La Lega di Lotta e di Sottogoverno, cultrice dei riti celtici tra i bravi valligiani del nord, dove mai poteva incistarsi se non nell´antico residuale dinosauro delle Partecipazioni Statali sopravvissuto a Tangentopoli. Mutuando con destrezza a Roma ladrona gli usi e gli abusi che della Finmeccanica, pur campione nazionale tecnologico nel settore degli armamenti, hanno fatto per decenni la sentina della prima e della seconda Repubblica.
«Orsi e ricorsi», ci dice oggi un superstite degli storici boiardi di Stato, ironizzando sul cognome del nuovo presidente e amministratore delegato Giuseppe Orsi, collocato su quelle poltrone dopo l´ultimo epico scontro tra Gianni Letta, lord protettore del predecessore Pier Francesco Guarguaglini, e Giulio Tremonti, titolare col suo protegé Marco Milanese dell´ufficio di collocamento dei nuovi, famelici boiardini padani.
«Guarguaglini ha fatto grande questa azienda nel mondo», proclamava Letta mentre nuovi scandali avviluppavano quotidianamente il palazzo romano di piazza Montegrappa, percorso da faccendieri, impostori, mediatori internazionali, ladri e sicofanti. «Non si discute, tocca a noi», replicava Giancarlo Giorgetti, ex bocconiano di Cazzago Brebbia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, riservato capo dell´ala diciamo «tecnocratica» del Carroccio – sottogoverno e poltrone – che aveva già collocato nel consiglio d´amministrazione Dario Galli, presidente della provincia di Varese, di sicuri e sani sentimenti xenofobi: «I profughi – asseriva quando i poveretti morivano come mosche in mare – se li prendano quelli che votano centrosinistra e che hanno grandi case». Ma sugli affari opachi africani non aveva mai da ridire.
Orsi, era già nella retrovia leghista alla Agusta Westland, pronto a fare il salto, con la promessa di trasferire poco a poco l´asse di comando verso il nord, possibilmente Varese, città fatale del Carroccio. Promessa subito onorata dopo la promozione, con lo spostamento della sede legale di Alenia da Pomigliano d´Arco, quell´abisso terrone, a Venegono. Non è lì, poi, che lavora da dirigente Emilia, la consorte di Roberto Maroni, capo in pectore delle armate leghiste? Ora l´accusa dice che forse il presidente e amministratore delegato per favorire la propria promozione in Finmeccanica ha dovuto anche mettere insieme una provvista di una decina di milioni per i partiti e segnatamente per la Lega, attraverso la vendita di dodici elicotteri Agusta AW 101 all´India. La fonte non è propriamente tra le più affidabili, è quel Lorenzo Borgogni, dispensatore di tangenti a se stesso e ai partiti, che Marco Milanese definisce «ladro di polli» – il bue che dà del cornuto all´asino – ma visti i precedenti non si fatica a crederci.
L´affaire India è soltanto l´ultimo – per ora – di un intrico di scandali e inchieste giudiziarie nel quale non è più facile orientarsi. Dagli appalti dell´Enav, ente cadetto, con i 200mila euro all´Udc di Pier Ferdinando Casini, al riciclaggio per l´acquisto della Digint imbastito dal vecchio fascista Gennaro Mokbel; dalla corruzione internazionale per le commesse in America Latina con le navi da guerra regalate a Panama per ottenere un appalto da 165 milioni a Telespazio, con i buoni uffici di Valterino Lavitola che finalmente in galera ha da raccontarne delle belle, fino alle consulenze affidate ai resti delle notti di Berlusconi, come ha scolpito l´ex amministratore della Selex Marina Grossi, consorte di Guarguaglini.
Ex fasci, ex diccì, ex piesseì e leghisti, tutti insieme appassionatamente a spolpare l´ultimo grande gruppo manifatturiero d´Italia, secondo solo alla Fiat, con 18 miliardi di fatturato e 75 mila dipendenti, nato nel 1948, ma che con l´Ansaldo ha già le sue radici a Genova nel 1853. Non manca quasi nessuno nell´album di famiglia. Vai un po´ a spulciare e trovi anche il giro Formigoni. Orsi, cattolico fervente non lontano da Comunione e Liberazione, è appena reduce da un processo con l´accusa di aver pagato 50mila euro alla Condonly per l´acquisto di elicotteri Agusta dall´Avio Nord, controllata dalla Regione Lombardia e per vendere velivoli a Cuba. Ne è stato assolto, ma – guarda un po´ – questa Condonly è la stessa protagonista dello scandalo Oil for Food, il petrolio dispensato a suo tempo da Saddam Hussein, che produsse una girandola di tangenti. Una parte finì sul conto “Paiolo” di Alberto Perego, grande amico e coinquilino di Formigoni nella santa casa milanese dei Memores Domini.
Lasciamo pure perdere le assunzioni clientelari, peccato diciamo veniale rispetto al resto, come ad esempio quelle dei figli di Massimo Ponzellini, l´ex prodiano di ferro di cui Bossi disse: «L´abbiamo messo noi presidente della Banca Popolare di Milano» (dove, come al solito, ha combinato pasticci per i quali è indagato) per spiegare come funziona da sempre il sistema Finmeccanica attraverso le parole di un suo dirigente, tale Domenico Lunanuova, che in una telefonata a Giampy Tarantini, fornitore di “patonza” all´infoiato di Arcore lo avverte: «La carne ce la mangiamo tutti… Però se so che tu ti fai la parte che è la polpa e io mi devo fare l´osso, sappi che un pezzo di polpa me lo devi dare». Più esplicito di così. Una polpa che non ha mai trascurato nessuno, fin dai tempi dell´antico presidente Camillo Crociani, l´ex insegnante di educazione fisica fuggito all´estero per lo scandalo Lockheed che terremotò ante litteram la prima Repubblica. La sua signora Edoarda Vasselovsky, alias Edi Vessel detta miss «Due miliardi», è rimasta in Italia azionista di maggioranza della Vitrociset, con la Finmeccanica socio di minoranza, partecipando finora al lavorio indefesso delle cricche.
Oggi il vecchio dinosauro delle Partecipazioni statali percorso per decenni da losche vicende, perde due miliardi e mezzo di euro, impiombando il Tesoro che ne controlla il 32 per cento e gli azionisti, che hanno perduto in dodici mesi circa il 70 per cento dei loro risparmi. Nel 2000 La partecipazione pubblica fu ridotta da D´Alema, che non volle la privatizzazione per evitare che il gruppo fosse rivenduto pezzo per pezzo ai concorrenti europei.
Orsi stava adesso preparando un piano di dismissioni di almeno un miliardo per evitare di colare a picco, vendendo il settore civile, a cominciare dai treni dell´Ansaldo Breda. «La mediocrità di tenere dentro tutto – aveva detto – ci porta al fallimento». Ma, a parte il fatto che, come la storia dimostra, la proprietà privata non garantisce più onestà di quella pubblica, Mario Monti ha spiegato nel suo recente road show londinese: «Lo Stato non ha necessità di andare sul mercato. Gli attuali prezzi di mercato non inducono il governo a privatizzare società pubbliche».
Per di più, il governo non affiderebbe mai un´operazione del genere a Orsi, fiduciario catto-leghista che il ministro Corrado Passera, con molti suoi colleghi, vede come il fumo negli occhi. Per cui il suo destino è segnato. Si andrà forse a un ballottaggio tra Alessandro Pansa sostenuto da Vittorio Grilli (ma non era già lì nei corridoi dei faccendieri di ogni risma?), Franco Bernabè o chissà chi altri. Mentre l´ala “tecnocratica” del Carroccio, ben omogenea all´ala “Cerchio Magico”, finirà di affossare le residue ambizioni elettorali. «Per la Lega – ha detto Bossi – è stato un errore andare a Roma. Spero che nessuno vada più a fare il deputato a Roma, compreso me».
Ogni promessa è un debito.
La Repubblica 26.04.12