La magia ha questo di bello, o di brutto, dipende: che sfugge al dominio della realtà e quasi sempre si fa beffe della ragione, per cui adesso tutta l´avventura della Lega rischia di potersi rileggere. E di potersi riscrivere alla luce della lanterna che rischiarava la notte padana da lassù, nella mansarda della villetta di Gemonio, tra le pagine di tutti quei libri che Umberto e la Manuela sfogliavano con segreto ardore.
“Magia nera, cartomanzia, astrologia…” rivela golosamente all´amico tesoriere e dovutamente sempliciotto la segretaria-portinaia di via Bellerio – e ce ne sarebbe già quanto basta per innescare una caccia alle streghe. Sennonché, come si può notare in questi giorni, il Cerchio Magico logora chi ce l´ha, con il che si rende fortunosamente superfluo ogni eventuale rogo della bibliotechina esoterica della famiglia Bossi, o peggio della Manuela, di quei testi occulti divenuta lettrice così esclusiva da tenerli ammonticchiati sul pavimento.
Non che proprio si sentisse il bisogno, con tutto quello che sta emergendo in termini di quattrini, della negromanzia padana, forse però inevitabile in un tempo così tecnologicamente regressivo, il medioevo più internet, e dalle parti della Lega ancora di più. In verità, questa storia dei libri magici in mansarda, e più in generale di una passione ermetica condivisa in famiglia, era in qualche modo risaputa. E´ precisamente nell´aprile del 1995 che Bossi, a quei tempi assiduo disegnatore di schemini con misteriose freccette e arcane definizioni, invocò per la prima volta il “cerchio magico”. Ma per attribuirlo, anzi per scagliarlo addosso al suo ex alleato e ora asperrimo nemico Berlusconi. Era lui, il Cavaliere, il “mago malefico” che voleva imprigionare la Lega – e in particolare Bobo Maroni, allora pencolante – in un incantesimo. Nella designazione Bossi comprendeva anche il potere della tv, che “lavava il cervello alla gente”. Ma il linguaggio di quelle uscite, relativamente insolite per un fantasista come lui, suonava appropriato a una cultura cui la politica italiana, che da poco si era tolta dai piedi democristiani e comunisti, era a dir poco restia ad attingere.
Da quel frasario vagamente iniziatico si poteva dedurre che i libri del pensiero tenebroso stavano arrivando a Gemonio. Di certo il loro afflusso crebbe in abbondanza e intensità. Tanto che nel 1996 Bossi salì sul cavallino bianco della secessione, in senso strettamente politico. Su di un altro piano, meno immediatamente intellegibile, prese ad alimentare un dirizzone metapolitico piuttosto caotico e anche buffo che a tratti lo faceva parlare come un capo indiano, ma dietro il quale sembrava di scorgere un precipitato misteriosofico d´incerto discernimento e ancor più improbabile rifornimento che con il pretesto degli antichi celti teneva assieme audaci panteismi, passioni fluviali, credenze druidiche, stirpi solari e iperoboreali, magie delle nebbie e degli elfi.
E venne il tempo dell´acqua del Monviso, del dio Po, dell´ampolla e dei riti veneziani di sposalizio con il mare. Per via del grande fiume e di una stella più esoterica di altre al quartogenito, ignara e innocente creatura, come in un disegno di Novello, Umbertone e la Manuela imposero il nome di Eridanio Sirio. E dopo l´acqua santa, arrivarono, nel senso che andarono a prenderle con l´elicottero, anche le pietre sante del sacro monte, e tutto divenne sacro per mano del Senatùr: il sacro sole alpino, il sacro giuramento e il sacro pratone di Pontida, dove si fecero le promesse del sacro matrimonio padano, da celebrarsi con sacre formule e da innaffiarsi con idromele, per una generazione di giornalisti politici fu un periodo spassoso e indimenticabile. E non solo perché le nozze celtiche di Calderoli, per dire, furono officiate da un drudo che era il capo di un villaggio vacanze e il valoroso Davide Boni, quello del penultino scandalo lombardo, vi partecipò in kilt, seppur con giacca, cravatta e gilet; ma perché a questa effervescenza mitologica si accompagnava allegramente una sarabanda di motociclisti ubriaconi, ufo proto-leghisti, annunci per single, raduni di alpini, esibizioni di cani e gatte e auto d´epoca, e pornostar, stendardi, formaggi, impensabili gadget, graffiti di dragoni nei bar, inesorabili poeti dialettali, camicie verdi e anche nanetti da giardino da vestire di verde pure loro ed accortamente mobilitare contro il nano di Arcore.
“Eccezionale fecondità simbolica” riconobbe allora a Bossi il professor David I. Kertzer, illustre studioso di “Riti e simboli del potere” (Mulino, 1981), ma fu un´eccezione perché la alta politologia preferiva girare la testa da un´altra parte lasciando così ai cronisti l´onere e l´onore della malizia divertita e del variopinto scetticismo. Quando alla fine degli anni 90 Bossi recuperò l´alleanza con Berlusconi, sembra di ricordare un accenno liquidatorio, anche se malinteso, alla biblioteca della mansarda. Di tutti quei libri che lo avevano messo contro il Cavaliere, disse alimentando l´equivoco che si trattava di una collezione interamente dedicata alla nefandezze del berlusconismo, mafia, riciclaggio e oscurità varie, poteva fare a meno.
A una dozzina d´anni di distanza, e con la coscienza che su questo genere di questioni non si va dal notaio (come invece Silvio e Umbertone pare siano andati giusto in quel tempo per dirimere altre e più sostanziose faccende), ecco, si viene a sapere che quei libri erano di magia e oggi il dubbio è che Bossi non ne avesse più bisogno perché il Gran Mago era diventato lui, o comunque si sentiva ormai un mago più potente di quel Cavaliere che qualche anno prima aveva cercato di rinchiudere la Lega nel cerchio magico, e invece lui ne era uscito di slancio. E insomma è questa un´ipotesi, anche se è pur vero che i potenti fanno sempre a gara a chi lo è di più, in tutti i sensi.
Però poi Bossi si è ammalato, anche di brutto, e già questo smentiva il superbo assunto della sua ultraterrena invincibilità. Poi il cerchio magico – dizione di seconda mano – arrivò a certificare la fragilità di quel leader che poco prima la Padania aveva definito “capace di orientare i destini universali”. E´ possibile che la signora Bossi abbia continuato a leggere quei volumi. Ma è sicuro che tra quelle pagine ce ne sono diverse che vivamente sconsigliano di usare i poteri della magia per fini di misera e bassa convenienza: poltrone, denaro, carriera, lodi, vantaggi per i figli, auto, ville, vacanze e altri benefici.
Si pensa all´”Apprendista Stregone” e subito viene in mente Topolino che con il secchio e la scopa combina un sacco di disastri in “Fantasia” di Walt Disney. Ma veramente è un mito arcaico e a suo modo terribile che anch´esso sorprende alle spalle la realtà facendosi beffe della ragione.
E di potersi riscrivere alla luce della lanterna che rischiarava la notte padana da lassù, nella mansarda della villetta di Gemonio, tra le pagine di tutti quei libri che Umberto e la Manuela sfogliavano con segreto ardore.
“Magia nera, cartomanzia, astrologia…” rivela golosamente all´amico tesoriere e dovutamente sempliciotto la segretaria-portinaia di via Bellerio – e ce ne sarebbe già quanto basta per innescare una caccia alle streghe. Sennonché, come si può notare in questi giorni, il Cerchio Magico logora chi ce l´ha, con il che si rende fortunosamente superfluo ogni eventuale rogo della bibliotechina esoterica della famiglia Bossi, o peggio della Manuela, di quei testi occulti divenuta lettrice così esclusiva da tenerli ammonticchiati sul pavimento.
Non che proprio si sentisse il bisogno, con tutto quello che sta emergendo in termini di quattrini, della negromanzia padana, forse però inevitabile in un tempo così tecnologicamente regressivo, il medioevo più internet, e dalle parti della Lega ancora di più. In verità, questa storia dei libri magici in mansarda, e più in generale di una passione ermetica condivisa in famiglia, era in qualche modo risaputa. E´ precisamente nell´aprile del 1995 che Bossi, a quei tempi assiduo disegnatore di schemini con misteriose freccette e arcane definizioni, invocò per la prima volta il “cerchio magico”. Ma per attribuirlo, anzi per scagliarlo addosso al suo ex alleato e ora asperrimo nemico Berlusconi. Era lui, il Cavaliere, il “mago malefico” che voleva imprigionare la Lega – e in particolare Bobo Maroni, allora pencolante – in un incantesimo. Nella designazione Bossi comprendeva anche il potere della tv, che “lavava il cervello alla gente”. Ma il linguaggio di quelle uscite, relativamente insolite per un fantasista come lui, suonava appropriato a una cultura cui la politica italiana, che da poco si era tolta dai piedi democristiani e comunisti, era a dir poco restia ad attingere.
Da quel frasario vagamente iniziatico si poteva dedurre che i libri del pensiero tenebroso stavano arrivando a Gemonio. Di certo il loro afflusso crebbe in abbondanza e intensità. Tanto che nel 1996 Bossi salì sul cavallino bianco della secessione, in senso strettamente politico. Su di un altro piano, meno immediatamente intellegibile, prese ad alimentare un dirizzone metapolitico piuttosto caotico e anche buffo che a tratti lo faceva parlare come un capo indiano, ma dietro il quale sembrava di scorgere un precipitato misteriosofico d´incerto discernimento e ancor più improbabile rifornimento che con il pretesto degli antichi celti teneva assieme audaci panteismi, passioni fluviali, credenze druidiche, stirpi solari e iperoboreali, magie delle nebbie e degli elfi.
E venne il tempo dell´acqua del Monviso, del dio Po, dell´ampolla e dei riti veneziani di sposalizio con il mare. Per via del grande fiume e di una stella più esoterica di altre al quartogenito, ignara e innocente creatura, come in un disegno di Novello, Umbertone e la Manuela imposero il nome di Eridanio Sirio. E dopo l´acqua santa, arrivarono, nel senso che andarono a prenderle con l´elicottero, anche le pietre sante del sacro monte, e tutto divenne sacro per mano del Senatùr: il sacro sole alpino, il sacro giuramento e il sacro pratone di Pontida, dove si fecero le promesse del sacro matrimonio padano, da celebrarsi con sacre formule e da innaffiarsi con idromele, per una generazione di giornalisti politici fu un periodo spassoso e indimenticabile. E non solo perché le nozze celtiche di Calderoli, per dire, furono officiate da un drudo che era il capo di un villaggio vacanze e il valoroso Davide Boni, quello del penultino scandalo lombardo, vi partecipò in kilt, seppur con giacca, cravatta e gilet; ma perché a questa effervescenza mitologica si accompagnava allegramente una sarabanda di motociclisti ubriaconi, ufo proto-leghisti, annunci per single, raduni di alpini, esibizioni di cani e gatte e auto d´epoca, e pornostar, stendardi, formaggi, impensabili gadget, graffiti di dragoni nei bar, inesorabili poeti dialettali, camicie verdi e anche nanetti da giardino da vestire di verde pure loro ed accortamente mobilitare contro il nano di Arcore.
“Eccezionale fecondità simbolica” riconobbe allora a Bossi il professor David I. Kertzer, illustre studioso di “Riti e simboli del potere” (Mulino, 1981), ma fu un´eccezione perché la alta politologia preferiva girare la testa da un´altra parte lasciando così ai cronisti l´onere e l´onore della malizia divertita e del variopinto scetticismo. Quando alla fine degli anni 90 Bossi recuperò l´alleanza con Berlusconi, sembra di ricordare un accenno liquidatorio, anche se malinteso, alla biblioteca della mansarda. Di tutti quei libri che lo avevano messo contro il Cavaliere, disse alimentando l´equivoco che si trattava di una collezione interamente dedicata alla nefandezze del berlusconismo, mafia, riciclaggio e oscurità varie, poteva fare a meno.
A una dozzina d´anni di distanza, e con la coscienza che su questo genere di questioni non si va dal notaio (come invece Silvio e Umbertone pare siano andati giusto in quel tempo per dirimere altre e più sostanziose faccende), ecco, si viene a sapere che quei libri erano di magia e oggi il dubbio è che Bossi non ne avesse più bisogno perché il Gran Mago era diventato lui, o comunque si sentiva ormai un mago più potente di quel Cavaliere che qualche anno prima aveva cercato di rinchiudere la Lega nel cerchio magico, e invece lui ne era uscito di slancio. E insomma è questa un´ipotesi, anche se è pur vero che i potenti fanno sempre a gara a chi lo è di più, in tutti i sensi.
Però poi Bossi si è ammalato, anche di brutto, e già questo smentiva il superbo assunto della sua ultraterrena invincibilità. Poi il cerchio magico – dizione di seconda mano – arrivò a certificare la fragilità di quel leader che poco prima la Padania aveva definito “capace di orientare i destini universali”. E´ possibile che la signora Bossi abbia continuato a leggere quei volumi. Ma è sicuro che tra quelle pagine ce ne sono diverse che vivamente sconsigliano di usare i poteri della magia per fini di misera e bassa convenienza: poltrone, denaro, carriera, lodi, vantaggi per i figli, auto, ville, vacanze e altri benefici.
Si pensa all´”Apprendista Stregone” e subito viene in mente Topolino che con il secchio e la scopa combina un sacco di disastri in “Fantasia” di Walt Disney. Ma veramente è un mito arcaico e a suo modo terribile che anch´esso sorprende alle spalle la realtà facendosi beffe della ragione.
La Repubblica 07.04.12