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"Sberleffi e striscioni Partigiano contestato in un liceo romano", di Mariagrazia Gerina

Al liceo romano Avogadro un gruppo di studenti legati a Forza Nuova, organizzazione di estrema destra, contesta pesantemente il partigiano Mario Bottazzi. Solidarietà del mondo politico. «Beffato partigiano al liceo Avogadro», hanno rivendicato sul loro gruppo facebook, subito dopo il blitz. Una irruzione durante una assemblea organizzata dal collettivo studentesco del liceo Avogadro di Roma per ricordare il 25 aprile. Per l’occasione, gli studenti del collettivo avevano invitato nella loro scuola il presidente del vicino circolo Anpi, Mario Bottazzi, ex partigiano, che combattè nelle montagne attorno a Piacenza.
LA PROVOCAZIONE
Iniziativa che a quelli di Lotta studentesca, organizzazione giovanile di Forza Nuova, non è piaciuta per niente. Si sono presentati in tre o quattro, con uno striscione: «Papà castoro raccontaci una storia», lo hanno srotolato, durante l’assemblea, a irridere il testimone della Resistenza, che aveva appena finito di parlare. Favole, secondo loro. «Parlaci piuttosto dei preti cattolici ammazzati dopo la Liberazione», ha chiesto uno di loro. «È chiaro che era una provocazione, meditata e preparata, nel modo più meschino», ricostruisce la scena Mario Bottazzi: «Lo sapevamo, per quello avevamo allertato la polizia». Che, presente fuori dalla scuola, è stata chiamata a intervenire dalla stessa preside «per riportare la calma».
Da giorni, i militanti di Lotta studentesca avevano fatto partire il tam tam. «Contro il monopolio ideologico delle assemblee scolastiche, contro gli assassini trattati come eroi, boicotta l’assemblea d’istituto», recita un post pubblicato su facebook dal gruppo «Lotta studentesca Avogadro» tre giorni prima dell’assemblea, ovvero mercoledì scorso. Con tanto di volantino del collettivo riprodotto (simbolo compreso: un martello che distrugge la svastica) a indicare bene quale era l’iniziativa da boicottare. «Non lasciare la memoria nelle loro mani», recita un altro manifesto postato sempre dai militanti di Lotta studentesca lo stesso giorno. E a seguire il botta e risposta con una studentessa del collettivo, che aveva organizzato l’incontro con il presidente del circolo Anpi. «Invece di organizzare monologhi non sarebbe stato meglio un dibattito, invitando oltre a un partigiano un reduce della Rsi o i familiari delle vittime di via Rasella?», la attaccano quelli di Lotta studentesca. Un fuoco di fila che aveva spinto l’Anpi ad allertare il commissariato di zona. «Non è certo il primo episodio firmato da Lotta studentesca in quella scuola», spiega Elena Improta, vicepresidente dell’Anpi di Roma e consigliera Pd del II municipio. Lo scorso 27 gennaio, giorno della memoria ricorda -, sempre all’Avogadro fu cancellata una iniziativa sulla Shoah, perché avevano allagato la scuola. «Anche allora segnalammo l’episodio al commissariato: queste non sono bravate, se le chiamiamo così alimentiamo il ghetto e releghiamo chi le fa nel ruolo di fascistelli». Quanto all’antifascismo: «Non è certo andare contro i fascisti nelle piazze ma combattere il fascismo culturalmente», ci tiene a dire.
A difesa della memoria, intanto, si leva il presidente della Provincia di Roma Zingaretti: «Se in Italia oggi c’è democrazia lo si deve anche al coraggio di partigiani come Bottazzi». «Un italiano che quando aveva la stessa età di quei ragazzi che lo hanno offeso è andato sulle montagne», lo ringrazia il segretario del Pd Lazio Enrico Gasbarra. E lo stesso Alemanno condanna: «Un atto inaccettabile sotto ogni punto di vista».

l’Unità 22.4.12

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Intervista a Mario Bottazzi «Un brutto segno, bisogna resistere»
Parla l’aggredito: «Solo provocatori, gruppi che nella Roma di Alemanno trovano sponda», di Mariagrazia Gerina

M io fratello era del ’25 e quelli della sua età, nella Repubblica di Salò, se non si presentavano venivano fucilati. Salì in montagna, io, più giovane, decisi di andargli dietro, non potevo fare altrimenti». Ecco, quando fece la sua scelta Mario Bottazzi, il partigiano insultato alla vigilia del 25 aprile, aveva sedici anni, più o meno l’età di quei tre ragazzi di Lotta studentesca che lo hanno contestato. «Una provocazione premeditata e meschina», si amareggia lui, che della testimonianza nelle scuole ha fatto una ragione di
vita. «Altro che favole».
Come è andata?
«Erano tre, hanno srotolato lo striscione. Poi mi hanno chiesto: “Lei cosa dice dell’assassinio di quel prete a Rimini dopo la Liberazione?”. Volevano provocare: dimostrare che i partigiani erano delinquenti. Li conosciamo bene, per questo abbiamo allertato il commissariato». Chi sono? Cosa li spinge a contestare una storia che non conoscono?
«Un tempo pensavo che fosse per ragioni familiari. Ma non è così. In questi anni abbiamo visto nascere grup-
pi di tutti i tipi a Roma. Non c’è solo Casa Pound. Quelli che mi hanno contestato si arrabbiano se gli dici che sono di Casa Pound. Il punto è che nella Roma di Alemanno trovano sponda. Non c’è iniziativa che non corrano a contestare con migliaia di manifesti: chi glieli dà i soldi?».
Lei aveva più o meno la loro età quando è diventato partigiano?
«Non avevo ancora compiuto 16 anni. Venivo da una famiglia di antifascisti. Mio padre era stato licenziato dall’Arsenale militare dove lavorava come meccanico perché non aveva la tessera del fascio…».
Cosa ricorda del 25 aprile?
«Per noi a Piacenza il giorno della Liberazione fu il 28: gli alleati restarono fuori, lasciando che fossimo noi partigiani a entrare per primi, un riconoscimento del ruolo che aveva svolto la lotta partigiana».
Che valore ha oggi quella lotta?
«Abbiamo sconfitto i tedeschi e il fascismo, ci siamo messi nella condizione di ricostruire un Paese che allora era totalmente distrutto. Il regime ci aveva portato al disastro». Che pensa della decisione di tenere aperti i negozi anche il 25 aprile. «Sono anche quelli attacchi al 25 aprile. Ha fatto bene Pisapia a non accettare la cosa. C’è ancora da resistere».

L’Unità 22.04.12

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