L’Italia mai così compatta sostiene il premier all’euronegoziato di lunedì
L’Italia, che Mario Monti rappresenterà lunedì al tavolo negoziale del consiglio europeo (che dovrebbe approvare il Fiscal compact e aumentare la capacità di fuoco dell’Europa contro la crisi sia sul fronte finanziario che sulla crescita), è compatta con il suo presidente del consiglio. Senza sbavature. Senza tentennamenti. Senza se e senza ma.
Una compattezza che neanche la cancelliera tedesca Merkel vanta dietro di sé. Un sostegno parlamentare e nel paese che consentirà al premier di far sentire ancora più chiara la voce dell’Italia tra i partner europei. Soprattutto in un momento in cui la situazione in Europa non è semplice e il quadro economico nel vecchio continente ha subito un aggravamento.
Al punto che anche ieri il governatore della Bce, Mario Draghi, ha ammonito come «la crisi dei debiti sovrani abbia messo a nudo molte debolezze a lungo neglette, innanzitutto l’inadeguatezza della governance europea». Ebbene mai in Italia, negli ultimi quattro lustri, si è visto un parlamento così compatto su una materia come quella economicofinanziaria, e soprattutto di politica comunitaria, tanto complessa e che investe da vicino i cittadini italiani e il loro modo di stare in Europa.
E il mandato di Monti al consiglio di Bruxelles è quanto di più europeo e di meglio che l’Italia possa esprimere da paese fondatore dell’Unione europea. È una politica che il premier non ha esitato a definire inclusiva e che ben media tra rigore e crescita, tra integrazione economica e strumenti finanziari. Un’Italia che già oggi si muove non per escludere ma perché gli stati “non euro” partecipino ai summit di capi di stato dell’Eurozona; che chiede risorse adeguate per il fondo salvastati; che si è battuta perché sul rientro del debito (deciso in sede europea dal precedente governo, ndr) ci sia il rispetto di garanzie temporali ed elementi di flessibilità; che nell’Ue è esempio significativo di una politica economica forte.
Il voto sulle mozioni, tra cui quella unitaria di Pd, Pdl e Terzo polo approvata a larga maggioranza per alzata di mano in senato e con 468 voti favorevoli e 42 contrari alla camera, si è svolto senza intoppi. Lo stesso ronzio leghista, che ha prolungato di qualche ora le discussioni al senato, si è stemperato con la votazione di un emendamento della Lega nord alla mozione unitaria di maggioranza che si è vista approvare il riconoscimento di radici giudaico-cristiane dell’Europa. Un tasto sul quale in aula era intervenuto a braccio il premier Monti nel suo intervento mattutino quando ha sostenuto che «ciascuno ha la sua posizione, io personalmente preferirei che ci sia il riferimento alle radici culturali dell’Unione».
E il premier non ha taciuto le difficoltà in cui ci si muove in Europa, ma ha anche avvistato «i contorni per una via di uscita dalla crisi che cominciano a prendere forma». Insomma, lunedì a Bruxelles l’Italia ribadirà la sua posizione che fin dall’inizio è stata chiara, senza marce indietro e ora si ritrova nella risoluzione di maggioranza. Serve una diversa governance europea in grado di prevenire e non di aggiustare, ha detto Monti, e soprattutto la messa a punto di tre meccanismi comunitari: «Il perfezionamento del sistema di disciplina di finanza pubblica, la definizione di una batteria di firewall per evitare il contagio finanziario e il rilancio delle politiche della crescita».
Sulla crescita, il premier non ha dubbi: «Credo che, con un termine che non mi piace, i capi di governo debbano metterci la faccia per ottenere un maggior impegno sui temi della crescita». E allora, Monti può ribadire alla Germania di non chiedere soldi ma l’impegno per una governance in grado di ridurre i tassi di interesse. E lo fa nelle stesse ore in cui la cancelliera tedesca Merkel parla di solidarietà che non vuol dire accollarsi i debiti degli altri, ma fa concessioni a misure per il lavoro e non solo per il rigore.
Sul fondo salvastati Monti ha parlato di risorse adeguate e la mozione unitaria, che per il premier rafforza l’Italia e il governo che la rappresenta, su questo lo ha sostenuto declinando anche cinque punti: rigore di bilancio, crescita, Tobin tax, ruolo indipendente della Bce e agenzia di rating europea. Dal Pd appoggio al premier sia al senato che alla camera, con il presidente dei senatori Pd Finocchiaro soddisfatta per il sano realismo del premier e il segretario del partito Bersani che alla camera ha ammonito come sul piano del risanamento «noi il primo passo lo stiamo facendo, il secondo va fatto con l’Europa. Nessuno può farcela da solo neanche la Germania ha fatto da sola dopo il crollo del muro».
Una buona giornata, quella di ieri per Monti, che incassato il sostegno del parlamento, ha ottenuto anche l’apprezzamento del presidente della Bce Draghi secondo cui «la forte accelerazione delle riforme compiuta negli ultimi mesi grazie alla nascita di una nuova comunità d’intenti» ha già avviato «il rafforzamento della fiducia nel nostro paese».
Ma il premier non si scompone, mantiene il suo humour inglese e al cronista che gli ricorda quando è andato al potere, risponde di non capire l’espressione e di essere ancora «sotto choc» per rispondere a domande. Ottenuta la fiducia tecnica, è un Monti politico quello che tratterà in Europa.
da www.europaquotidiano.it