro. Per anni abbiamo chiesto al governo Berlusconi di intervenire senza che ci sia mai stata data una risposta: e nel frattempo il potere d’acquisto delle pensioni è diminuito di oltre il 30%. Oggi ci troviamo a riproporre al governo Monti questa stessa richiesta. La condizione reddituale dei pensionati in Italia è una questione che deve essere risolta con urgenza, e con misure tese a tutelare il potere d’acquisto delle pensioni, pena il loro ulteriore e drammatico impoverimento. Per farlo bisogna intervenire in tre direzioni. Innanzitutto togliendo il blocco della rivalutazione annuale, introdotto prima da Berlusconi e poi consolidato attraverso la riforma Fornero, con il solo scopo di fare cassa. Occorre poi intervenire per ridurre il prelievo fiscale che, come per il lavoro dipendente, è diventato ormai insostenibile. Che paghi oggi chi non l’ha mai fatto, chi ha evaso, chi ha dichiarato molto meno di quanto ha guadagnato, chi ha portato i propri incassi nelle banche svizzere o in esotici paradisi fiscali. I pensionati italiani non ne possono più, schiacciati come sono dal costante aumento del costo della vita, dei prezzi, delle tariffe, della sanità e perfino dei beni di primissima necessità. È impensabile e ingiusto che si introducano nuovi ticket e che la sanità pubblica sia sempre più costosa, a fronte di una sempre minore efficienza e qualità. Non ne possiamo più di vedere il massiccio spostamento di risorse dal pubblico al privato per saziare chi ha fatto dell’assistenza socio-sanitaria un vero business in tutti i sensi, come dimostrano i continui scandali che stanno emergendo giorno dopo giorno. C’è poi la questione della non autosufficienza, sulla quale abbiamo fino ad oggi registrato tante belle dichiarazioni e tante buone intenzioni, senza vedere però ancora un euro di stanziamento per il Fondo nazionale che il governo Berlusconi ha vergognosamente cancellato. Sideve ritirare il blocco della rivalutazione, riformare il fisco rendendolo finalmente equo e potenziare il sistema pubblico dello Stato sociale. Sono questi gli interventi che il governo deve approntare se non vuole rendersi corresponsabile del totale decadimento della condizione dei pensionati italiani. Tutti parlano di crescita e sviluppo, nessuno che abbia ancora colto nel welfare grandi opportunità occupazionali e di rilancio dell’economia. Non va dimenticato che il welfare è un mezzo per realizzare quella giustizia sociale di cui tanto si dice ma su cui poco o nulla si è fatto. Tutelare i redditi da pensione significa inoltre far girare i consumi e quindi l’economia. C’è bisogno di una vera patrimoniale, che non può essere realizzata tramite una Imu che finisce per colpire sempre i soliti, e anche in questo caso soprattutto i pensionati. Che paghino i ricchi, quelli veri e compresi quelli che sono in pensione. C’è chi si ostina poi a fomentare strumentalmente un fantomatico egoismo degli anziani con il solo scopo di provocare uno scontro intergenerazionale. Si dovrebbe cominciare invece a parlare della generosità e dell’altruismo degli anziani verso i figli e i nipoti, in quanto si privano della già modesta pensione che ricevono pur di aiutarli a sopravvivere in un Paese che li esclude o li espelle dal mondo del lavoro. Illustri economisti del Fondo monetario internazionale, che hanno più di qualche responsabilità rispetto alla crisi mondiale in atto, avvertono che l’aumento dell’aspettativa di vita porterà a un insostenibile costo del welfare. Una tesi secondo la quale invecchiare è bello purché non si gravi troppo sull’insieme della società, quasi come se gli anziani non ne facessero parte. Gli anziani di oggi sono stati nel secolo scorso la spina dorsale di questo Paese. Sono quelli che hanno conquistato libertà e democrazia, sono quelli che hanno reso competitivo il nostro sistema produttivo lavorando e faticando. Il governo, le Regioni, i Comuni e tutti i partiti devono convincersi che dare dignità alla condizione di anziano è un dovere civile e sociale. Da una classe politica che governa l’economia, che decide le sorti del Paese e che non è sicuramente giovane ci aspetteremmo un’attenzione maggiore proprio perché anche loro fanno o faranno a stretto giro parte di questa stessa generazione di anziani. I pensionati non pretendono la ricchezza ma un reddito dignitoso, un lavoro e un futuro per i giovani perché sanno bene che senza questi elementi sarà difficile che la loro condizione potrà migliorare. E per questo chiedono al governo, tecnico o non tecnico che sia, un progetto basato sulla giustizia sociale che porti più uguaglianza e meno povertà. Oggi tutti dichiarano che è uno scandalo che le pensioni siano così basse. Ci aspettiamo un impegno concreto perché di parole i pensionati (e anche io) sono stanchi.
*Segretario generale Spi-Cgil
L’Unità 27.04.12