Qualcosa si sta muovendo sul fronte dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione. La questione ha assunto negli anni dimensioni abnormi e l’Italia è finita in fondo alle classifiche europee. La pubblica amministrazione è esposta per 90 miliardi verso le aziende fornitrici, che in alcuni casi (sanità, ma non solo…) attendono fino a tre-quattro anni prima di ricevere quanto dovuto. I comuni sono paralizzati dal patto interno di stabilità. Le imprese, a loro volta, sono cronicamente in ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali tra privati.
Il risultato è una situazione sempre più insostenibile per moltissime aziende: secondo la Cgia di Mestre circa un terzo dei fallimenti sono dovuti alle difficoltà di riscossione dei crediti commerciali. La nuova direttiva comunitaria sulla lotta ai ritardi di pagamento (2011/7/UE), che ridefinisce in modo assai più rigoroso le regole del gioco, va recepita entro marzo 2013. Il parlamento si è più volte occupato della questione: da più di un anno giace alla camera una proposta di legge (A.C. 3753 Beltrandi e altri), che si ispira alla direttiva e ha raccolto le adesioni di 75 deputati di tutti gli schieramenti politici (compreso il sottoscritto), esclusa la Lega Nord.
La legge sullo Statuto delle imprese ha a sua volta previsto una delega di un anno al governo, mentre il disegno di legge comunitaria 2011, attualmente in discussione alla camera, affronta la parte riguardante le transazioni tra privati.
Con l’aggravarsi della situazione economica è però necessario accelerare, se vogliamo evitare una ulteriore desertificazione produttiva: pochi giorni fa trenta deputati di Pd, Terzo polo e Pdl hanno scritto a Monti e Passera per sollecitare un rapido recepimento della direttiva. Il governo sembra aver colto l’importanza della questione e nel decreto legge sulle liberalizzazioni ha messo sul piatto 5 miliardi per iniziare a saldare gli arretrati della pubblica amministrazione.
È un primo passo importante, anche se inevitabilmente parziale. Qualcosa si sta muovendo, insomma, anche se solo la piena attuazione della direttiva può cambiare realmente le cose, rimettendo su un binario di competitività il sistema produttivo italiano. Dai tempi di pagamento dipende un pezzo importante della modernizzazione della nostra economia.
Ma il problema va al di là dei freddi numeri, perché nasconde veri e propri drammi umani: sono decine i casi di imprenditori che negli anni della crisi sono arrivati a gesti estremi. Morire di crediti è una delle peggiori vergogne italiane. Di fronte a tutto questo non si può e non si deve rimanere indifferenti.
da www.europaquotidiano.it