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"La privacy non è uno scudo", di Lorenzo Mondo

Almeno si mettessero d’accordo. Dai vertici delle massime istituzioni di controllo dello Stato sono arrivati giudizi di segno diverso se non opposto. Il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, dopo avere denunciato il peso spropositato delle tasse che gravano sui contribuenti onesti, ha chiesto interventi anche più severi di quelli in atto contro chi non paga il giusto e rappresenta una concausa nella durezza del Fisco. Il garante della «privacy», Francesco Pizzetti, sostiene invece che le indagini sull’evasione fiscale sono troppo invasive, comportano gravi strappi nel tessuto dello Stato di diritto. Afferma che bisogna uscire alla svelta dalla situazione di emergenza, smetterla di considerare i cittadini come «sudditi», come potenziali «mariuoli». Attilio Befera, il direttore di Equitalia, non ha battuto ciglio, dichiarando di muoversi sulla base di leggi varate dal governo e approvate dal Parlamento.

Ad essere stupefatti sono milioni di italiani, titolari di reddito fisso, che del governo Monti finora hanno apprezzato soprattutto la lotta contro inadempienze che, per la loro entità, non hanno riscontro nei Paesi civili. Sono cittadini che, di questi tempi, si trovano alle prese con ben altri problemi, non hanno nulla da nascondere e reputano inoffensiva l’eventuale «intrusione» nel privato dei loro soldi. In realtà, l’emergenza cui accenna il Garante non è dovuta soltanto alla generale crisi economica ma al fatto che troppi in Italia aggirano tranquillamente il Fisco. Le parole del dottor Pizzetti si attaglierebbero a chi, come il volterriano Pangloss, pensasse di vivere, dal punto di vista dell’onestà, nel migliore dei mondi possibili.

Purtroppo, come accade in mille altre circostanze, e su argomenti diversi, si astrae dalle situazioni di fatto, dalla ruvida e brutale realtà per sottilizzare sugli alti principi, proponendosi di perseguire l’ottimo anziché contentarsi del buono. Da noi spunta sempre, in modi inopportuni, un causidico, un moralista, un filosofo che tende a sottovalutare le esigenze primarie e a mortificare il senso comune. Si capisce che il Garante, come ogni altro titolare di incarichi importanti, sia affezionato al suo ruolo, voglia evidenziarne scrupolosamente la funzione. Ma la sua reprimenda, negli attuali frangenti, suona quanto meno intempestiva. Si dia una spallata al vigente sistema di ladrocinio, si metta ordine nei conti anche dal punto di vista dell’evasione fiscale, e poi ben venga un più serrato richiamo alla benedetta «privacy».

da www.lastampa.it

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