Replica a Fornero: «Non è questione di cedere, ma di ragionare». La Direzione del Pd si chiude con un voto unanime sulla necessità di modificare in Parlamento la riforma del lavoro varata dal governo. Bersani: «No a proposte estemporanee, trasmettiamo sicurezza e unità». «Il Paese è prontissimo e il presidente Monti ha già visto come sia responsabile nell’affrontare la situazione, nel far fronte alla fase di emergenza. Ma per aiutarlo bisogna che ci sia un buon dialogo tra governo, Parlamento e forze politiche se non si vuole creare un distacco tra le sensibilità del Paese, il disagio che vive, e l’azione del governo». Pier Luigi Bersani viene a sapere della frase pronunciata dal presidente del Consiglio a Seoul (se l’Italia non si sente pronta possiamo non restare, è il senso) poco prima che prenda la parola per la replica finale alla Direzione Pd. Il leader dei Democratici le giudica parole «da non sopravvalutare»: «Gliel’ho sentito dire una ventina di volte, fa parte del ragionamento di una persona chiamata a risolvere dei problemi senza essersi candidata». Monti, dice Bersani, pone il tema di capire se ci sono le condizioni per andare avanti. «Io gli rispondo: ci sono le condizioni. Noi siamo lì per servire, basta lavorare con serietà, senza drammatizzare i problemi».
VOTO UNANIME
Per oltre sei ore il gruppo dirigente del Pd discute a porte chiuse del voto amministrativo di maggio, della necessità di cambiare la legge elettorale, ma soprattutto del sostegno al governo e della riforma del lavoro. Bersani apre i lavori sottolineando che il sostegno a Monti non è in discussione e che questo governo rimarrà in carica fino al 2013 (qui ha ringraziato Napolitano per il ruolo di «saldatura tra tecnica e politica» e qualcuno fa notare che non è scattato come di consueto l’applauso). Ma il leader del Pd sottolinea anche che in Parlamento bisognerà «colmare le lacune» sull’articolo 18 (la tesi è che si deve prevedere anche il reintegro e non solo l’indennizzo monetario per i lavoratori licenziati per motivi economici senza giusta causa). Una posizione ribadita negli interventi che seguono, e alla fine la relazione del segretario viene votata e approvata all’unanimità dai membri della Direzione.
IN PARLAMENTO CONFRONTO VERO
Bersani già guarda al confronto parlamentare sulla riforma del lavoro, che vuole «vero e serio». E il passaggio di ieri è servito a mostrare che il Pd arriverà a quell’appuntamento compatto sulla necessità di portare in porto le nuove norme ma al tempo stesso determinato a modificare il testo uscito dal Consiglio dei ministri. Presto si riunirà «un presidio sul lavoro», viene spiegato, cioè un tavolo composto da esponenti di tutte le anime del partito e dei gruppi parlamentari che coinvolgerà nella discussione le parti sociali. «Nelle prossime settimane non servono proposte estemporanee è il messaggio di Bersani non prestiamo il fianco a chi vuole un Pd partito delle 100 voci». Gli emendamenti che si stanno studiando hanno come obiettivo di garantire la possibilità del reintegro anche per i licenziamenti economici senza giusta causa (il testo del governo la prevede solo
per licenziamenti discriminatori e disciplinari, per gli altri ci sarebbe solo l’indennizzo). Il modello tedesco, insomma, che «garantisce equilibrio tra diritti e coesione sociale». Per Bersani, soprattutto in una fase di crisi come questa, «bisogna avere orecchio a un’insicurezza diffusa prodotta da una recessione molto seria»: «Il governo deve andare avanti ma bisogna trovare una soluzione per colmare un po’ l’ansia dei cittadini, lavorando con serenità e collaborando, accettando buoni consigli».
È con questo spirito che il Pd vuole andare al confronto in Parlamento, sapendo che il Pdl ha tutto l’interesse ad alzare i toni ed evocare la crisi di governo, di fronte all’aumentare dei consensi attorno al «modello tedesco» e alla consapevolezza che poi la discussione si aprirà anche sulla Rai, le frequenze televisive e le norme anticorruzione.
Così si spiegano le uscite di Angelino Alfano («o una buona riforma o nessuna riforma») e per questo Bersani raccomanda ai suoi di mantenere bassi i toni, di caratterizzare il Pd come una forza che «trasmette sicurezza e unità».
Meno, i vertici del Pd, si spiegano l’uscita del ministro del Lavoro Elsa Fornero, quell’annunciare che il governo non accetterà che il disegno di legge venga snaturato. «Non so cosa intenda il ministro Fornero quando dice “non cederemo”», scuote la testa Bersani. «Qui non è questione di cedere ma di ragionare, di capire come modificando questa norma si possa garantire un esito che assomigli alle migliori esperienze europee». Il leader del Pd dice di non credere che quando si aprirà la discussione in Parlamento il tema sarà «messo giù così, chi cede e chi vince»: «Noi non siamo interessati a vincere, siamo interessati a trovare una soluzione giusta. Una soluzione di riforma che abbia il sostegno di una coesione forte è un tema dirimente per la prospettiva di questo Paese. Bisogna riformare con il consenso. E questo è l’elemento che può dare fiducia sia in campo internazionale che nel campo interno».
L’Unità 27.03.12
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“Il Pd prende le misure al governo. Articolo 18, in direzione tutti d’accordo”, di Rudy Francesco Calvo
Bersani a Monti: «Lavoriamo con serietà, senza drammatizzare i problemi. Ma serve più dialogo». Quando Massimo D’Alema interviene per affermare di essere d’accordo sia con Pier Luigi Bersani che con Walter Veltroni, si rende conto che il momento merita di essere suggellato con una battuta: «Non vorrei che si pensasse che stiamo scrivendo il libro Cuore…». Effettivamente, era da un po’ che al Pd non si vedeva una direzione così concorde. La riunione era stata preparata fino alle ultime ore dallo stesso segretario e dal suo braccio destro Maurizio Migliavacca, che avevano sentito al telefono o incontrato a quattr’occhi tutti i big del partito, ricevendo risposte tranquillizzanti: sulla riforma del mercato del lavoro, il partito potrà presentarsi unito sia di fronte ai cittadini che nel confronto parlamentare con il governo e gli altri partiti.
A sancirlo è stato il voto unanime alla relazione di Bersani, arrivato quando ormai molti dirigenti avevano abbandonato la riunione, dopo aver lasciato a verbale il proprio sì. Forte di un Pd compatto alle proprie spalle, il segretario può ribattere al premier Monti, che da Seul minaccia di lasciare «se il paese non si sente pronto a quello che secondo noi è un buon lavoro».
Bersani minimizza: «Gliel’ho sentito dire una ventina di volte». Garantisce che le condizioni per arrivare a una buona riforma del lavoro ci sono, ma avverte: «Lavoriamo con serenità, ci si aiuta anche ascoltandosi e prendendo qualche buona idea. Serve che ci sia collaborazione tra governo, parlamento e forze politiche». E ricorda: «Un meccanismo in uscita più simile a quello che avevamo proposto noi avrebbe diminuito i problemi». Di questo, garantisce, «il ministro Fornero si convincerà in parlamento». Lì il Pd presenterà le proprie proposte, elaborate congiuntamente dagli organi di partito e dai gruppi parlamentari.
La nota dolente dell’articolo 18 non annulla comunque gli altri aspetti positivi della riforma. Un punto su cui in direzione si sono soffermati in molti. «L’asse ci interessa portarlo a casa – conferma Bersani – su precarietà e ammortizzatori sociali ci sono passi avanti». Di «giudizio positivo sull’insieme» parla anche Paolo Gentiloni ed Enrico Letta invita il proprio partito a «rappresentare giovani ed esclusi e non solo il lavoro già oggi tutelato». Insomma, chi cercava «di introdurre un cuneo tra noi e il governo, isolare la Cgil e spaccare il Pd – spiega D’Alema – non c’è riuscito, è finito come Willy il Coyote».
Il dissenso sul tema del reintegro per i licenziamenti per motivi economici non cambia nemmeno il giudizio dei dem sul governo Monti. Bersani, d’altra parte, si muove confortato anche dai sondaggi che sono giunti sul suo tavolo nei giorni scorsi: gli italiani hanno forti dubbi sul punto specifico dell’articolo 18, sono un po’ meno scettici sull’impianto generale della riforma e, seppur in calo, confermano comunque la fiducia nel premier e nell’esecutivo. Statistiche che ricalcano la linea portata avanti dal segretario e da tutto il Pd: quel «tenere insieme il sostegno al governo e l’ansia dei cittadini» ribadito ancora ieri da Bersani. «In un paese carico di incertezze – è la preoccupazione del leader dem – dobbiamo trasmettere saldezza, unità, sicurezza, convinzione che diano il senso della nostra posizione». E Franceschini rafforza l’idea: «Il Pd non sta subendo il governo Monti, né lo sta vivendo come un governo lontano o, peggio, come se fosse di destra». Insomma, «Monti è tutt’altro che conservatore – ribadisce Letta – come troppi anche a casa nostra lo dipingono».
Il giudizio positivo è condiviso, ovviamente, anche da Walter Veltroni, che aggiunge: «Ora però è il momento della sfida della crescita coniugata all’equità, che il Pd deve saper accompagnare con le proprie proposte ». Un tema caro a Bersani, che torna a chiedere l’allentamento del patto di stabilità per i comuni, i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese e il sostegno a lavoratori e produttori. Anche così il Pd «lavora a una svolta rispetto alle politiche conservatrici del recente passato», che D’Alema invoca per il 2013. Se sul merito sono tutti d’accordo, sul metodo fa un appunto Veltroni, stigmatizzando «l’ossificazione correntizia» interna al partito e chiedendo di «discutere, lavorare, decidere insieme». In una parola, collegialità.
da Europa Quotidiano 27.03.12
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“Tutti contro la Fornero, il Pd ritrova l´unità”, di Giovanna Casadio
Quasi da “libro Cuore”. Massimo D´Alema fotografa con una battuta quello che accade al Pd, riunito in una direzione che dimentica di parlare di amministrative, preso com´è dall´offensiva sul mercato del lavoro. Questione da cui i Democratici si distraggono solo per mettere sul tappeto quell´altro tema cruciale che è la riforma elettorale e che segna divisioni nette nel partito. Ma contro la riforma Fornero tutto il Pd è unito sulla linea di Bersani: «Vogliamo la riforma ma ci sono lacune da correggere». Lo si farà in Parlamento. E lì, nel merito, il Pd avrà modo di divaricarsi sulle ricette (tra Ichino e Fassina), ma ieri no. Tanto che, annuncia il segretario, ci sarà «una task force unitaria, un tavolo con gruppi parlamentari e partito perché non dobbiamo avere 100 voci, stop alle uscite estemporanee». La soluzione condivisa sull´articolo 18 è il cosiddetto modello tedesco, ovvero la possibilità di risarcimento o reintegro decisa dal giudice per i licenziamenti individuali per motivi economici. Alla fine il voto sulla relazione di Bersani è unanime. Notizia diffusa in tempo reale su Twitter, perché – oltre a essere la prima direzione unitaria, è anche la prima seguita via tweet con foto postata: una birretta sul tavolo, che il segretario berrà a fine riunione.
Comincia con commenti sulla frase di Fornero riportata nel colloquio con Repubblica. Il ministro del Lavoro ha detto: «Non cederemo». Bersani non la cita nella relazione ma, in conferenza stampa post direzione, attacca e avverte: «Non so cosa intenda il ministro quando dice “non cederemo”. Qui non è questione di cedere ma di ragionare, di capire come modificando questa norma si possa garantire un esito che assomiglia alle migliori esperienze europee». In Parlamento, aggiunge, «non si potrà mettere giù così il tema, chi vince e chi perde, noi non siamo interessati a vincere, siamo interessati a trovare una soluzione giusta».
Nei capannelli in direzione, si parla di Fornero. Il malumore è forte nei confronti del governo e del ministro, definita «talebana». «Chi ha posto veti è lei, la Fornero», afferma Nicola Latorre. I cattolico democratici ricordano che sarebbe stato molto meglio alla guida del dicastero del Lavoro, Carlo Dell´Aringa. Gelo anche su Napolitano. Bersani ringrazia il capo dello Stato «per lo sforzo di saldatura tra tecnica e politica». Nessuno applaude. Solo Enrico Letta, il vice segretario, osserva: «Monti è tutt´altro che conservatore come troppi anche a casa nostra lo dipingono». Veltroni valorizza i punti di unità: «Apprezzo la relazione di Bersani», ma pressa: «Lavoriamo insieme, no all´ossificazione delle correnti e agli attacchi personali». D´Alema premette: «Come ha detto Walter…, ma non stiamo scrivendo il libro Cuore». Applausi. Applaudito anche quando afferma: «Chi ha sperato di spaccare il Pd e metterlo contro la Cgil, rischia di finire come Willy il coyote». Spiaccicato. Intervento appassionato di Bindi: «Con l´articolo 18 è in gioco la dignità dei lavoratori, senza il Pd la riforma non si fa». Finocchiaro: «Vogliamo cambiare un´ingiustizia». Intervengono tutti i big, e Sandro Gozi tweetta: «Sembra Ballarò, questi non molleranno mai». Franceschini parla anche di primarie per dire no a quelle per i candidati al Parlamento. Ci sarà un lifting-primarie. Si parla anche dei rimborsi elettorali ai Radicali, Rai, socialdemocrazia, della piazza Cgil. Meta: «Connettiamoci con il paese».
La Repubblica 27.03.12