Le proposte di “Se non ora quando” per la riforma elettorale: doppia preferenza e sanzioni per le liste che non adotteranno i criteri di parità. «Vogliamo accelerare il cambiamento». La necessità di un ricambio generazionale Le donne di Se non ora quando hanno un «nuovo» obiettivo: affrontare il muro di gomma della rappresentanza femminile in politica, in vista delle elezioni prossime e semi prossime (amministrative di maggio, nazionali dell’anno prossimo), e dell’arrivo in Parlamento, entro un paio di mesi al massimo, della discussione su riforma elettorale e dei partiti. L’ultimo incontro nazionale – ieri a Milano – è servito a fare il punto e a produrre proposte da sottoporre poi all’attenzione dei partiti: in caso di riforma della legge elettorale, le donne chiedono si preveda la possibilità del «50e50» in partenza. In sostanza, le liste elettorali dovranno essere paritarie e prevedere l’alternanza di
candidati uomini e donne, con attenzione anche alla testa di lista. Nei collegi uninominali va garantita un’equa rappresentanza di genere. Fatto del tutto nuovo, la legge dovrebbe contemplare delle sanzioni, fino all’inammissibilità delle liste, in caso non venissero rispettati i criteri. Il fil rouge è lo stesso se si andasse a votare con il Porcellum: la richiesta a tutti i partiti di costruire liste paritarie, e l’indicazione da parte del movimento di votare solo le liste «virtuose». «Non vogliamo discutere di nicchie, di quote – dice Barbara Pollastrini, parlamentare Pd – ma di come risolvere la grave crisi di democrazia e rappresentanza che stiamo vivendo nel Paese». I numeri sono lì a confermarlo: la media italiana delle parlamentari donne non centra il 22% (nel Pd è del36%), e questo considerando solo la Camera. Siamo al 48esimo posto in classifica, in pratica veniamo dopo il Ruanda (con il 56% di donne), e pure dopo l’Uzbekistan. Anche la senatrice Pd Marilena Adamo punta sull’«intensa stagione di riforme», aggiungendo una proposta che riguarda il nuovo corso dei rimborsi elettorali: «Si può inserire una clausola per la quale vengono persi anche nel caso non si accettino le norme antidiscriminatorie».
Come dice Elena Lattuada, della segreteria della Cgil Lombardia, «le proposte sono tante, tutti utili strumenti al fine della democrazia rappresentativa. Ma il punto è che vogliamo
un’accelerazione su questi temi: il movimento delle donne deve incidere di più nella dimensione del potere». Perché questo avvenga, però, la ricercatrice universitaria Elena Del Giorgio ricorda una condizione essenziale, il ricambio della classe dirigente politica: «In Italia non c’è mai stato, e questo ha avuto effetti nefasti». Il tema, insomma, è la stretta relazione tra genere e anagrafe.
Tra i contributi della giornata di ieri anche il video prodotto da Giulia, la rete nazionale delle giornaliste unite, ad illustrare i numeri, le buone pratiche e le lotte del movimento delle donne.
L’Unità 54.04.12