La campagna elettorale è virtualmente iniziata. Le bordate sparate ieri da Silvio Berlusconi ne sono la plastica rappresentazione. Al di là della effettiva celebrazione del voto politico in autunno – per niente scontato –, le parole del leader Pdl sono però il segno che la luna di miele nella maggioranza, e con il governo, si è ormai esaurita. Tutti stanno piazzando le rispettive truppe per affrontare la volata verso le urne. Il Cavaliere lo ha fatto per primo. Perché sa che la sua corsa si sta sempre più rivelando una rincorsa e per di più in salita. I sondaggi assegnano il minimo storico al suo partito. Le risse interne sono quotidiane e a pagarne il prezzo maggiore è il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Il campo del centrodestra è il più confuso: senza una strategia chiara, senza un asse definito. Senza un appeal elettorale specifico. Ma soprattutto quello spazio è diventato contendibile. In primo luogo dai centristi di Casini e dal futuro Partito della Nazione. Che possono approfittare di un´immagine decisamente appannata dell´ex premier e sfruttare la crisi della seconda gamba del centrodestra: la Lega.
Per affrontare la salita, allora, Berlusconi cerca di rimescolare tutte le carte. E lo sta facendo su due sponde diverse. La prima lo sta portando a prendere le distanze dal governo Monti. I suoi sondaggi riflettono un calo nella popolarità dei tecnici. Il 70% degli elettori di centrodestra vorrebbe tagliare il rapporto con i “professori” e tornare rapidamente alle urne. Il Cavaliere vuole intercettare quel malumore. Che, peraltro, con ogni probabilità esploderà quando a giugno gli italiani saranno chiamati a pagare l´Imu. Nel frattempo però si riverserà con fragore sulla prossima tornata amministrativa di maggio. Un appuntamento che rischia di essere dirompente per il Pdl.
La seconda sponda che costringe il Cavaliere a sventolare la carta del voto anticipato tocca proprio il suo partito. Dilaniato dalla lotta intestina tra le correnti, a un passo dall´esplosione e soprattutto soggetto ad una “scalata ostile” da parte di Casini. Non a caso, per bloccare l´Opa dei centristi, l´ex premier sta iniziando a porre il veto sulla riforma elettorale. Ad una legge che libera i partiti dall´obbligo di coalizione, spezza ogni legame tra il Pdl e la Lega e rende ancor più attraente il nuovo soggetto moderato del Terzo Polo. Uno scenario che non solo farebbe perdere per sempre a Berlusconi il controllo dell´area moderata ma renderebbe comunque residuale il suo ruolo. Con il Porcellum le chance di conservare una centralità anche nella sconfitta restano in larga parte intatte. Perché il suo obiettivo resta quello di trattare i suoi interessi anche stando all´opposizione ma potendo gestire un pacchetto consistente di seggi. Forse anche per questo ha sostanzialmente archiviato l´idea di candidare Alfano come premier e non esclude più rimettersi in pista: «Sono l´unico che può tenere unito questo partito e ricucire con Bossi».
Per inseguire questi obiettivi, allora, l´ex premier ha una sola arma: prendere le distanze da Monti e minacciare le elezioni. E in caso provocarle. Possibilmente scaridandone la responsabilità sul Pd. Nella convinzione che una parte dei Democratici stiano coltivando la tentazione di affrettare il ritorno al voto. Tutti i sondaggi del resto danno il Pd in netto vantaggio. Ma con l´attuale legge elettorale, Bersani non solo non potrà fare affidamento sul Terzo Polo di Casini, ma dovrebbe resuscitare la cosiddetta foto di Vasto e l´alleanza con Idv e Sel. Un´opzione da cui aveva cercato di allontanarsi in questi mesi. Soprattutto dovrebbe di fatto rinunciare a qualsiasi apporto da parte dei ministri tecnici e dello stesso Monti. Il Professore, infatti, non sarebbe più spendile in una coalizione con Di Pietro.
Le elezioni ad ottobre al momento non sono ancora l´ipotesi più probabile. Ma anche se si votasse nel 2013, la campagna elettorale è di fatto iniziata. I più preoccupati di questa situazione sono il presidente della Repubblica Napolitano e il presidente del Consiglio. Il primo ha colto la necessità di assegnare rapidamente all´esecutivo un altro obiettivo vitale e evitare il pantano dei veti incrociati. Non basta più risanare i conti per andare avanti. Palazzo Chigi deve individuare un´agenda più “popolare” per mettere a profitto almeno i prossimi sei o sette mesi di lavoro. E Monti sa bene che il suo governo cammina su un crinale scivolosissimo. La preoccupazione è altissima, il rischio-paralisi elevatissimo. E la sua forza non può solo basarsi sulla debolezza delle forze politiche e sull´idea che nessuno si assumerà la responsabilità di farlo cadere.
La Repubblica 25.04.12
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“Berlusconi lancia il voto a ottobre No di Pd e Udc”, di Carmelo Papa
Il leader del Pdl Berlusconi punta ad andare alle elezioni a ottobre. Netto no all´ipotesi voto anticipato da parte del Pd e dell´Udc. Il segretario dei democratici Bersani propone il dimezzamento dei fondi pubblici ai partiti rispetto agli attuali rimborsi elettorali: «Se i lavoratori stringono la cinghia, noi dobbiamo stringerla il doppio».
Agita lo spauracchio del voto anticipato a ottobre, «bisogna tenersi pronti», ma dice che è il Pd a volerlo. Lancia l´appello all´unità dei moderati, ma ammette che al massimo si può scommettere su una confederazione dei partiti centristi. Annuncia che cambierà il nome del Pdl, ma solo quello, perché contenuti e dirigenti non si toccheranno. Ripete che il segretario Alfano il “quid” ce l´ha, ma si guarda bene dall´indicarlo quale candidato premier per il 2013. Silvio Berlusconi ricompare al cospetto dei suoi dopo quasi un mese di ritiro. Più che provato, lo descrivono sconfortato per l´incalzare del processo Ruby, l´inchiesta Lavitola e l´eco delle intercettazioni audio delle “Olgettine”. Ad ogni modo monopolizza il deserto prefestivo di Montecitorio riunendo prima i coordinatori regionali e provinciali per quasi due ore al gruppo Pdl, poi facendosi portare a pranzo per la prima volta al ristorante della Camera da Maurizio Lupi («Perché non mi inviti mai qui?») e tre deputate: Barbara Saltamartini, Beatrice Lorenzin e Maria Rosaria Rossi. Ed è lì, al fianco di Alfano, che si lascia andare agli sfoghi più personali. «Dobbiamo lavorare a una confederazione dei moderati, deve essere quella la nostra prospettiva» spiega ai commensali. Delle resistenze del leader centrista il Cavaliere confessa di non capacitarsi, mentre passa da una pasta al pomodoro a una mozzarella con prosciutto crudo: «Pier Ferdinando cosa vuole in più? Continua a chiedermi un passo indietro, ma io di passi indietro ne ho fatti due. Il primo dal governo, il secondo dal partito. Io l´accordo con lui l´avrei fatto anche nel 2008, ma è stato Fini a opporsi». Un paio d´ore prima, al vertice con i coordinatori freschi di elezione ai congressi, era stato esplicito: «Solo se noi moderati ci presenteremo uniti alle prossime elezioni potremo vincere e evitare di consegnare il Paese alla sinistra». Pensa a una «confederazione», ognuno col suo simbolo, sorta di riedizione del «Polo del buongoverno» e avverte: «Chi dividerà i moderati per ragioni personali, si esporrà a pesanti accuse». Ma ancora una volta Casini non pare convinto. «L´unità dei moderati – gli manda a dire – si costruire su cose concrete, sui programmi, non su nominalismi». Lo stesso ruolo di primo piano che Berlusconi ritaglia ancora per sé resta l´ostacolo insormontabile per i centristi. «Resta il problema di come i voti moderati sono stati rappresentati in questi anni» ragiona Casini chiudendo per ora le porte e sottolineando: «Al voto si va ad aprile-maggio 2013».
Invece per Berlusconi ogni scenario è possibile «Dobbiamo tenerci pronti a ogni eventualità – dice ai coordinatori riuniti con pochi deputati – Se si andasse a elezioni a ottobre, la sinistra potrebbe vincere, con questo sistema elettorale, visto che la Lega masochisticamente ha deciso di andare sola e Fini ha fatto quel che ha fatto». Il Cavaliere sostiene che sia proprio il Pd di Bersani a spingere in quella direzione, ispirato dai sondaggi favorevoli. Ma proprio il segretario dei democratici lo sconfessa: loro sosterranno il governo Monti fino al 2013, «se lui ha un´altra idea lo dica, ma non parli per noi… Mi consenta». Tanto più che mentre il leader Pdl evoca elezioni a ottobre, viene distribuito ai coordinatori il vademecum per la lunga campagna con tanto di logo “elezioni2013pdl”. Parlando ai suoi invece Berlusconi conferma il cambio di nome, ma «il partito resta lo stesso, composto dalle stesse persone che credono nelle nostre idee». E sarà guidato da «Angelino, che ha quel quid in più», dice per smussare quanto dichiarato a marzo da Bruxelles. A pranzo rivela di essere molto amareggiato per «i tribunali che mi perseguitano», ma anche per quanto accaduto all´amico Bossi. Spera ancora nell´alleanza. Il Senatur, interpellato in serata, svela di aver ricevuto la telefonata e l´offerta di aiuto dal Cavaliere, giorni fa, ma di aver risposto: «Grazie, ma facciamo da soli». Sul voto a ottobre taglia corto: «Magari, ma non si è mai fatto. Vince la sinistra? Speriamo di no» dice esibendo il consueto dito medio. Cauto sulle alleanze, «aspettiamo ottobre per deciderlo».
La Repubblica 25.04.12
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