Oggi show dell’orgoglio padano. Ma i triumviri (tra cui Maroni) già affondano. E coi veneti è gelo. Altro che serata dell’orgoglio leghista ferito, stasera, alla fiera di Bergamo – sede “calderoliana” scelta a suggello del patto di non belligeranza tra le due anatre zoppe Maroni e Calderoli – altro che green pride padano. Perché i fatti raccontano un’altra storia. «Ci hanno lasciato tutti a Kooly Noody», canta il fine bodyguard di Rosy Mauro nella hit del suo album Tra dire e tradire, il cui titolo, gira che ti rigira, condensa la metafora della Lega: che ne ha dette tante e tradite moltissime.
Quelli di Cald
Alcune pennellate sulla situazione, strappato il velo della favola sulla Lega che rinasce dalle proprie ceneri? Un nuovo tesoriere, Stefano Stefani, senatore con la terza media, già finito nell’inchiesta sul villaggio turistico leghista in Croazia ed ex membro del cda della surreale banca leghista Credieuronord. Il neo-nominato triumviro Roberto Calderoli il cui nome («Quelli di Cald come faccio, come li giustifico?») rispunta nelle intercettazioni sui movimenti di soldi di Belsito insieme ad Aldo Brancher, che a suo tempo scagionò l’amico leghista e si prese la responsabilità di una tangente dell’ex banchiere Fiorani, salvatore della Lega dal crac Credieuronord.
La vergine Maroni
Ciliegina sulla torta, ecco Bobo Maroni, l’aspirante successore di Bossi che veste i panni del salvatore della patria e “ripulitore”: «Pulizia pulizia, pulizia, mi sono francamente rotto di Cerchi magici e Culi Nudi», ha scritto su Facebook. Peccato che questo Bobo-Alice nel paese delle meraviglie sia lo stesso che è accusato da un “epurato” del Carroccio come l’ex capogruppo alla camera Cè di aver girato la testa di fronte ai sospetti sui comitati d’affari al vertice di via Bellerio («Ora vuol fare la vergine»), lo stesso che per tredici anni non ha mai sollevato il caso del sindacato-fantasma di Rosy Mauro, lo stesso che da ministro dell’interno ha negato con sdegno ogni relazione tra penetrazione della criminalità mafiosa al Nord e possibili contatti con la Lega, mentre il vertice amministrativo leghista (secondo le testimonianze acquisite dai pm già all’epoca dell’ex tesoriere Balocchi) aveva rapporti col procacciatore d’affari della ‘ndrangheta Romolo Girardelli.
Il solco veneto
Quanti leghisti veneti ci saranno stasera a Bergamo? Qualcuno noterà e peserà i numeri. I lùmbard diranno che si tratta in fondo di un’iniziativa locale. Ma tutti sanno che non è così, che tra veneti e lùmbard travolti da scandali e inchieste il solco s’allarga, tanto che c’è già chi ipotizza un segretario federale veneto, mentre si riavvicinano il sindaco di Verona Tosi e il governatore Zaia i quali, oltre ad agitare la ramazza alla Maroni, hanno anche una linea: quella dell’«opposizione più responsabile» teorizzata da Zaia. Mentre c’è chi legge nelle parole di Tosi un messaggio in codice e un avviso al triumviro Calderoli: «Come si fa a fare pulizia? Basta vedere i soldi usciti e chi li ha utilizzati: e quelli se ne vanno dal partito».
Bocconiano capogruppo
Nel silenzio assordante del presidente dei senatori leghisti Bricolo, legato a doppio filo col Cerchio magico e Rosy Mauro, si coglie che anche la sua poltrona (oltre a quella della “Nera”) trema: in pole position il maroniano Massimo Garavaglia (che dovrebbe anche rimettere le mani nel Sin.Pa) bi-laureato alla Bocconi e alla Statale di Milano. Ma la vera emergenza, ora, sono le elezioni che si avvicinano e l’aria di batosta annunciata. Perché la campagna retorica sull’orgoglio ferito del Carroccio con annesse liturgie autoconsolatorie – questo è il vero dramma nel dramma della Lega – parla soltanto ai militanti, alla base, a quelli che gridano “Padania libera”, attaccano manifesti e mangiano salamelle a Pontida: che sono, si calcola, appena l’8 per cento dell’attuale elettorato leghista. Ma il resto, il 92 per cento di chi votava Lega, abboccherà alla storiella della cricca dei malvagi scrocconi all’insaputa del santo Bossi e del puro Maroni?
da Europa Quotidiano 10.04.12