«L’obiettivo che si poneva la riforma, entrata in vigore in Italia quasi 12 anni fa era innanzittuto quello di favorire le iscrizioni universitarie formando un maggior numero di laureati». L’ex ministro Berlinguer: “Incentivi agli atenei che si adeguano”
La riforma contesa Il sistema del «3+2» ha ricevuto negli ultimi tempo molte critiche Ma l’Europa non ha dubbi e si è detta contraria a cancellare l’esperienza mentre sono possibili aggiustamenti
Il 3+2? Rafforzarlo, diffonderlo, e addirittura trasformarlo in un 3+2 +n anni di master. Se in Italia dal governo Berlusconi in poi ha acquistato peso il partito dei contrari alla nuova laurea formata da 3 anni di studi generali più altri due di studi specialistici introdotta nel 1980, l’Europa non ha dubbi: non si torna indietro, la riforma delle lauree è irreversibile.
Il 13 marzo arriverà nell’aula del Parlamento a Strasburgo una risoluzione scritta da Luigi Berlinguer ora parlamentare europeo ma ministro dell’Istruzione alla fine degli anni Novanta e padre del famigerato 3+2 che solo in Italia viene chiamato così ma nei Paesi dell’Unione Europea viene chiamato «processo di Bologna» Il testo è molto chiaro e ha già ottenuto il via libera della commissione Cultura con il consenso di tutte le forze politiche. Non potrà essere modificato perché il regolamento non lo prevede e, avendo già superato senza alcuna obiezione politica l’esame della Commissione, nessuno si aspetta che la risoluzione venga respinta dall’aula.
Quando sarà approvata il partito degli scettici dovrà rassegnarsi: per dare ai ragazzi europei una preparazione in grado di assicurare a tutti la possibilità di trovare lavoro non solo nel proprio Paese ma anche nel resto d’Europa, bisogna andare avanti con la formula del 3+2 e rafforzarla, adeguando i processi formativi come è scritto nella risoluzione.
«Certo, anche l’Ue si rende conto che non tutto ha funzionato da quando si è deciso di adottare questo nuovo sistema – ammette Berlinguer – è evidente che dei correttivi vanno previsti ma nessuna inversione di tendenza, anzi, l’Ue chiede ai governi dei Paesi membri un maggiore impegno nel sostegno del 3+2 e invita la commissione esecutiva dell’Ue a prevedere incentivi alle Università che si attiveranno».
L’Unione, infatti, metterà a disposizione nuovi fondi per i sistemi di istruzione di ogni Paese ma in cambio ogni Paese dovrà mettere in atto politiche per armonizzare il riconoscimento dei titoli di studio a livello europeo e quindi unificare ancora di più i percorsi universitari rafforzando il 3+2 e lavorando per un 3+2+n aggiungendo anche i master di specializzazione necessari per trovare lavoro in settori come la tecnologia, la ricerca scientifica.
Il dottorato di ricerca non è solo un titolo accademico ma soprattutto un titolo professionale: l’Ue incentiverà le università che faranno accordi multilaterali che permetteranno un riconoscimento dei titoli. Anche i curricula dovranno essere validi in tutti i Paesi dell’Ue: sarà necessario quindi realizzare una valutazione del risultato didattico di ciascun alunno e del corso complessivo. Il compito sarà affidato ai sistemi di valutazione ufficiali e riconosciuti dagli altri Paesi come l’Anvur in Italia.
Inoltre il sistema dei crediti presente nelle università dovrà diventare il principale strumento di comparazione negli scambi tra studenti finanziati da risorse europee.
Come sintetizza Luigi Berlinguer: «Si può anche scegliere di rimanere fuori dal 3+2 e tornare indietro ma si lasciano fuori dal mercato europeo del lavoro i ragazzi di un intero Paese che avranno titoli di studio che nessun Paese riconoscerà».
da La Stampa
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