Il governo Monti dice addio alla riforma fiscale immaginata da Berlusconi e Tremonti, a cominciare dalla riduzione del numero delle aliquote fiscali. Nei 17 articoli della bozza di riforma che oggi approderà in preconsiglio in vista del varo atteso venerdì al Cdm, si parla di un piano definito all’inglese «growth-friendly», che altro non è se non «l’orientamento alla crescita» invocato da tutte le parti sociali e dagli economisti.
Fondo per gli sgravi
Come prima cosa la nuova delega dice addio al progetto di ridurre a tre le aliquote Irpef (al 20%, 30% e 40%) e alla soppressione dell’Irap. Si preferirà invece «concentrare le risorse che si renderanno disponibili in apposito fondo destinato a finanziare i futuri sgravi fiscali» si legge nella relazione illustrativa del provvedimento. L’articolo 5 sancisce infatti la confluenza nel fondo del gettito che arriverà dalla lotta all’evasione, cui dovrebbero aggiungersi anche le risorse dalla «riduzione dell’erosione», ovvero degli sconti fiscali. Per quanto riguarda la soppressione dell’Irap «aprirebbe un problema molto serio di reperimento delle entrate alternative» nell’ordine di 35 miliardi. Quindi niente da fare.
Riordino agevolazioni
Il decreto precisa che il rapporto sulla razionalizzazione della spesa fiscale voluto dall’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti e concluso nel novembre scorso «non è di pronta applicabilità. Occorre – si legge nella relazione illustrativa – individuare in modo selettivo le misure passibili di intervento» e tra queste sono escluse quelle definite «intangibili», cioè le più diffuse come quelle per i familiari a carico e per lavoratori dipendenti e pensionati (doppie imposizioni, compatibili con l’ordinamento della Ue, rispetto di accordi internazionali e principi di rilevanza costituzionale). Si potrebbe, invece, dare priorità alle spese fiscali «più obsolete, meno coerenti con l’assetto del sistema tributario, rivolte a un numero modesto di beneficiari, di modesto importo unitario». A decidere sarà «una commissione ad hoc, indipendente, con la partecipazione dell’Istat e delle altre amministrazioni coinvolte» che produca un rapporto annuale e una stima ufficiale dell’economia sommersa e dell’evasione fiscale.
Iri al posto dell’Ires
Sul fronte della tassazione per le imprese ci sarà invece un cambio di nome: arriva l’Iri, l’Imposta sul reddito imprenditoriale al posto dell’attuale Ires. La novità non è solo semantica, ma punta a favorire la capitalizzazione delle aziende «separando la tassazione dell’impresa soggetta a Ires da quella dell’imprenditore. Aliquota più bassa e proporzionale sull’utile d’impresa, tassazione Irpef del reddito che l’imprenditore ritrae dall’azienda».
Tassazione delle rendite
La relazione giudica «improponibile nell’attuale contesto l’allineamento delle aliquote a livello superiore» del 20% dall’attuale 12,5% confermato per i titoli pubblici, come i Bot.
Riforma del catasto
Arriva la revisione del catasto, ma con calma: ci vorrà qualche anno per la sua entrata in vigore e «non dovrà comportare aumenti del prelievo, le maggiori rendite saranno compensate da riduzioni di aliquote».
Carbon tax
Verrà introdotto «il principio dell’inquinatore-pagatore»: secondo uno studio di Bankitalia, un’accisa applicata al litro di carburante tra i 4 e 24 centesimi porterebbe una riduzione delle emissioni da trasporto tra 1,1 e 1,6 milioni di tonnellate e un aumento delle entrate tra i 2 e i 10 miliardi. Un gettito che potrebbe essere utilizzato per il finanziamento delle fonti rinnovabili.
Black list nel mirino
Intanto in Senato è arrivato il faldone con i 700 emendamenti al decreto fiscale in discussione presso le commissioni Bilancio e Finanze e subito scoppia il caso delle black-list dei commercianti recidivi che non emettono scontrini. La proposta del governo è quella di insistere sui controlli puntando sui commercianti già pizzicati dal Fisco. Una serie di emendamenti presentati da Pdl, Lega e Pd puntano ad eliminare questa norma, a fine giornata però è arrivato il dietro front ufficiale del Pd che parla di proposte «a titolo personale» che saranno ritirate. E quindi rilancia proponendo l’esatto contrario, ovvero un «bollino blu» per i commercianti virtuosi.
La Stampa 20.03.12